New York, 30 agosto 2013 - "Un alto esponente del regime siriano ha confermato che armi chimiche sono state usate dal regime di Damasco". Lo ha detto il segretario di Stato americano John Kerry spiegando che una sua comunicazione è stata intercettata dall’intelligence Usa. Kerry ha denunciato che l’attacco lealista con missili al gas nervino del 21 agosto scorso alla periferia est di Damasco ha provocato la morte di almeno 1.429 persone, tra cui come minimo 426 bambini. Il segretario di Stato americano ha citato la stima fatta dall’intelligence Usa sulla base delle informazioni raccolte. Si tratta di un numero di vittime persino superiore a quello indicato da ribelli e forze di opposizione, che avevano parlato di oltre 1.300 persone uccise. Kerry ha definito Assad "un delinquente e un assassino".

LE MOSSE  - "Non vogliamo ripetere l’esperienza dell’Iraq", ha sottolineato Kerry, aggiungendo che gli Stati Uniti agiranno secondo i propri tempi, in corrispondenza degli interessi americani. E’ in gioco la credibilità e la sicurezza degli Stati Uniti - ha continuato - evidenziando che i futuri sviluppi non riguardano solo la Siria, ma anche l’Iran e suoi alleati Hezbollah. "Non ci saranno truppe sul terreno, sarà un intervento limitato nel tempo", ha spiegato Kerry.

OBAMA - L’attacco del regime di Assad con armi chimiche “una sfida al mondo” e costituisce una “minaccia” agli interessi nazionali Usa e agli alleati americani come Israele e Giordania. Lo ha detto il presidente Usa Barack Obama. “Non ho ancora preso una decisione finale” sulla risposta all’uso di armi chimiche da parte della Siria. Il presidente Barack Obama ha detto che sta valutando “una azione limitata e non a tempo indeterminato in Siria”.  Obama denuncia l’impotenza dimostrata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu e osserva che preferirebbe che la comunità internazionale facesse passi avanti sulla crisi siriana.

SIRIA - Il ministro degli Esteri siriano ha respinto le accuse di uso di armi chimiche avanzate dal segretario di stato americano John Kerry. “Quelle che ha detto sono bugie”, ha dichiarato, un “disperato tentativo” di giustificare una “potenziale aggressione”.

ONU - Potrebbe richiedere fino a settimane il completamento delle debite analisi di laboratorio sui campioni e sugli altri elementi di prova raccolti dagli ispettori delle Nazioni Unite in Siria, e relativi al presunto attacco lealista con armi chimiche del 21 agosto scorso alla periferia di Damasco, costato secondo i ribelli diverse centinaia di morti, oltre 1.400 a detta dell’intelligence Usa. A precisarlo, stando a fonti diplomatiche riservate, e’ stato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nel corso dell’incontro avuto oggi al Palzzo di Vetro con i rappresentanti dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina. In precedenza il portavoce di Ban, Martin Nesirky, aveva ammonito che soltanto una volta conclusi gli esami tecnico-scientifici gli ispettori procederanno alla redazione di un rapporto “completo”, esclusa dunque qualsiasi relazione preliminare; e che soltanto dopo un’attenta valutazione di tale documento saranno tratte le valutazioni del caso.

LONDRA - “Non succederà”. Non ci sarà un coinvolgimento militare britannico in Siria. Lo ha detto a chiare lettere oggi il primo ministro David Cameron, dopo la dura sconfitta subita ieri in parlamento. Nella prima intervista dopo il voto in aula, il premier ha sottolineato: “Il parlamento ha parlato e va ascoltato”. Un punto che ha detto di essere sicuro “gli americani e il presidente Obama capiranno”. Londra continuerà “a lavorare per fare pressione su Assad”.

Cameron ha detto di non aver ancora parlato con il presidente degli Stati Uniti dal voto in parlamento ieri sera e alla domanda se crede che questo episodio peserà sulla special relationship con Washington, ha risposto: “Non credo che sia una questione di scusarsi” ma “la politica è difficile”. “Io volevo fare tre cose: condannare con forza e rispondere adeguatamente ad un crimine di guerra in Siria. Lavorare con il nostro maggiore alleato che aveva chiesto il nostro aiuto. Agire in maniera democratica consultando opportunamente il parlamento”, ha spiegato ancora il premier britannico. “Ciò voleva dire proporre questo con determinazione ma poi ascoltare il parlamento. Credo che gli americani e il presidente Obama lo capiranno”.

HOLLANDE: "PRONTI ANCHE SENZA GB" - Invece la Francia è pronta a schierarsi a fianco degli Usa, per partecipare ad un'eventuale azione armata contro il regime siriano anche senza la Gran Bretagna. Lo ha affermato il presidente Francois Hollande, precisando tuttavia che la Francia non si muoverà senza un'adeguata base giuridica che giustifichi l'intervento. Hollande ha ribadito che il crimine commesso dal regime non può restare impunito. ll capo dello Stato non ha inoltre escluso degli attacchi aerei prima di mercoledì, giorno della riunione del Parlamento transalpino per un dibattito sulla Siria. "Una serie di indizi punta nel senso della resposabilta del regime di Damasco", ha affermato, riferendosi al presunto attacco con le armi chimiche che ha provocato centinaia di morti il 21 agosto alla periferia della capitale siriana.

L'ITALIA - Nel caso di un intervento militare in Siria “si rischia una deflagrazione mondiale”: è l’avvertimento lanciato dal ministro degli Esteri, Emma Bonino, in un collegamento con Sky Tg24. “La Siria reagirà e dobbiamo temere come possano reagire Hezbollah, Russia e Iran”, ha osservato, “insomma, da un conflitto drammatico e terribile corriamo il rischio di una deflagrazione addirittura mondiale”. “Si parla di attacchi mirati, ma è chiaro che tutti cominciano come attacchi mirati e senza un mandato dell’Onu”, ha osservato la titolare della Farnesina ammonendo che, a differenza di quanto accadde con la Serbia nel 1999 dopo i bombardamenti per il Kosovo, la risposta rischia di avere implicazioni regionali e addirittura globali.

“Anche se sembra più lento, più duro e a volte sembra non riuscire, la tenuta della pressione diplomatica e della politica è l’unica soluzione perseguibile” ha insistito Bonino. Senza un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ha aggiunto, un intervento rischia di aggiungere “nuove complicazioni e nuove lacerazioni”. “Quello che è in corso in tutta quella parte del mondo è uno scontro micidiale nell’intera famiglia musulmana e all’interno della famiglia sunnita”, ha osservato Bonino, “quindi ci troviamo di fronte a una complessità che va analizzata”, che “aggiunge allo scontro tradizionale sunniti-sciiti uno scontro micidiale all’interno della famiglia sunnita. Risultato: il tutto è una vera polveriera, a volte non è proprio saggio buttare dei fiammiferi in una polveriera”.

Sulla stessa linea il mibnistro della Difesa Mario Mauro: "Il deflagrare del conflitto siriano può costruire un incendio non solo per la regione mediorientale, ma per il mondo intero". E ancora: "Il voto del Parlamento britannico serva a tutti come monito per ricordare quanta prudenza e attenzione di debba avere in questo momento".

IL CREMLINO - Un intervento militare in Siria comporterebbe un ‘’colpo serio’’ all’ordine mondiale, fondato sul ruolo centrale dell’Onu: lo ha detto Iuri Ushakov, consigliere diplomatico del Cremlino, citato da Interfax. ‘’Azioni del genere, oltrepassando il Consiglio di sicurezza dell’Onu, ovviamente se si verificassero, attenterebbero gravemente al sistema basato sul ruolo centrale delle Nazioni unite e porterebbero un colpo serio all’ordine mondiale’’, è la posizione del Cremlino.

PROTESTE A TIME SQUARE - Centinaia di persone hanno manifestato ieri sera a Times square, a New York, contro un possibile intervento militare americano in Siria. Presenti in piazza sia sostenitori del presidente siriano Bashar al Assad sia americani contrari al coinvolgimento del Paese in una nuova guerra. “Usa, Nato non toccate la Siria”, hanno urlato. Khaldon Makhoul, 43 anni, medico siriano arrivato negli Stati Uniti 17 anni fa, ha esposto lo striscione “Siria=Iraq. Stesse bugie”. Anche Sharon Eolis, americana, ha affermato che “è la stessa cosa successa in Iraq”, quando Washington giustificò l’intervento con la presenza di armi di distruzione di massa: “Penso che gli Stati Uniti non hanno il diritto di andare in Siria”.