Sarajevo, 5 aprile 2012 - Vent’anni dopo, la Bosnia Erzegovina e Sarajevo celebrano il doloroso anniversario dell’inizio della guerra interetnica del 1992-95. Il Paese balcanico ne porta ancora i segni evidenti, restando il fanalino di coda dell’intera regione, ostaggio delle rivalità etniche che prevalgono su ogni logica di riforma e transizione verso la piena integrazione nell’Ue.

Saranno 11.541 le sedie vuote che venerdì 6 aprile formeranno la ‘linea rossa di Sarajevo’, una lunga platea silenziosa, pari al numero delle vittime dell’assedio della città da parte della forze serbo bosniache spalleggiate da Belgrado, che durò 1.425 giorni, il più lungo della storia moderna. Di fronte questo pubblico fantasma “di persone morte senza una ragione, solo perchè abitanti di questa città” si terrà un concerto di due ore, in quanto “a tutti loro è stato impedito per sempre di partecipare a un concerto”, spiega l’organizzatore, Haris Pasovic, a ‘Radio Free Europe’.

Era il 5 aprile del 1992 quando 50.000 bosniaci di tutte le etnie e religioni si radunarono a Sarajevo, per una ‘grande manifestazione per la pace’, ancora certi che, nonostante l’escalation di tensioni delle settimane precedenti, legata alla secessione della Bosnia dalla Jugoslavia, la guerra non sarebbe mai scoppiata.

Ma, proprio su quella folla di manifestanti, si abbatterono i primi colpi dei cecchini serbo-bosniaci, uccidendo due donne, le prime vittime civili della guerra bosniaca. L’indomani, il 6 aprile - stesso giorno in cui l’allora Cee, oggi Unione europea, riconobbe internazionalmente l’indipendenza bosniaca - era ufficialmente guerra. Una data, peraltro, che incrocia a doppio filo il destino di Sarajevo, la quale celebrerà, lo stesso giorno, l’anniversario della sua fondazione 550 anni fa, nonché quello della liberazione dal nazi-fascismo, 67 anni fa.

Per l’occasione, sarà anche inaugurato un nuovo ‘Museo dell’assedio di Sarajevo - l’arte di vivere 1992-96’. La struttura “testimonierà l’arte di sopravvivere dei sarajevesi durante l’assedio e sarà dedicato non solo a tutte le vittime, ma anche ai sopravvissuti ed alle generazioni future”, ha commentato il direttore progetto, Dino Mustafic, durante una conferenza stampa di presentazione. Così, presso l’Hotel Holiday Inn, quartier generale della stampa internazionale ai tempi dell’assedio, si riuniranno i reporter che seguirono il conflitto.

Oltre tre anni di orrore, con le forze serbo-bosniache contrapposte a quelle musulmane e croate, finite anch’esse nemiche tra loro. Non esiste ancora un elenco definitivo delle circa 100.000 vittime stimate, mentre non rientreranno mai più in Bosnia molti degli oltre due 2,2 milioni di profughi. Tre anni in cui l’Europa assistette al genocidio di 8000 civili musulmani a Srebrenica, il più efferato crimine di guerra mai commesso nel Continente dopo l’Olocausto. Oggi, i presunti colpevoli di quel massacro - l’ex leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic e il suo ‘braccio armato’, l’ex generale Ratko Mladic - sono stati assicurati alla Giustizia internazionale.

Segno che anche la Serbia di Milosevic non è più la stessa, soprattutto dopo la storica risoluzione - fortemente voluta dal presidente della Repubblica, Boris Tadic - adottata dal Parlamento di Belgrado nel 2010 per riconoscere la responsabilità serba su Srebrenica e chiederne ufficialmente scusa.

E’ la Bosnia, al contrario, che sembra immobilizzata nel passato, incapace di voltare pagina da quelli Accordi di pace di Dayton del 1995, con cui il Paese venne diviso in due entità etniche - la serba Repubblica Srpska e la Federazione croato-musulmana- collegata da deboli istituzioni centrali. Le stesse che Ue e Nato vorrebbero rafforzate con urgenza, a scapito dei ‘potentati’ etnici. In direzione opposta, va invece letta la crisi politica che ha visto la Bosnia, per ben 16 mesi, senza un governo centrale, a causa dell’assenza di un accordo tra le comunità etniche.

Calato il sipario sulle commemorazioni ufficiali, resterà una Bosnia divisa e in ginocchio, tra i Paesi più poveri d’Europa. E tra i più lontani dall’Unione europea, alla cui adesione Sarajevo non è nemmeno candidata, vent’anni dopo quel primo sparo del cecchino.

LE TAPPE DEL CONFLITTO - La guerra di Bosnia, dal 1992 al 1995, ha causato in quattro anni circa 100.000 morti e 2,2 milioni di profughi e rifugiati, la metà della popolazione dell’area prima del conflitto.

1992 - 29 febbraio - 1 marzo. In un referendum boicottato dai serbi di Bosnia, le comunità croata e musulmana del paese votano in favore dell’indipendenza della Bosnia Erzegovina dalla Federazione Jugoslava, ai tempi già orfana di Croazia, Macedonia e Slovenia.

- 5 aprile. Circa 50.000 persone scendono in piazza a Sarajevo per una grande “manifestazione per la pace”. Ma l’esercito jugoslvao (Jna) controllato da Belgrado sta già accerchiando Sarajevo dall’alto delle sue colline. Una funzionaria del Parlamento bosniaco, la 34enne Olga, raggiunge la folla. Un cecchino serbo la colpisce a morte durante la manifestazione: per molti è quello l’inizio simbolico dell’assedio di Sarajevo. Mieterà 10.000 vittime, inclusi circa 1500 bambini.

- 6 aprile. La Comunità europea (oggi Unione europea) riconosce internazionalmente la Bosnia, che aderirà all’Onu il successivo 22 maggio.

- 7 aprile L’Onu dispiega 14.000 uomini in tutta la ex Jugoslavia (missione FORPRONU).

- 3 luglio viene proclamata lo stato croato dell’Herceg-Bosnia: si gettano le basi per l’estensione del conflitto tra croati e musulmani, precedentemente alleati contro i serbi.

1993 - falliscono due piani di pace. Quello Vance-Owen e quello Owen-Stoltenberg.

- 12 aprile. La Nato avvia l’operazione ‘Deny Flight’ per il rispetto della zona d’interdizione aerea proclamata dall’Onu il precedente ottobre;

- 21 aprile, l’Onu dichiara Srebrenica zona di sicurezza. Lo stesso avverrà, il successivo 7 maggio, per Bihac, Gorazdze, Tuzla, Sarajevo e Zepa.

1994 - 5 febbraio. Prima strage al mercato di Markale a Sarajevo: muoiono 68 persone e circa 200 restano ferite

- 9 febbraio. La Nato lancia un ultimatum ai serbo-bosniaci per un cessate il fuoco a Sarajevo e la creazione di una zona di esclusione delle armi pesanti intorno alla capitale;

- 28 febbraio. Primo attacco aereo della Nato, vengono abbattuti quattro aerei serbo-bosniaci;

1995 - 25-26 maggio. Dopo aver bombardato Tuzla, provocando 71 morti, le truppe serbo-bosniache prendono in ostaggio centinaia di funzionari Onu, inclusi oltre 370 Caschi blu che verranno rilasciati il 18 giugno successivo;

- 11 luglio. Guidate dal generale Ratko Mladic le truppe serbo bosniache si macchiano del genocidio di oltre 8000 civili musulmani a Srebrenica;

- 28 agosto. Nuova strage al mercato di Sarajevo, attribuita ai serbo bosniaci: 41 morti e 84 feriti sotto i bombardamenti;

- 30 agosto. La Nato avvia 14 giorni di raid aerei su obiettivi serbo-bosniaci.

- 14 settembre. Accordo tra Onu e serbo-bosniaci per rimuovere l’assedio di Sarajevo;

- 12 ottobre. Grazie alla mediazione Usa entra in vigore un cessate il fuoco in Bosnia dalla durata di 60 giorni;

- 14 dicembre. Firma ufficiale a Parigi degli accordi di Pace chiusi il mese precedente a Dayton (Usa), da parte del presidente bosniaco, Alija Izetbegopvic, del croato Franjo Tudjman e del serbo Slobodan Milosevic.