Roma, 4 aprile 2013 - Si chiama “Offshore Leaks” e sta già facendo tremare 130mila titolari di conti correnti e investimenti nei paradisi fiscali provenienti da 170 Paesi, tra cui politici, industriali, oligarchi, trafficanti d’armi e uomini della finanza internazionale. Questa Wikileaks dell’evasione ebbe inizio più di un anno fa, quando un anonimo spedì a un indirizzo australiano dischetti con due milioni e mezzo di dati riguardanti conti e depositi nei paradisi fiscali, e ora quei dati vengono pubblicati contemporaneamente dalle testate di mezzo mondo.

I dischetti furono infatti inoltrati al “Consorzio per il giornalismo investigativo” (Icij) di Washington che per 15 mesi ha messo al lavoro un team di 86 giornalisti di 38 testate e 46 Paesi diversi che hanno eseguito verifiche sui dati, riferiti a un arco di 30 anni. 

I primi risultati sono già apparsi sui quotidiani inglese Guardian, sull’americano Washington Post, sul francese Le Monde, sullo svizzero Sonntagszeitung e sulla tedesca Sueddeutsche Zeitung (SZ).
Per l’Italia il caso è stato seguito dall’Espresso che nel numero in edicola domani (venerdì 5 aprile, ndr) indicherà i nomi di 200 italiani presenti nel database.

“Non ho mai visto una cosa del genere, è stato scoperchiato un mondo segreto”, ha dichiarato alla tv canadese Cbs, Arthur Cockfield, professore di diritto ed esperto fiscale canadese. Un altro esperto lo ha definito “il colpo piu’ duro mai sferrato all’enorme buco nero dell’economia mondiale”.

L’ammontare delle somme sottratte da questa sterminata lista di evasori al fisco dei rispettivi Paesi ammonterebbe in totale a una cifra stimata tra i 21mila e i 32mila miliardi di dollari. L’IcjJ scrive che dietro questo mega-sistema di evasione si nascondeva “un’industria ben retribuita di prestanome, contabili, notai e banche”, mentre ad essere coinvolti sarebbero “molti grandi istituti bancari mondiali”, tra i quali figurerebbero la svizzera Ubs, l’altra banca svizzera Clariden, affiliata di Credit Suisse, e Deutsche Bank.
Il volume dei dati fatti emergere è 160 volte più grande di quello dei dispacci diplomatici americani pubblicati da Wikileaks nel 2011. 

Oltre 100 le compagnie “fantasma” scovate in Grecia dall’inchiesta dell’Icij. Tra le transazioni scoperte anche quelle per l’acquisto e la ristrutturazione del Christina O, effettuate tramite due società offshore, il celebre yacht di lusso della famiglia Onassis che ospitò, tra gli altri, John F. Kennedy, Marilyn Monroe, Winston Churchill e Maria Callas.

Sulla base di una inchiesta condotta da Le Monde, anche il tesoriere della campagna elettorale di Francois Hollande nel 2012, Jean-Jacques Augier, risulta nell’elenco delle persone implicate a diverso titolo in conti offshore alle Cayman. Secondo l’autorevole quotidiano transalpino, una società denominata International Bookstores Limited è stata costituita nel 2005 da diversi azionisti, fra i quali Augier, in questo paradiso fiscale dei Caraibi sotto sovranità britannica.

Augier, tesoriere della campagna elettorale di François Hollande nel 2012, ha affermato di non aver ricevuto “alcun vantaggio fiscale particolare” dalle partecipazioni della sua holding finanziaria Eurane in delle società registrate alle Isole Cayman, uno dei paradisi fiscali del pianeta.
“Queste due partecipazioni non hanno comportato alcun vantaggio fiscale particolare né in Francia, nè altrove”, afferma un comunicato di Eurane nel quale l’uomo d’affari precisa anche di non avere “nessun asset, conto o partecipazione a titolo personale all’esterno del territorio francese”.

Secondo l’inchiesta dell’ ‘Espresso’, come detto, avrebbero un ruolo anche duecento cittadini italiani.
Dai primi documenti esaminati ad esempio emerge il nome del commercialista Gaetano Terrin: nel settembre ‘97 è stato nominato “protector”, ossia custode, del Claudius Trust, creato nelle Cook Islands dall’avvocato americano Adrian A. Alexander e rimasto in attività fino al 2006. Terrin oggi siede nel collegio sindacale delle Generali ma all’epoca lavorava nello studio di Giulio Tremonti, di cui si definiva “stretto collaboratore”. E i file indicano come recapito proprio lo studio Tremonti di Milano. Ma Terrin spiega: “Ho accettato quell’incarico per amicizia, lo studio Tremonti non c’entra”.
 

Nelle British Virgin Islands invece si trova un’altra società che ha come beneficiario Fabio Ghioni, già collaboratore della security Telecom condannato per spionaggio illegale. Agli atti c’è la sua qualifica, il numero del suo passaporto, ma Ghioni dichiara a “l’Espresso” di non saperne nulla. L’offshore, aperta sei mesi prima del suo arresto, risulta attiva almeno fino al 2009.

Un altro Trustee indica come amministratori due vip della piazza finanziaria milanese: i fratelli Oreste e Carlo Severgnini, commercialisti, professionisti che hanno avuto incarichi nei più importanti gruppi italiani e in passato anche consiglieri di Stefano Ricucci. A loro fanno riferimento pure altre due entità domiciliate nei paradisi fiscali. Invece Silvana Inzadi in Carimati di Carimate risulta avere dato vita nel 2002 a una complessa struttura di trust nelle Cook Islands che intreccia tre famiglie in una sorta di dynasty finanziaria. In prima fila, la stirpe dei Pederzani, titolari della gioielleria meneghina di via Montenapoleone, storici fornitori di ricche casate.

Sono Claudio Pederzani, suo figlio Alberto jr e suo fratello Alberto sr. A questi si aggiunge Maria Cristina Agusta: figlia di Mario, fratello di Corrado e Domenico Agusta, esponenti della dinastia degli elicotteri, moglie divorziata di Claudio Pederzani e madre di Alberto jr.

Il secondo gruppo allinea i due discendenti diretti di Silvana Inzadi, Enrico e Daria Carimati di Carimate, nonché Ascanio, figlio di Enrico e Cristina Agusta, al suo secondo matrimonio.
Segue il terzo nucleo: Daria, sposata con Pierre Luigi Camurati, i loro figli Nicolò e Cristiana, l’anno scorso convolata a seconde nozze con Aristide Merloni, uno dei figli di Vittorio Merloni. Con sorpresa, tra i beneficiari sono riportati anche tre enti caritatevoli: Unione italiana ciechi; Lila ossia Lega italiana per la lotta contro l’Aids e il Centro per il bambino maltrattato. I responsabili negano di sapere nulla del trust. E secondo fonti de “l’Espresso” averli indicati potrebbe essere solo un escamotage per evitare controlli della magistratura. Ma anche gran parte dei beneficiari della struttura offshore sostengono di non avere mai avuto a che fare con le società costituite nell’atollo polinesiano.