Damasco, 20 agosto 2012 - Se l’appena concluso Ramadan in Siria era stato caratterizzato da un’incessante ondata di morti, nel complesso quasi 4.700 dal 21 luglio scorso, è iniziata nel sangue anche la festività di Eid al-Fitr, che segna il termine del mese sacro islamico dedicato al digiuno e alla preghiera. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione dell’opposizione in esilio con sede in Gran Bretagna, sono infatti state almeno 84 le persone uccise nelle prime 24 ore della ricorrenza in diverse zone del Paese: 28 civili, 22 insorti e 34 soldati; a essi vanno aggiunti sedici cadaveri non ancora identificati rinvenuti a al-Tall, villaggio controllato dai ribelli nella provincia sud-occidentale di Rif Dimashq, che circonda Damasco.

VIOLENZE A DARAA - Stamani cinque persone - tra le quali due bambini, la loro mamma e la nonna - sono rimaste uccise a Daraa, nel sud, e due a Homs, nella Siria centrale. Un’altra vittima si conta a Dayr az-Zor, nell’est, e un’altra ancora nei sobborghi di Damasco. Ieri invece, scrivono gli attivisti, la maggior parte delle vittime si e’ registrata a Daraa, nella capitale e nei suoi sobborghi, dove si sono contati rispettivamente 51 morti.

MORTI ANCHE AD ALEPPO - Altre 22 persone sono rimaste uccise ad Aleppo, 15 a Idlib, 13 a Homs e sette a Dayr az-Zor, nell’est. Tra queste ultime vittime vi sono sei ribelli dell’Esercito siriano libero, uccisi nel villaggio di Kharita. Quattro persone, inoltre, sono morte a Latakia, tre a Hama e due a Hassaka. Dall’inizio del Ramadan, secondo i Comitati di coordinamento locale in Siria, i morti sono oltre 4.685. Tra le vittime ci sono 445 bambini e 342 donne.

GLI OSSERVATORI SE NE VANNO - Scaduto a mezzanotte il mandato della missione internazionale in Siria, gli ultimi osservatori rimasti hanno iniziato a lasciare il Paese. L’agenzia di stampa Xinhua riferisce di un gruppo di 23 osservatori Onu che è atteso nelle prossime ore nella vicina Beirut, in Libano, mentre altri componenti della missione dovrebbero lasciare Damasco nei prossimi due giorni.

La missione Unsmis è iniziata ad aprile. Stamani, secondo la Xinhua, 13 osservatori hanno lasciato la provincia centrale di Homs e sono giunti a Damasco, da dove lasceranno la Siria. Altri dovrebbero arrivare nella capitale dalla provincia di Dayr az-Zor, nell’est. In totale in Siria si troverebbero ancora 90 osservatori. Quattro giorni fa il Consiglio di Sicurezza Onu ha deciso lo smantellamento della missione Unsmis e trovato un accordo sull’apertura di un ufficio a Damasco per sostenere gli sforzi internazionali per porre fine alla crisi siriana. Nel frattempo, l’algerino Lakhdar Brahimi e’ stato nominato inviato speciale in Siria, al posto di Kofi Annan.

TURCHIA: NO A PIU' DI 100MILA RIFUGIATI - La Turchia non può accettare più di 100.000 rifugiati siriani sul suo territorio e una zona cuscinetto potrebbe essere indispensabile per contenere il flusso di rifugiati: è quanto ha detto il ministro turco degli Affari esteri, Ahmet Davutoglu, in un’intervista al quotidiano Hurriyet. “Se il numero dei rifugiati aumenta fino a 100.000, non potremo più ospitarli in Turchia. Dobbiamo accoglierli nello stesso territorio siriano”, ha spiegato il capo della diplomazia di Ankara.

In questo caso, Davutoglu ha suggerito che le Nazioni Unite installino dei campi profughi “alla frontiera con la Siria” in un’area cuscinetto appositamente creata per accogliere i rifugiati. Davutoglu ha annunciato che la Turchia parteciperà a una riunione ministeriale al Consiglio di sicurezza dell’Onu, il prossimo 30 agosto, organizzata dalla Francia per esaminare la situazione umanitaria in Siria e nei paesi limitrofi.