Roma, 16 marzo 2012 - In India “non c’è più uno spirito anti-italiano” sul caso dei due marò del San Marco, “ma c’è stato all’inizio quando c’era il pericolo di un processo per direttissima”: lo ha affermato il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, intervenuto a “Unomattina”. De Mistura, appena rientrato dallo Stato del Kerala dove ha seguito da vicino la vicenda, ha ricordato che quando era arrivato si era trovato “di fronte un muro” con gli indiani che insistevano per applicare la loro legge.

De Mistura ha spiegato che ora si attende l’esito della perizia: se dovesse emergere che i proiettili che hanno ucciso i due pescatori indiani sono incompatibili con quelli in dotazione ai marò verrebbe chiesta la loro immediata liberazione. “Ma se anche dovessero risultare compatibili”, ha avvertito, “faremmo presente che i militari fanno il loro dovere, si possono sbagliare ma devono essere giudicati in patria”.

In questo senso il sottosegretario ha spiegato che “dall’Ue c’è sostegno e anche aperto” perché questo caso rappresenta “un precedente che varrà per tutti”, indiani compresi.

Se i marò fossero processati in India, ha esemplificato De Mistura, si potrebbe arrivare a chiedere che una guardia del corpo che dovesse sparare a una persona che si avvicina di corsa a uno statista in visita all’estero venga processata nel Paese ospitante e non in patria.

Poi tornando ai tempi della soluzione : “Siamo in un imbuto legale e giuridico. Ci vorranno due mesi ancora, ma non molleremo mai per difendere i nostri marò, i nostri militari. Ci vuole tempo, pazienza...”.

D’altronde, alla vigilia del voto nel Kerala il sottosegretario ha ammesso che “il clima elettorale è stato molto influente” sulla vicenda dei connazionali.

La speranza è in un’evoluzione positiva, a urne chiuse. I risultati, comunque, ha spiegato De Mistura non si conosceranno “prima del 23-24 marzo prossimo. Poi, come è logico, bisognerà garantire il tempo necessario alla politica per riannodare il filo del governo delle istituzioni. Credo che per fine mese - ha previsto - l’influsso elettoralistico calerà”.

INDAGINI ANCHE SUL CAPITANO - Il tribunale di Kollam ha chiesto alla polizia di indagare per accertare eventuali responsabilità di Umberto Vitelli, il capitano della petroliera Enrica Lexie su cui erano imbarcati i due marò italiani arrestati, nell’uccisione di due pescatori indiani. A riferirlo è l’Indian Express che spiega che il presidente della Corte, A.K. Gopakumar, vuole appurare chi abbia dato l’ordine di sparare durante quello che era sembrato come un attacco dei pirati.

“Il tribunale”, ha scritto il quotidiano indiano, “ha chiesto se i militari potevano sparare senza il permesso di un superiore, se c’era un superiore a bordo che ha dato l’ordine e se i fucilieri fossero sotto l’autorità del capitano”. Si indagherà anche per capire se il capitano avesse avvertito le autorità indiane che da bordo era stato aperto il fuoco il 15 febbraio, quando furono uccisi i due pescatori. Non è escluso che la petroliera italiana sia fatta rientrare nel porto di Kochi per interrogare l’equipaggio e gli altri quattro marò rimasti a bordo.

 

ELEZIONI IN KERALA, LA GUERRA DEI JACOB - Potremmo chiamarla ‘la guerra dei Jacob”. Sono le elezioni supplettive che si svolgono domani nello stato indiano del Kerala e le cui vicende politiche si sono di fatto intrecciate con il caso dei due marò italiani accusati di aver ucciso due pescatori indiani di religione cattolica scambiandoli per pirati.

Il voto si svolge a Piravom, una sonnolenta cittadina dell’interno con 28mila abitanti, attraversata dal fiume Muvattupuzha, i cui fedeli si dividono fra nove templi hindu e otto chiese di rito cattolico o siriaco. Lo scontro elettorale è fra due sfidanti con lo stesso cognome, Jacob, ma la posta in gioco è ben più alta. Il primo ministro dello Stato del Kerala, Oommen Chandy non ne ha fatto mistero: “sarà un test su come il mio governo ha lavorato da quando si è insediato a maggio e lo accetto come una sfida”, ha dichiarato pubblicamente.

Il seggio di Piravom nell’assemblea dello stato del Kerala era ricoperto da T. M. Jacob, ministro responsabile per la distribuzione delle derrate alimentari e alleato di Chandy, esponente del partito del Congresso che è al governo anche a Nuova Delhi. Jacob ha occupato il seggio per trent’anni, ma nel 2006 è stato sconfitto dal rivale di sempre, M.J. Jacob del partito comunista. Nel 2001 il primo Jacob ha riconquistato il seggio, con uno scarto di 157 voti. Ora che è morto, il figlio, Anup Jacob, si candida al posto del padre. E il rivale è sempre il comunista Jacob.

Il seggio di Piravom è importante per il governo del Kerala, che ha una maggioranza di soli tre deputati nel parlamento locale. Chandy governa da meno di un anno, dopo aver sconfitto alle ultime elezioni il suo predecessore, il comunista V.S. Achuthanadan. E in generale il partito del Congresso è in un momento di difficoltà dopo i cattivi risultati delle recenti elezioni locali, che lo hanno visto sconfitto in quattro dei cinque stati dove si è votato a cavallo fra febbraio e marzo.

La vicenda dei due marò, che ha conquistato le prime pagine dei giornali locali, si è disgraziatamente inserita nello scontro politico. La presidente del partito del Congresso a livello nazionale è infatti Sonia Gandhi, di origine italiana. Ed un esponente del suo partito come Chandy non può apparire come un politico che favorisce due italiani accusati di aver ucciso dei pescatori locali, tanto più in uno stato dove tre milioni di persone si dedicano alla pesca.

L’Italia è ben consapevole del peso del voto di Piravom, come ha spiegato oggi il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura, che segue da vicino la vicenda ed è appena tornato da una lunga missione in India per favorire la liberazione dei due marò.