Cananeia (San Paolo), 7 settembre 2011 - L'agenzia Ansa ha intervistato Cesare Battisti. L’ex militante dei Proletari armati per il Comunismo ha subito chiarito che chiede "perdono" per le vittime degli attentati avvenuti in Italia negli anni ‘70, ammettendo le proprie "responsabilità politiche" ma negando la sua partecipazione diretta agli attacchi terroristici. Ma allo stesso tempo respinge la parola "pentimento": "Non mi piace, è una ipocrisia, sinonimo di delazione, è legata alla religione".

 

"Chiedo perdono come responsabile politico, non come responsabile militare di una partecipazione diretta agli attentati", ha detto Battisti intervistato dall’ANSA nella casa messa a disposizione da un amico brasiliano a Cananeia, sul litorale di San Paolo.

 

Le responsabilità "maggiori" sono proprio quelle "politiche", ha proseguito Battisti indicando che ormai "da anni" è in una posizione di "autocritica e riconsiderazione" di tali fatti. "Il punto - ha tenuto a precisare - è che non ci sia confusione", che tale assunzione di responsabilità "non voglia dire confessione di partecipazione diretta" agli attentati.

 

"Sento responsabilità - ha proseguito Battisti - per aver partecipato ai Proletari armati per il comunismo e mi assumo oggi una responsabilità maggiore di quella reale, di quella cioè che avevo all’epoca perché ero un ragazzino". Ma, ha aggiunto, "la parola pentimento non mi piace, è un’ipocrisia, sinonimo di delazione, è legata alla religione".

 

Battisti - che si ritiene d’altra parte una sorta di ‘jolly’ in tanti processi giudiziari ("sono dappertutto, quando manca o non torna qualcosa sbattono dentro me’’) - ha giustificato le fughe fatte in diversi paesi (Francia, Messico, Brasile): altrimenti, ha sottolineato ribadendo quanto detto piu’ volte, rischiava di ‘’finire per pagare con l’ergastolo in Italia delitti che non ho commesso".

 

Nel ricordare "il periodo trascorso tempo fa a Puerto Escondido e in Messico, anni di riappacificazione, di ripensamento della società, in cui ha ‘normalizzato’ la sua vita", Battisti confida di avere ora "speranza di riconciliazione". "Alla luce di oggi, illudersi che si potessero cambiare le cose in Italia con la lotta armata e’ stato un errore. Non posso che fare autocritica".

 

Tuttavia Battisti puntualizza che quella della fine degli anni ‘70 "era una fase successiva ad un tentativo di colpo di stato, di attentati con bombe contro manifestazioni e sindacati, una fase in cui - sottolinea - non c’erano più spazi politici". Poi confida: "Quando c’è stato l’attentato a Torregiani e il figlio è rimasto ferito, ricordo che ho pianto, fin da subito, da quando ho letto la notizia su ‘La Notte’ di Milano".

 

"Ho sempre avuto grande compassione per le vittime, vorrei che la si avesse per tutte, di una parte e dell’altra. Già all’epoca degli attentati sentivo compassione", ha detto ancora Battisti definendo nel contempo "triste e infame" il fatto di essere stato accusato di quell’omicidio.

 

"Mi porto dentro l’Italia del passato, quella che ancora sognava, un paese che lottava per la giustizia". Guarda con ‘saudade’ al paese che considera la sua "patria" Cesare Battisti a tre mesi dalla riconquistata liberta’ grazie alla sentenza dell’Alta Corte brasiliana che gli ha aperto le porte di una nuova vita in Brasile. "In questi anni, con una vita trasparente e con fatti, ho dimostrato di voler voltare la pagina" rispetto agli anni ‘70, sottolinea Battisti, che si dice pronto ad una "riconciliazione".

 

L’ex militante dei Proletari Armati per il comunismo (Pac) parla del passato, ma anche del futuro dopo i quattro anni trascorsi nel carcere di Papuda, a Brasilia: "Oggi ho ricevuto il contratto dalla casa editrice di San Paolo per la quale pubblicherò il mio ultimo libro ‘Ai piedi del muro’", annuncia soddisfatto, ricordando che, grazie ai documenti ottenuti ad agosto dalle autorità brasiliane, fra qualche giorno aprira’ un conto corrente a San Paolo.

 

"In questo momento - confida - il mio avversario principale è la stampa sensazionalista: sono assediato, mi sento il mostro da sbattere in prima pagina", aggiunge l’ex militante dei Pac, ammettendo di nutrire nostalgia per l’Italia. "Ho tanti ricordi visto che dall’Italia sono uscito non da bambino, ma da adulto. Là - dice - c’è la mia infanzia, la mia famiglia".

 

L'INTERVISTA NEL'APPARTAMENTO DI UN AMICO A CANANEIA - E’ un salotto dove, oltre a un grande divano e qualche libro, campeggiano immagini di ‘Che’ Guevara, Marx e Lenin, accanto ad un vecchio poster con la scritta ‘Forza Palestina’ e un manifesto de ‘Il quarto stato’, simbolo della sinistra degli anni ‘70, quello della casa dove vive da tre mesi in Brasile - da uomo libero - Cesare Battisti, ex terrorista rosso.

 

L’appartamento dove Battisti ha rilasciato un’intervista all’ANSA è di un amico di antica data dell’ex militante dei Pac, Magno de Carvalho, vecchio dirigente del sindacato dell’università di San Paolo ed ex prigioniero politico negli anni ‘70 e si trova a Cananeia, piccola località balneare a circa 400 km da San Paolo. Una sfilza di case basse in pietra con le facciate multicolori.

 

Battisti appare dimagrito rispetto alle ultime fotografie e con la stessa camicia bordeaux che indossava nel marzo del 2007, quando venne portato in carcere a Brasilia, subito dopo essere stato catturato a Rio de Janeiro. Prima di sedersi per l’intervista in una cucina piena di pentoloni e piatti, Battisti ci tiene a precisare che la barca di pescatori con la scritta ‘Comandante Che’ che si trova all’ingresso dell’abitazione non è la sua. "Altrimenti qualche giornale scriverà che ho la barca’’, precisa ironico l’ex militante rosso che ormai parla quasi piu’ portoghese che italiano.

 

All’improvviso appare Joyce Lima, la fidanzata carioca, nata cioè nella Rio de Janeiro dove l’ex terrorista non nasconde di voler vivere. Vestita di bianco, la giovane Joyce si trattiene solo un istante - il tempo di salutare - e sparisce velocemente. Impossibile scattare una fotografia ai due insieme. Il no di Battisti è perentorio.

 

LA RUSSA - Su Cesare Battisti ''serve un passo diplomatico, ne parlerò con Frattini. Non mirassegno al fatto che non sia stato estradato e credo che l'Italia debba fare un passo con le autorità brasiliane affinché cessi questo stillicidio di parole offensive''. Così il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, commenta le ultime esternazioni dell'ex componente dei Pac.

 

FRATTINI - "Sono dichiarazioni orribili che ovviamente non meritano nessuna risposta da parte istituzionale". Così il ministro degli Esteri Franco Frattini commenta le dichiarazione dell'ex militante dei Pac. "La risposta che merita Battisti - dice - l’ha già avuta da parte dei familiari delle vittime che lui ha ucciso, perché lui ha ucciso. Su questo le sentenze di condanna parlano chiaro".

 

"Il Brasile deve comprendere - continua il ministro - che ormai è il momento serio di dare corso a quella richiesta italiana che ho formulato già da tre settimane di costituire il Collegio di conciliazione per andare alla Corte internazionale". E spiega: "Se il Brasile non lo farà, sarò costretto a rivolgermi d’autorità alla Corte internazionale per far nominare il Collegio".

 

TORREGIANI: E' SOLO E CAMBIA VERSIONE - Battisti "è stato mollato dagli amici e ora cambia versione. Non può voltare pagina ma solo continuare a mentire. L’unico modo che avrebbe per farlo è sottoporsi a un giudizio popolare e mostrare le prove della sua innocenza di cui parla da anni e che non si sono mai viste".

 

Così Alberto Torregiani, figlio di Pierluigi, il gioielliere ucciso dai Pac (Proletari armati per il comunismo) nel ‘79 a Milano, commenta con l’ANSA quanto dichiarato da Cesare Battisti in un’intervista.

 


SABBADIN: E' IL SOLITO IPOCRITA - Ad ogni ‘esternazione’ di Cesare Battisti cresce, se ancora sia possibile, la rabbia e l’amarezza delle famiglie delle sue vittime. Interpellato dall’ANSA sull’intervista rilasciata oggi a Cananeia (San Paolo) dall’ex terrorista dei Pac, Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio di Santa Maria di Sala (Venezia), ucciso da un commando il 16 febbraio 1979, non vuole sentire parlare di perdono e riconciliazione.

 

‘’E’ sempre il solito ipocrita - risponde Sabbadin - chissà quando troverà la dignità di tacere per sempre. E’ arrivato il momento che taccia. La smetta di girare il coltello nella piaga". "Dice che non è pentito? Si vergogni, ha la stessa responsabilità di tutti gli altri anche se non ha sparato".

 

Al figlio dell’uomo ucciso dai Proletari armati per il comunismo poco importa ora sapere che Battisti riconosce ‘responsabilita’ politiche’. La smetta di tormentarci"’.