Kabul, 23 febbraio 2012 - Un soldato afgano ha aperto il fuoco contro le truppe Nato, uccidendo due soldati Isaf nell’est dell’Afghanistan. “C’era una manifestazione”, si legge nella nota diffusa dall’Isaf, senza però precisare se si tratta delle proteste in atto nel Paese da tre giorni contro il rogo di copie del Corano nella base Usa di Bagram.

Altre tre persone sono morte oggi nel corso delle proteste. Sale così a 14 il numero delle vittime delle manifestazioni degli ultimi tre giorni.

Stando a quanto riferito da fonti ufficiali, due manifestati sono morti e altri sette sono rimasti feriti in una sparatoria nella provincia sud-orientale di Uruzgan. Un’altra persona è morta e altre sette sono rimaste ferite nella provincia di Baghlan.

TERZO GIORNO DI PROTESTE - Centinaia di persone hanno preso parte, per il terzo giorno consecutivo, in varie città dell’Afghanistan alle manifestazioni di protesta per i roghi di alcune copie di Corano (VIDEO) all’interno della base statunitense di Bagram. E intanto un team congiunto della missione della Nato in Afghanistan e del governo di Kabul ha iniziato l’inchiesta per capire cosa sia realmente accaduto.

L'APPELLO DEI TALEBANI - I Talebani esortano gli afghani a "colpire le basi militari degli invasori". In un comunicato  gli insorti affermano che gli afghani "devono colpire le basi militari delle forze di invasione e i loro convogli". I seguaci del mullah Omar incoraggiano inoltre gli afghani a "colpire e uccidere" gli stranieri.
 

"Dato che la protezione della vita e delle proprietà dei musulmani è dovere di tutti i musulmani, i manifestanti dovrebbero colpire gli invasori e le loro basi”, spiega il comunicato. Il principale portavoce dei miliziani, Zabiullah Mujahid, ha però precisato che l’episodio non avrebbe influenzato il dialogo in corso con l’amministrazione americana in Qatar, destinato ad aumentare la fiducia reciproca per favorire uno scambio di prigionieri.

“Condanniamo la dissacrazione del Corano nei termini più duri, ma questa vicenda non influenzerà il processo in corso in Qatar”. La protesta anti-americana è continuata per il terzo giorno consecutivo oggi, dopo che ieri nove dimostranti sono stati uccisi e dozzine feriti.
Il ministero dell’Interno afgano ha accusato “guardie straniere di Camp Phoenix” di almeno una delle morti, ma la maggior parte delle vittime sono state uccise dalla polizia.

LE PROTESTE - Circa quattrocento persone sono uscite in strada nel distretto di Bagrami, ha riferito il portavoce del ministero dell’Interno, Sediq Sediqui, secondo cui altre proteste sono avvenute anche nelle provincie orientali di Nangarhar e Kunar.


“Finora non ci sono state violenze tra i manifestanti e le forze di sicurezza afghane controllano la zona”. Nelle varie proteste che si sono succedute nelle ultime 48 ore sono già morti 8 manifestanti, uccisi dai colpi d’arma da fuoco delle forze dell’ordine. La Nato ha già chiesto scusa per l’accaduto ed è partita l’inchiesta: mercoledì il team congiunto Nato/governo afghano ha visitato il centro di detenzione delle truppe internazionali di Bagram, a una sessantina di chilometri da Kabul, per raccogliere informazioni sul modo in cui i militari si siano disfatti, la scorsa domenica, di una certa quantità di materiale religioso.

L'INCHIESTA - L’inchiesta dovrà chiarire con esattezza quanto accaduto, ma un testimone ha riferito che, dopo il rogo di varie copie del Corano e di altri libri religiosi all’intero della base, i militari hanno trasportato all’esterno del complesso di Bagram su un camion il materiale bruciato; e lì l’hanno trovato alcuni impiegati afghani che non si sono lasciati sfuggire l’occasione di mostrarlo al pubblico. Da qui le prime proteste, che hanno già causato vittime.

Il governo di Hamid Karzai tra l’altro martedì ha ordinato l’apertura di un’inchiesta sulle vittime. La profanazione del Corano, il libro sacro dell’Islam, è in tema molto ‘sensibile' in Afghanistan. L’anno scorso, una ventina di persone, tra cui 7 dipendenti Onu, morirono nelle proteste scoppiate per il rogo di una copia in una chiesa statunitense.