Aleppo, 3 agosto 2012- Il caos siriano continua in tutta la Siria. Combattimenti sono  in corso tra forze fedeli al regime e ribelli, ed è ad Aleppo che la partecipazione a raduni e cortei è stata maggiormente elevata. Le fonti giornalistiche presenti sul posto riferiscono che nel solo quartiere centrale di al-Shaar parecchie centinaia di persone sono scese in piazza per intonare slogan come “Il popolo vuole la libertà e la pace!”, ma anche per invocare la morte del presidente Bashar al-Assad: “Il popolo vuole l’esecuzione di Assad!”, cantavano i dimostranti.

Proteste anche nella provincia nord-occidentale di Idlib, a ridosso della frontiera con la Turchia, in quella meridionale di Deraa, culla originaria della rivolta scoppiata oltre sedici mesi fa contro Assad, e in quella orientale di al-Hasakah, abitata in maggioranza da curdi e da cristiani di etnia assira.

TURCHIA, PROVA DI FORZA - Nel frattempo, le forze armate turche hanno organizzato manovre militari periodiche lungo la frontiera con la Siria. Lo riferisce l’agenzia Anadolu, aggiungendo che, nell’ambito degli esercizi, carri armati, mezzi di trasporto di truppe e lanciamissili terra-aria Stinger sono stati dispiegati oggi al posto di frontiera di Oncupinar nella provincia di Kilis (Turchia).

Gli esercizi alla frontiera proseguiranno per un tempo indefinito su base periodica, aggiunge Anadolu. Anche se il governo turco sta organizzando queste manovre un report preparato da Studio Bilgesam dice che il 75% dei turchi è contrario a un intervento armato internazionale contro la Siria. Lo studio è stato condotto su un campione di 1.547 persone divise proporzionalmente fra turchi e curdi, elettori dei quattro principali partiti del Paese.

MA L'OPINIONE PUBBLICA E' CONTRARIA - Lo studio mette in evidenza altri aspetti interessanti: per il 55% degli intervistati il governo avrebbe sbagliato completamente la sua politica nei confronti della Siria, mentre il 59% ritiene che Ankara abbia sbagliato ad appoggiare i dissidenti del regime di Damasco.

La Turchia teme che la diretta conseguenza della crisi siriana sarà la creazione nel Nord siriano di una zona autonoma curda sul modello di quella irachena (anche se alcune fonti dicono che l’autonomia è stata già dichiarata da parte dei curdi in Siria). Per questo motivo, il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, si è recato a Irbil dal presidente della Regione autonoma curda del Nord Iraq, Massoud Barzani, per sribadire che, alla fine del regime, la Siria dovrà rimanere compatta.

La scorsa settimana il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha accusato il regime siriano di aver “affidato” varie aree del nord della Siria al ribelli curdi della Turchia del Pkk con l’obiettivo di nuocere agli interessi turchi. Il premier ha detto che la Turchia potrebbe esercitare il suo diritto a reagire agli attacchi dell’organizzazione sorella del Pkk in Siria, Pyd, anche in territorio siriano.

Gli esercizi rappresentano una prova di forza nei confronti di Damasco, ex alleato regionale diventato nemico a seguito della sanguinosa repressione dell’opposizione siriana, che ha causato finora oltre 20mila vittime. Le relazioni sono peggiorate ulteriormente dopo l’abbattimento di un caccia turco da parte della contraerea siriana il 22 giugno scorso al largo delle coste siriane.