NEW YORK, 18 luglio 2012 - E’ un’accusa precisa quella delle Nazioni Unite. Il capo del governo di transizione somalo sarebbe colpevole di aver salvato dal carcere uno dei leader della pirateria. Mohammed Abdi Hassan, un noto criminale conosciuto anche come Afweyne, ha usato un passaporto diplomatico firmato dal presidente per uscire dalla Somalia. La situazione tra il gruppo di monitoraggio dell'ONU e il presidente Ahmed è molto tesa. Nel rapporto consegnato al Consiglio di Sicurezza si legge che «non solo le autorità somale non fanno nulla per ostacolare la pirateria, ma ne tutelano i leader, senza che la comunità internazionale intervenga in maniera efficace».

Il presidente Ahmed si è difeso sostenendo che il passaporto non era altro che uno degli incentivi per aiutare Afweyne a non commettere più atti di pirateria e in una lettera al presidente del comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza, ha definito il rapporto delle Nazioni Unite “di parte” e le accuse “totalmente infondate”.

Proprio all'inizio del mese di luglio, il presidente Ahmed aveva annunciato alla comunità internazionale di voler combattere i predoni del mare. «Siamo completamente pronti ad affrontare il problema – aveva dichiarato di fronte ai 400 delegati della seconda Conferenza contro la pirateria del Emirati Arabi a Dubai - nonostante le nostre risorse economiche siano limitate, siamo disponibili a formare una forza militare navale per attaccare e annientare ogni attività di pirateria».

Per aiutare la Somalia, gli Emirati Arabi avevano annunciato di essere pronti a contribuire con un milione di dollari per la formazione di forze marittime. Il problema della pirateria nel paese è molto serio: secondo la forza navale dell’Unione Europea, che si occupa di offrire protezione alle navi che transitano nelle zone a rischio, attualmente più di 200 naviganti sono ancora ostaggio di pirati somali.

A complicare la già difficile situazione del paese, la campagna elettorale che Ahmed sta portando avanti nella speranza di essere riconfermato. L'attuale governo di transizione nazionale terminerà il mandato alla fine di agosto e in questo clima di grande instabilità politica le Nazioni Unite stanno lavorando per garantire nuove elezioni entro l'anno.

E' di poche ore fa la notizia diffusa dal sito di informazione somalo Garowe che il presidente Ahmed, eletto nel 2009, ha accusato il gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite di essere «contro la pace in Somalia». Durante un comizio per sua la ricandidatura, il presidente ha attaccato il coordinatore del gruppo delle Nazioni Unite Matt Bryden, che nell'ultimo rapporto sulla situazione del paese ha segnalato alcune irregolarità nei conti del governo.

Il presidente Ahmed ha attaccato la missione senza mezzi termini: «Questo governo è pronto per la trasparenza, se ci sono dei soldi che mancano, sono pronto a consegnare le dimissioni e andare a Guantanamo». Tra le accuse all’ONU, quella di aver programmato la consegna del rapporto proprio in coincidenza con la fine del governo, con la volontà di screditarne l’operato.

Alla vigilia delle nuove elezioni, la situazione del paese è sempre più difficile: la carestia dichiarata l’anno scorso dalle Nazioni Unite ha costretto più di un milione di persone a emigrare nei paesi del Corno d’Africa, e nonostante gli interventi umanitari l’emergenza pare non essere destinata a risolversi. Molte zone del paese sono ormai da anni in guerra civile, mentre l'area meridionale è controllata da un gruppo di miliziani musulmani integralisti nato nel 2006.