Londra, 16 giugno 2012 - Un giudice dell’Alta Corte d’Inghilterra ha disposto la nutrizione forzata per una donna di 32 anni malata di una grave forma di anoressia, che da un anno rifiuta cibi solidi ed è fermamente decisa a lasciarsi morire.

La giovane, ex studentessa di Medicina del Galles, già due volte lo scorso anno ha firmato dei moduli in cui chiedeva di non essere sottoposta ad alcun trattamento che la tenesse in vita. Il caso, però, è finito in tribunale quando il mese scorso la donna, ormai a un passo dalla morte, continuava a rifiutare di essere alimentata. "Va nutrita a forza - sostiene il giudice Peter Jackson della Court of Protection -. Un giorno questa donna potrebbe scoprire di essere una persona speciale, la cui vita vale la pena di essere vissuta".

Parole forti, sufficienti a scatenare polemiche, anche politiche. Si tratta infatti di un caso delicato e insolito all’interno del dibattito bioetico. Per ammissione dello stesso giudice, è la prima volta che si affronta una vicenda in cui il trattamento vitale potrebbe non essere nel "migliore interesse" di un paziente "pienamente consapevole" delle proprie condizioni.

Jackson ammette di trovarsi di fronte al caso più difficile della sua carriera. Anche se sottoposta ad alimentazione forzata, le possibilità di salvarsi della giovane donna non supererebbero il 20%, a fronte di terapie invasive che fra l’altro dovrebbero durare almeno un anno. Tuttavia bisogna considerare che "viviamo una volta sola - osserva il giudice motivando la propria decisione - Veniamo al mondo una sola volta e una sola volta moriamo. E quella tra la vita è la morte è la più grande differenza che conosciamo".