Il 6 giugno un drone americano ha messo a segno il colpo più importante dopo l’uccisione di Osama Bin Laden ad Abbottabad. I missili dell’aereo senza pilota hanno ucciso il comandante militare di Al Qaeda, il libico Abu Yahya al-Libi, braccio operativo di Ayman al-Zawahiri per le azioni terroristiche nelle aree tribali del Pakistan e all’estero. «Nel mio Paese sono in fuga dappertutto» riassumeva già diversi mesi prima il corrispondente da Peshawar del giornale in lingua inglese The News Rahimullah Yousufzai, un profondo conoscitore della galassia terrorista e del Pashtun Wali, il codice etico-religioso della regione nella quale sono radicati i talebani.

Purtroppo le previsioni degli esperti si sono realizzate puntualmente. A 11 anni dal massacro delle Twin Towers, Al Qaeda ha reagito alla guerra dell’Occidente e alla lotta dal cielo (con i droni e senza i soldati) frammentandosi, come il mercurio, in piccoli nuclei. Una grossa pattuglia di combattenti si è spostata in Africa, nel nord del Mali e nella fascia subsahariana, l’area nella quale imperversa «Al Qaeda nel Maghreb Islamico». In Nigeria «Boko Haram» si dedica alle stragi nelle chiese cristiane. Altri guerriglieri qaedisti seminano periodicamente sangue e morte fra gli sciiti iracheni.

In Siria le bandiere nere qaediste sono sbucate ad Homs e hanno terrorizzato i cristiani che abitavano in città. Il Fronte jihadista «Al-Nusrah» si è attribuito la responsabilità di diversi attacchi alle forze di sicurezza di Damasco.
Il 50 per cento delle attività terroristiche censite nella prima metà del luglio 2012 dall’ autorevole Istituto di controterrorismo di Herzliya, una cittadina vicina a Tel Aviv, è stato rilevato in Africa ed è riconducibile al radicalismo islamico.

Al Qaeda è diventata soprattutto un marchio al quale si associano anche piccole cellule disperse o singoli individui che si abbeverano di slogan e di manuali per la fabbricazione di ordigni navigando in rete. Questi frammenti sono quelli che preoccupano di più i servizi segreti e gli studiosi. Le organizzazioni più ampie sono in crisi, scrive Magnus Hanstorp, direttore del centro studi sulle minacce asimmetriche dello Swedish National Defence College di Stoccolma. Ma è aumentato il flusso di giovani europei che vanno in Afghanistan per ottenere i galloni di combattente. L’episodio più clamoroso e recente ha visto nel ruolo di protagonista Mohammed Merah, 24 anni, nato a Tolosa da genitori algerini. Nel 2010 era stato in Afghanistan e nella fascia di confine con il Pakistan. Dopo un anno di addestramento è tornato e ha ucciso tre soldati francesi di religione musulmana, un rabbino e tre allievi della scuola Ozar Atorah di Tolosa. Nessuno si è consolato quando si è appreso che il ministero dell’interno lo aveva inserito in una lista di «osservati speciali».