New York, 29 novembre 2012 - Si profila un successo diplomatico per i palestinesi oggi al Palazzo di Vetro. Quasi certamente la risoluzione che richiede il riconoscimento della Palestina come “Stato osservatore non membro” delle Nazioni Unite sarà approvata dall’Assemblea Generale, nonostante Stati Uniti e Israele abbiano tentato fino all’ultimo di dissuadere il presidente palestinese Abu Mazen a rinunciare alla sua iniziativa. Ancora ieri sera il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha avvertito che si tratta di un errore e che Washington oggi voterà “no”.

"L'Italia ha deciso di dare il proprio sostegno alla Risoluzione che attribuisce alla Palestina lo
status di Stato non membro Osservatore Permanente all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in occasione della votazione all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che avra' luogo fra qualche ora". Lo annuncia un comunicato diffuso dalla Presidenza del Consiglio. "Tale decisione - si legge nella nota - e' parte integrante dell'impegno del Governo italiano volto a rilanciare il Processo di Pace con l'obiettivo di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, che possano vivere fianco a fianco, in pace, sicurezza e mutuo riconoscimento". Monti ha telefonato a Netanyahu: «Resta forte l'amicizia con Israele». 

Ma torniamo agli Usa. “Ho già detto numerose volte che il cammino verso una soluzione a due Stati che soddisferebbe le aspirazioni dei palestinesi passa per Gerusalemme e Ramallah e non per New York”, ha detto Hillary Clinton ai giornalisti. E sempre ieri due alti funzionari americani, il vice segretario di Stato William Burns e l’inviato speciale per il Medio Oriente David Hale, hanno incontrato in un hotel di New York Abu Mazen per esporgli le preoccupazioni dell’amministrazione Obama.

“Nessuno dovrebbe illudersi che questa risoluzione produrrà i risultati che i palestinesi affermano di voler ottenere, ovvero di avere un loro Stato che coesista in pace con Israele”, ha detto anche la portavoce del Dipartimento di Stato Usa Victoria Nuland. “Siamo totalmente contrari” a questa iniziativa, ha aggiunto. Anche Germania e Canada si oppongono alla risoluzione, mentre a favore voteranno Francia, Russia, Spagna, Svizzera, Austria, Danimarca, Norvegia e Turchia. La Gran Bretagna si asterrà mentre l’Italia non ha ancora deciso. La Germania si asterrà. Lo ha detto il ministro degli Esteri Guido Westerwelle.

La preoccupazione principale per Israele e Stati Uniti è quella di vedere la Palestina entrare nella Corte penale internazionale (Cpi). Una sua ammissione non sarebbe automatica, ma dovrebbe essere approvata dall’Assemblea degli Stati Parte, vale a dire i paesi firmatari dello Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Cpi.

La Cpi, incaricata dal 2002 di giudicare i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità, è indipendente dall’Onu, ma coopera con il Palazzo di Vetro. Né Israele né gli Stati Uniti ne fanno parte, ma sui suoi criteri di giurisdizione - la corte giudica gli individui - ci sono divergenze di interpretazione.

Washington e Gerusalemme temono anche che i palestinesi possano utilizzare il loro nuovo status per cercare di entrare in altre agenzie specializzate delle Nazioni Unite, eventualità che potrebbe però avere ripercussioni sui finanziamenti delle agenzie e della stessa Autorità Palestinese. Il Congresso americano ha tagliato i finanziamenti all’Unesco (l’agenzia Onu per l’educazione, la scienza e la cultura), dopo che lo scorso anno la Palestina fu accolta a pieno titolo nel suo seno.

LA DELUSIONE DI ISRAELE - "Siamo molto delusi dalla decisione dell’Italia - uno dei migliori amici di Israele - di sostenere l’iniziativa unilaterale dei Palestinesi alle Nazioni Unite". E’ la reazione a caldo dell’ambasciatore israeliano a Roma all’annuncio del si’ italiano al riconoscimento dello status della Palestina quale Stato non membro dell’Onu.

E LA SODDISFAZIONE DELL'ANP - L’Autorita’ nazionale palestinese (Anp) è “particolarmente lieta” della decisione del governo italiano di dare il proprio sostegno alla risoluzione che attribuisce alla Palestina lo status di ‘Stato non membro osservatore’ presso l’Onu. Lo dichiara il ministero degli Esteri dell’Anp, Riad Maliki, a poche dall’inizio del voto all’Assemblea generale.

“Siamo molto contenti per la posizione dell’Italia, chiamerò il ministro Giulio Terzi per ringraziare il governo italiano”, sottolinea Maliki. Il capo della diplomazia del governo dell’Anp ribadisce quindi come la recente riunione a Roma del Comitato ministeriale congiunto italo-palestinese “sia stata un’occasione per spiegare le ragioni che ci hanno spinto per andare all’Onu”. Da quell’incontro, conclude Maliki, “siamo usciti con un’impressione molto positiva”.


TERZI NON SI SBILANCIA - Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, non ha voluto rivelare quale sarà la posizione che il governo italiano terrà sulla proposta di risoluzione presentata da Abu Mazen per aumentare la rappresentanza dell’Autorità Nazionale Palestinese a Stato osservatore non membro dell’Onu, in discussione stasera all’Assemblea generale. “Lo si vedrà al momento del voto”, ha affermato il ministro degli Esteri intervistato da Tgcom24 a margine del convegno “Le imprese lombarde e i mercati globali”, organizzato da Assolombarda e Promos a Milano.

Il titolare della Farnesina ha ricordato che le posizioni degli Stati Ue, in vista del voto, sono “differenti” e ha auspicato che “le differenze siano più contenute possibili”. “Dobbiamo fare in modo che la decisione di oggi si rifletta positivamente” sul processo di pace in Medio Oriente, ha sostenuto, perché vi è il rischio di una “possibile ripresa di tensioni” tra Israele e i territori. “Mi auguro che non vi siano dei side facts, degli effetti collaterali”, ha aggiunto.

IDV: SAREBBE GRAVISSIMO SE SI ASTENESSE - “L’Italia oggi, senza se e senza ma, deve votare sì al riconoscimento Onu dello Stato palestinese come osservatore non membro”. Lo sottolinea, in una nota, il portavoce dell Italia dei Valori, Leoluca Orlando. “Sarebbe - prosegue - un primo importantissimo passo per la risoluzione dell’annosa controversia mediorientale. Non ci si può solo fermare a condannare il terrorismo, ma bisogna favorire tutte le iniziative diplomatiche volte al raggiungimento della pace. Sarebbe gravissimo se l Italia non prendesse posizione, astenendosi come un Ponzio Pilato qualsiasi. Il voto odierno del Palazzo di Vetro è una tappa fondamentale nel processo di pace, l'Italia non può rinunciare a dare il proprio contributo”.

PD: INCOMPRENSIBILE INCERTEZZA DEL GOVERNO ITALIANO - “E’ del tutto incomprensibile l’incertezza circa l’atteggiamento del Governo italiano sulla richiesta di riconoscimento dello status di Stato osservatore avanzata dall’ANP”. A sottolinearlo è il Pd con Marina Sereni che spiega: “Le differenze di opinione all’interno dell’Unione Europea sono già un elemento negativo che sottolinea, semmai ce ne fosse bisogno, una drammatica debolezza della politica estera europea in uno scacchiere strategico per la sicurezza e la stabilità dell’intera area mediorientale. Se poi l’Italia, per un malinteso senso di amicizia nei confronti di Israele, dovesse rompere anche il fronte dei paesi del Mediterraneo facendo mancare il nostro sostegno alla richiesta dell’Anp saremmo di fronte ad un fatto grave che non potremmo condividere”.

“La politica estera italiana - aggiunge Sereni - si è sempre contraddistinta per l’equilibrio e la vicinanza nei confronti di Palestinesi e Israeliani. Chi ha a cuore l’esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele non può oggi non sostenere alle Nazioni Unite l’iniziativa politica e diplomatica del Presidente Abu Mazen, unica alternativa alla violenza e all’estremismo”.

DIETRO LA RICHIESTA C'E' LA POSSIBILITA' PER I PALESTINESI DI RIVOLGERSI AL TPI - Uno dei risultati più importanti per l’Anp se acquisterà lo status di Stato osservatore non membro dell’Onu, sarà quello di poter chiedere al Tribunale Penale Internazionale di indagare su eventuali crimini commessi dalla leadership israeliana durante il pluridecennale conflitto israelo-palestinese.

Il Tribunale Penale Internazionale, che ha sede all’Aja, può perseguire i colpevoli di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi dopo il primo luglio 2002, quando il suo trattato fondativo, lo Statuto di Roma, è entrato in vigore. Finora lo Statuto è stato ratificato da 121 Paesi, ma non da Israele, né da Usa, Cina e Russia. Davanti al Tpi possono essere perseguiti solo gli individui, e non gli Stati; e la Corte può perseguire gli individui, solo se i crimini sono stati commessi sul territorio di uno Stato contraente o da un cittadino di uno Stato firmatario.

Il Tpi non è un organo Onu e non va confuso con la Corte Internazionale di Giustizia, anch’essa con sede all’Aja. Ha però alcuni legami con le Nazioni Unite: il Consiglio di Sicurezza, per esempio, può deferire al Tpi situazioni che altrimenti non sarebbero sotto la sua giurisdizione (come avvenne l’anno scorso con la Libia). Nel caso di Israele però, un deferimento da parte del Consiglio di Sicurezza è una possibilità molto remota perché gli Usa, alleato di ferro di Israele, utilizzano spesso il potere veto in seno al Consiglio proprio a difesa dello Stato ebraico.

L’Anp ha già detto che si rivolgerà al Tpi in caso le prove forensi sulla salma di Yasser Arafat dimostreranno che il carismatico leader palestinese fu assassinato. Ma non solo.

I palestinesi riconobbero l’autorità del Tpi già nel 2009, ma lo Statuto di Roma stabilisce che possono aderire solo gli Stati; proprio per questo l’allora procuratore capo, Luis Moreno-Ocampo, nel 2011 decise di rimandare “agli organi competenti delle Nazioni Unite” la decisione se la Palestina fosse uno Stato prima di decidere se indagare su eventuali reati. In caso dovesse essere riconosciuto come ‘Stato osservatore non membro’, la Palestina dovrà prima ratificare lo Statuto di Roma o riconoscere la giurisdizione del Tribunale e poi sarà autorizzata ad avanzare denunce.