La scelta di un vicepresidente non ha mai influito sulle elezioni presidenziali americane. E presumibilmente anche sulle prossime, il 6 novembre. Ma che vinca o che perda, il repubblicano Mitt Romney un merito se lo è già guadagnato. Chiamando Paul Ryan, ha ridefinito il dibattito politico riportandolo dalle contrapposizioni personali all’urgenza che tormenta il futuro dell’economia su entrambe le sponde dell’Atlantico, negli Stati Uniti e in Europa.

L’urgenza è: come risalire dall’abisso del debito pubblico. Di quello europeo sappiamo quasi tutto, anche perché le agenzie di rating (americane) fanno a gara a declassarlo sommando sfiducia e sfiducia. Di quello americano invece pochi in Europa sanno che è quasi il doppio del primo in termini nomimali, e che è a livelli greci in percentuale rispetto al pil, se nel conto si mettono i buchi di Fannie Mae e Freddie Mac, vale a dire delle due agenzie federali all’origine (con i subprimes) della crisi finanziaria.

Ebbene di questa crisi Paul Ryan, presidente della Commissione bilancio del Congresso, è stato per anni l’inascoltata Cassandra. La sua tesi: il sistema così com’è è insostenibile, né è sostenibile la strategia keynesiana del deficit spending con la quale Obama ha aggravato, e non alleggerito, il dissesto senza peraltro creare posti di lavoro (la disoccupazione anzi è aumentata all’8,3 per cento). Di qui le priorità che, scegliendolo, Romney fa sue: tagliare le tasse, a tutti, anche ai redditi alti, tagliare la spesa pubblica in maniera razionale evitando i tagli automatici che entreranno in vigore dal 1 gennaio 2013. La scure non risparmierebbe nemmeno la sanità con l’abolizione della costosissima e lacunosa riforma obamiana e il Medicare (assistenza agli anziani).

Insomma la ricetta del 42enne Ryan è in linea con la supply side economics ereditata da Reagan e fatta propria dal Tea Party. Solo un recuperato liberismo che, restringendo il peso e il ruolo dello Stato lasci più soldi alle imprese e ai consumatori, promuove la ricchezza. Ryan non scopre nulla di nuovo. La sua filosofia è la stessa che risollevò l’America (e con essa l’Europa) dopo la presidenza Carter. Del resto Monti in Italia predica le stesse cose. Consapevolezza comune è che l’alternativa sia il collasso finale.