NEW YORK, 14 settembre 2011- “Abbiamo almeno 126 voti già sicuri…”, dice il loro ambasciatore all’Onu Riyad Mansour. Dal Cairo il presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen dichiara “la nostra domanda di adesione, come stato, alle Nazioni Unite è irreversibile… Non si tratta di una mossa unilaterale… Lo facciamo perché non ci sono negoziati….Non stiamo cercando di isolare Israele e non vogliamo esser trascinati in un confronto con gli Usa ….Vogliamo presentare il voto dell’Onu come un’opportunità per preservare la soluzione dei due stati…”.

Il premier turco Erdogan anche lui in Medio Oriente accolto come il super leader del mondo arabo non nasconde la sua determinazione e ripete: “Noi sosterremo come un dovere e un obbligo il diritto dei palestinesi, mentre gli israeliani stanno perdendo anche l’appoggio Usa…”. Nei fatti però tutto è ancora nell’aria, ma sta diventando una tesissima corsa contro il tempo. L’Assemblea Generale dell’Onu che si è aperta ufficialmente ieri con l’entrata in funzione del nuovo presidente Nassir Al-Nasser del Katar alla vigilia dell’arrivo di 87 fra capi di stato e di governo è già dominata dalla “questione palestinese”.

Per qualche giorno ancora però rimane il triangolo fra Cairo , Gerusalemme e Ramallah l’epicentro del confronto politico e diplomatico che ieri sera si è irrobustito con l’arrivo di due inviati speciali americani. Barack Obama che un anno fa si era impegnato ad annunciare “la nascita di due stati che vivono in pace uno vicino all’altro” adesso di fronte all’empasse è con le spalle al muro potrebbe vedersi addirittura costretto a “bloccare” con un veto in Consiglio di Sicurezza la richiesta dei palestinesi di diventare il 194° stato-membro delle Nazioni Unite.

Contro tutto e contro tutti il ministro degli esteri israeliano Lieberman risponde secco alla responsabile della diplomazia della UE Catherine Ashton: “un voto all’Onu sulla richiesta di riconoscimento di uno Stato palestinese entro i confini del 1967 sarebbe destinato ad avere conseguenze gravi e dure…” e i suoi collaboratori lasciano intendere che Israele potrebbe annettere unilateralmente attraverso un “cambiamento di status” alcuni settori occupati della Cisgiordania. Un’azione estrema per “dissuadere” i palestinesi e forzare una credibile ripresa del negoziato con tempi e obiettivi predeterminati è affidata adesso ai due inviati americani Dennis Ross e David Hale che incontreranno sia Abu Mazen che Netanyahu, ma appare già una “mission impossibile”.

Una “richiesta” dei palestinesi infatti verrà comunque presentata al Palazzo di Vetro. Si tratta di vedere però se sarà quella rivolta all’Assemblea Generale per ottenere con un voto a maggioranza semplice (97 voti) il riconoscimento di “stato- osservatore” che non è uno “stato- membro”, non ha diritto di voto in aula, ma può entrare a far parte di diversi organismi legati alle Nazioni Unite come la Corte internazionale di giustizia o l’organizzazione mondiale della sanità, oppure la domanda formale al segretario generale Ban Ki moon e al Consiglio di Sicurezza per diventare “stato-membro” a pieno titolo che gli Usa hanno già detto di voler stoppare perché giudicata “controproducente” e rischiosa per Israele.

Il ministro degli esteri italiano Franco Frattini sottolinea la necessità di fare esprimere la Ue con una posizione unica mentre si fa strada anche l’ipotesi di una grande astensione in Assemblea Generale per “sgonfiare” politicamente lo scontato successo palestinese in attesa che si completi il negoziato diretto fra le parti .