Stoccolma, 31 agosto 2011 - TRE GIORNI di carcere per aver dato uno schiaffo in strada al figlio dodicenne. E dopo la galera, martedì prossimo, verrà processato. E’ la "disavventura" capitata a un turista italiano, in vacanza con moglie, figli e amici a Stoccolma: Giovanni Colasante, 46 anni, consigliere comunale a Canosa di Puglia, nel Barese. Secondo quanto si è saputo, martedì scorso la famiglia Colasante stava per andare a cena in un ristorante della capitale svedese; ma il ragazzino ha cominciato a fare dei capricci, racconta dalla Puglia l’avvocato Giovanni Patruno, legale di Colasante. "Non voleva proprio entrare in quel ristorante — spiega — così suo padre lo sgridato, certo con veemenza, magari gesticolando, come siamo soliti fare, a voce alta. Ma di sicuro non lo ha picchiato o preso a schiaffi".

INCERTA (schiaffi o non schiaffi) la sequenza successsiva. Non si sa se alla scena abbia assistito direttamente una pattuglia, se a chiamare gli agenti sia stato qualcuno all’interno del ristorante o se, come ha raccontato il legale di Colasante, siano state invece "due persone di nazionalità libica" che avendo visto tutto (e capito poco, probabilmente) hanno chiamato la polizia. L’italiano, comunque, al termine di una discussione complicatissima e infruttuosa, è stato ammanettato in strada e portato via tra lo sbigottimento dei familiari, dodicenne incluso. Dopo due notti e tre giorni in carcere ora si trova ospite nell’ambasciata italiana di Stoccolma, sottoposto all’obbligo di firma. "In Svezia vige un sistema diverso dal nostro — commenta l’avvocato Patruno — Per questo è preferibile che sia seguito da un professionista del posto col quale mi sono consultato e resto in costante contatto". In Svezia uno schiaffo a un figlio è un reato, anche se è "solo" uno schiaffo o forse ancora meno. "Ma siamo fiduciosi che tutto andrà per il meglio — continua Patruno — Siamo certi che sarà così perché non c’è stato alcun maltrattamento, ma solo un forte rimprovero di un padre a un figlio".

I COLASANTE al completo, con due cognati, relative famiglie e una quarantina di cittadini di Canosa, sarebbero dovuti partire il giorno dopo per una crociera nei fiordi. A questo punto i figli sono tornati a Canosa coi parenti, mentre la moglie è rimasta a Stoccolma col marito in attesa del processo fissato al 6 settembre. "E’ una situazione paradossale, un trattamento ingiustificabile che in Italia non sarebbe stato mai possibile — conclude Patruno — Capisco che la legge svedese sia molto severa nei confronti dei maltrattamenti sui bambini. Ma il fatto è che Colasante non ha dato nessun ceffone al figlio. E se la ratio della legge svedese è quella di tutelare i bambini, non credo che vedere il padre ammanettato e portato in caserma per poi finire in carcere tre giorni sia il modo migliore per tutelarli". Unanime la difesa di Colasante dagli amministratori di Canosa, sindaco in testa.