New York, 23 settembre 2011 - Il Quartetto dei mediatori per il Medio Oriente (Onu, Ue, Russia ed Usa) ha definito una road-map per far ripartire i negoziati tra israeliani e palestinesi in base al quale “entrambe le parti si impegneranno a raggiungere un accordo entro un arco temporale che non vada oltre la fine del 2012”. Questo quanto si legge nella dichiarazione finale del Quartetto.

“Entro un mese ci sara’ un incontro preparatorio - si legge nel testo - tra le parti per definire un agenda e il metodo da seguire per procedere con i negoziati...Entro tre mesi entrambe le parti forniranno proposte complessive sui territori (i confini) e la sicurezza, ed entro sei mesi ci dovranno essere sostanziali progressi. Al termine (di questo periodo di tempo) ci sara’ una conferenza internazionale a Mosca”.

Il Quartetto ha anche concordato che “ci sara’ una Conferenza dei Donatori in cui la comunita’ internazionale fornira’ un sostegno concreto alle iniziative dell’Anp per istituire gli organismi propri di uno Stato, sviluppate dal premier Salam Fayyad sotto la guida del presidente Abu Mazen”.
 

 LA SFIDA - Abu Mazen attacca Israele, accusata di ‘pulizia etnica’, davanti alla platea gremita dell’Assemblea dell’Onu. Netanyahu risponde tatticamente con un ramoscello di pace, pur negando il valore della richiesta del riconoscimento all’Onu appena presentata dall’Anp. Abu Mazen apre al negoziato di pace, e Netanyahu va oltre e chiede un incontro gia’ a margine dei lavori delle Nazioni Unite.
 

Tra accuse reciproche, mani tese e ovazioni, mentre una folla di palestinesi si riversava nelle strade e nelle piazze di Ramallah e di altre citta’ della Cisgiordania, si e’ svolta la giornata storica del Medio Oriente. “Abbiamo presentato a sua eccellenza Ban Ki-moon una richiesta per l’ammissione piena della Palestina nelle azioni Unite, entro i confini del 1967, e con capitale ‘al Quds Al Sharif’, nome arabo di Gerusalemme” ha esordito Abu Mazen accolto da un’ovazione dell’assemblea.

“Tutti i membri del Consiglio di sicurezza dovranno votare a favore” della richiesta. “Ne abbiamo abbastanza” ha aggiunto il leader dell’Anp in uno dei punti piu’ commoventi del suo discorso, “siamo l’ultimo popolo sotto occupazione straniera”.

“Siamo pronti a tornare al tavolo del negoziato sulla base della legalita’ internazionale e della fine dell’attivita’ degli insediamenti” ha poi aggiunto aprendo uno spiraglio alla ripresa delle trattative di pace. Abu Mazen ha anche scatenato un applauso quando ha citato lo storico leader dell’Anp Yasser Arafat. “Nel 1974 - ha ricordato - Arfat venne qui ad assicurare la volonta’ di pace dei palestinesi ma disse, non lasciate che i rami di ulivo cadano dalle mie braccia”.

Sul palco Netanyahu ha subito risposto ribaltando le accuse di Abu Mazen: “Uno Stato palestinese ora significherebbe la pulizia etnica degli ebrei”. La Palestina vuole uno stato senza pace”. Il premier israeliano ha quindi ribadito che l’obiettivo della pace “non si puo’ raggiungere con una risoluzione dell’Onu ma solo attraverso negoziati diretti”. “Incontriamoci oggi qui alle Nazioni Unite” ha lanciato la sua sfida Netanyahu: la pace tra israeliani e palestinesi puo’ essere raggiunta solo “con negoziati diretti”.

“Ho visto due leader che vogliono la pace ma che al tempo stesso devono recuperare la fiducia reciproca” ha commentato alla fine degli interventi il ministro degli Esteri, Franco Frattini. “Questo e’ l’atteggiamento, lo spirito che traspariva”, ha spiegato il titolare della Farnesina che ha seguito i discorsi dalla rappresentanza italiana all’Onu, “si capisce che per entrambi la pace non ha alternative, sono tutti e due sinceramente convinti di questo”. Tuttavia, ha osservato, “c’e’ stata una tale stratificazione di sfiducia reciproca per decenni che e’ difficilissima da recuperare”.

E infatti la tensione continua. Proprio oggi un palestinese e’ stato ucciso e tre feriti dal fuoco delle truppe israeliane nel villaggio di Nablus, in Cisgiordania, mentre Israele per far fronte alla storica giornata ha dislocato oltre 20mila agenti e inviato rinforzi militari in Cisgiordania.

 

FRATTINI: MODERNO UMANESIMO CONTRO L'INTOLLERANZA - “L’Italia pone i diritti umani e dell’ambiente al centro della societa’” e in linea con questo principio “vuole contribuire a creare e consolidare un moderno umanesimo: non puo’ esserci miglior difesa contro l’odio e l’intolleranza criminale che colpirono questa citta’, questo Paese, e il mondo 10 anni fa”. Lo afferma il ministro degli Esteri Franco Frattini nel suo intervento dinanzi all’assemblea generale dell’Onu riunita a New York per la 66esima sezione plenaria.

 

Nel discorso (che verrà pronunciato dopo la mezzanotte italiana) Frattini ricorda che il retaggio umanistico del nostro Paese lo porta ad essere promotore naturale delle campagne dell’Onu contro la pena di morte, contro le mutilazioni genitali femminili e a favore della tutela della liberta’ di religione e di credo. Maggiore attenzione, per Frattini, richiede inoltre “il contrasto dei legami su cui si fonda il rapporto tra speculazione, inflazione dei prezzi alimentari e instabilita’”. Un approccio, fondato sul rispetto della dignita’ della persona, che la primavera araba ha messo alla prova dal punto di vista della comunita’ internazionale: “e’ stato -rimarca il titolare della Farnesina- un brusco risveglio che ci ha ricordato che nessun leader politico puo’ conservare il potere a spese del suo popolo e che non puo’ esserci mediazione o compromesso quando in discussione ci sono i diritti fondamentali”.

 

In passato, ricorda Franco Frattini, l’Occidente (Italia e Stati Uniti compresi) erano pronti ad avere rapporti con regimi antidemocratici “in nome della sicurezza, della cooperazione antiterrorismo e delle politiche migratorie” ma gli eventi del Nordafrica e del mondo arabo hanno dimostrato “che la cooperazione in nome della sicurezza e della stabilita’ non e’ un’alternativa rispetto alla promozione della liberta’, della crescita economica e democratica e della creazione di posti di lavoro”.
In Libia, ricorda Frattini, l’Italia ha fatto la sua parte nel promuovere in seno alla comunita’ internazionale il principio della “responsabilita’ di proteggere” una popolazione che il regime di Gheddafi era impegnato a massacrare e si e’ cosi’ passati “dalla cultura della impunita’ sovrana a quella della sovranita’ responsabile”.

 

Il titolare della Farnesina chiede pero’ all’Onu un maggiore coinvolgimento: “la Libia puo’ essere il primo test per un ruolo più rilevante” e spetta alle Nazioni Unite “coordinare e guidare l’assistenza della comunita’ internazionale al Paese”, una comunita’ che deve evitare la corsa a chi arriva primo: “non c’e’ competizione perche’ -rileva il ministro degli Esteri- il vincitore e’ uno solo: il popolo libico”. E per questo, insieme alla Lega araba, l’Unione africana e l’Unione europea, le Nazioni Unite dovrebbero “presiedere i meccanismi di coordinamento internazionale per la Libia”.