Bengasi (Libia), 12 settembre 2012 - Notte di follia a Bengasi: una folla inferocita ha assaltato e dato alle fiamme il consolato americano per protestare contro un film sull’Islam e sulla figura di Maometto ritenuto blasfemo. Nel violento attacco sono morti l'ambasciatore statunitense in Libia, Chris Stevens, e altri tre funzionari.

L'amministrazione Obama, in seguito all'accaduto ha deciso di evacuare in Germania tutto il personale diplomatico e non presente in Libia. All’ambasciata di Tripoli resterà solo una unità di emergenza.

Il presidente americano, che in precedenza aveva condannato con forza "l'attentato scellerato" di Bengasi, in serata torna a parlare: "Gli Stati Uniti restano vigili: dobbiamo assicurarci di continuare a esercitare pressione su Al Qaeda e gli affiliati in altre parti del mondo, come il Nord Africa e il Medio Oriente. Questa è una cosa che sono determinato a fare".

L'OMBRA DI AL QAEDA - Secondo la Cnn, che cita funzionari Usa, l’attacco alla sede Usa era “stato pianificato in anticipo da al Qaida” e il film su Maometto “è stato un diversivo”. Altre fonti citate dall’emittente sostengono che droni Usa potrebbe presto sorvolare la Libia orientale in cerca di campi jihadisti che potrebbero essere collegati all’attacco. E anche il presidente della Commissione di intelligence della Camera, Mike Rogers, pare confermare la pista: "L'attacco è sullo stile di quelli di Al Qaeda".

Non è chiaro se le proteste siano state istigate per lanciare l’attacco o se invece sia stata semplicemente colta l’occasione delle manifestazioni contro il film blasfemo su Maometto per agire. Secondo le fonti, l’ambasciatore J. Christopher Stevens non era l’obiettivo specifico dell’attacco.

La Cnn riferisce inoltre come atteso il coinvolgimento attivo dell’Fbi nelle indagini. “Ogni volta che un americano viene attaccato o ucciso all’estero, l’Fbi ha l’autorità di indagare”, ha affermato una fonte citata in condizione di anonimato. I primi ad arrivare sulla scena del crimine all’estero sono solitamente funzionari per gli affari giuridici già dispiegati nella regione - in questo caso, potrebbe essere il personale presente in Egitto e in Algeria, ma non in Libia - seguiti poi da team di agenti chiamati a garantire la sicurezza sulla scena del crimine, raccogliere prove e condurre analisi forensi.

Intanto sui siti riconducibili ad Al Qaeda si afferma che la morte dell’ambasciatore è "una reazione della milizia Ansar Al-Sharia alla conferma della morte di Abu al-Libi", numero 2 del gruppo terroristico, arrivata ieri da Ayman al Zawahiri.

DINAMICA DA CHIARIRE - Ancora tutta da chiarire la dinamica dell'assalto. Secondo la ricostruzione fornita dal ministero dell'Interno libico, centinaia di persone che disponevano di armi pesanti e Rpg si sono radunate davanti al consolato Usa per protestare quando la tensione è diventata incontenibile e qualcuno ha cominciato a sparare. Immediata la reazione dei marines che proteggevano l’edificio e che hanno aperto il fuoco.

Nello scontro e nelle violenze seguite a questa prima fase sono morti due marines, mentre l’ambasciatore Stevens è rimasto soffocato dai fumi dell’incendio divampato all’interno. Intorno alle 5 del mattino, mentre da Tripoli arrivava un aereo per evacuare lo staff diplomatico americano, le forze libiche sono riuscite a trasferire il personale in un luogo giudicato più sicuro; ma i manifestanti libici sono riusciti comunque a individuarlo e lo hanno assaltato, uccidendo altri due funzionari e ferendo altre 14 persone.

CLINTON - Il mondo "ha bisogno di altri Chris Stevens". Lo ha detto il segretario di stato americano, Hillary Clinton, durante una conferenza stampa in cui ha definito "insensato" l’assalto al consolato degli Stati Uniti a Bengasi, nell’est della Libia, costato la vita all’ambasciatore. "Ho parlato con sua sorella", ha aggiunto Clinton, "le ho detto che sarà ricordato come un eroe da molte nazioni". Il segretario di Stato americano ha ricordato che Stevens "ha iniziato a costruire le nostre relazioni con i rivoluzionari libici" e "ha rischiato la sua vita per cercare di fermare un tiranno" come Muammar Gheddafi. L’attentato, ha chiarito, è stato compiuto da un "gruppo selvaggio ma ristretto, non dal popolo o dal governo della Libia".

INNALZATA LA SICUREZZA - Obama ha ordinato all’amministrazione Usa di fornire tutte le necessarie misure di sicurezza per il personale americano in Libia e di aumentare la protezione delle missioni diplomatiche in tutto il mondo. Il sottosegretario libico agli Interni, Walis al-Sharif, ha dichiarato che le autorità libiche hanno rafforzato le misure di sicurezza nei pressi dei consolati occidentali a Bengasi.

LA CONDANNA DI TRIPOLI - La Libia ha presentato le sue scuse agli Stati Uniti per quanto avvenuto. L’attacco al consolato Usa di Bengasi è "contrario agli insegnamenti dell’Islam" - ha detto presidente dell’Assemblea nazionale, Mohamed el-Megarie - e Tripoli farà tutto il necessario per punire i responsabili. Condanna unanime è giunta da tutti i Paesi occidentali, compresa l'Italia.

Nel frattempo, è passata quasi inosservata l'elezione, da parte del Congresso nazionale libico, di Mustafa Abu Shagur a nuovo premier.

PROTESTE ANALOGHE IN EGITTO - I manifestanti protestavano contro lo stesso film denunciato da migliaia di egiziani, in maggioranza salafiti, scesi in pazza martedì (nel giorno dell’anniversario degli attacchi dell’11 settembre agli Usa), davanti all’ambasciata Usa del Cairo, manifestanti che hanno rimosso la bandiera americana per sostituirla con un’insegna islamica.

Il film, intitolato 'L'innocenza dei musulmani', sarebbe stato prodotto da alcuni copti residenti negli Stati Uniti. A relaizzarlo è stato uno statunitense-israeliano, Sam Bacile, promotore immobiliare 54enne. Dopo le manifestazioni al Cairo, l’uomo si è nascosto in un luogo segreto ma, raggiunto telefonicamente, non ha ammorbidito le sue posizioni: "L’Islam è un cancro".