IL PENTAGONO si prepara alle possibili conseguenze. Secondo il segretario della Difesa Usa, Leon Panetta, Israele starebbe considerando la possibilità di attaccare gli impianti nucleari iraniani «in primavera» per impedire la costruzione dell’atomica. La Casa Bianca non nasconde la propria frustrazione e il fatto che l’allarme arrivi da un uomo prudente e riservato come Panetta, lascia pensare che Washington sia in grado di fare molto poco per dissuadere il premier israeliano Netanyahu.
Impegnato in una difficile corsa elettorale (con gli ispettori dell’Onu a Teheran che stanno analizzando gli impianti per autenticarne la loro «produttività civile» e con un piano di sanzioni economiche molto forti che intaccano direttamente il petrolio, se il negoziato diplomatico dovesse fallire), quello che il presidente Obama intende evitare a tutti i costi è un confronto muscolare e militare con l’Iran, che potrebbe riservare conseguenze imprevedibili e destabilizzanti per l’intera regione.


DA TEHERAN la guida suprema Ali Khamenei nel sermone del venerdì non solo non indietreggia, ma rilancia la sfida: «L’Egitto deve bruciare il trattato di Camp David con Israele e riprendere il suo ruolo di difensore dei diritti dei palestinesi. Noi pensiamo di liberare Gerusalemme e le terre palestinesi. Sul nucleare non arretreremo di un millimetro: è un nostro diritto e quando gli Stati Uniti affermano che tutte le opzioni restano sul tavolo, dimostrano che non hanno nulla da dire e manifestano solo la loro debolezza nell’affrontare il dialogo». La guerra delle parole questa volta però sembra essere seguita da veri e proprio piani militari da parte degli israeliani, che non avrebbero intenzione di consultarsi con nessuno, nemmeno con il Pentagono, prima di un eventuale bombardamento chirurgico.
Gli iraniani hanno minacciato la chiusura dello stretto di Hormuz se Usa e Unione Europea daranno attuazione alle loro super sanzioni economiche. Stanno spingendo la sfida verbale sempre più vicino a un punto di non ritorno, ma dietro la durezza delle parole, mai come in questo momento, potrebbe farsi strada la possibilità di una soluzione negoziata.