Roma, 10 settembre 2013 - La Siria ha accettato la proposta russa di mettere sotto il controllo internazionale il suo arsenale di armi chimiche. Non solo, il ministro degli Esteri, Walid al Muallim, ha annunciato che Damasco è anche pronta a mostrare il suo arsenale chimico e a fermarne la produzione.

Tutto questo - ha fatto sapere però il presidente russo Vladimir Putin, a patto che gli Stati Uniti rinuncino all'attacco. La nostra proposta, ha sottolineato Putin, "potrà funzionare solo se gli americani e tutti quanti sostengono gli Usa, respingeranno l’uso della forza" contro la Siria. Per l’inquilino del Cremlino la consegna delle armi chimiche siriane sarà "una buon passo avanti per una soluzione pacifica" al conflitto.

VOTO CONGRESSO USA RINVIATO - Intanto Barack Obama ha chiesto al Congresso di ritardare il voto sull’intervento militare degli Usa in Siria per dare una chance all’opzione diplomatica. Lo hanno riferito alcuni parlamentari che hanno partecipato a una colazione col presidente americano a Capitol Hill. E, dopo una telefonata con il presidente francese François Hollande e il premier britannico David Cameron, Obama si è detto d'accordo sull'apertura al Palazzo di Vetro di una discussione sulla proposta russa.

INCONTRO KERRY-LAVROV - Secondo quanto riferisce l'Associated Press, il segretario di stato americano, John Kerry, incontrerà a Ginevra giovedì il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. Il capo della diplomazia russa, inoltre, invierà all’amministrazione Usa i piani per mettere sotto controllo le armi chimiche siriane. "Ce li sta mandando. Arriveranno informalmente nel corso della giornata", ha detto Kerry in un’intervista-colloquio online su Google+ hangout, aggiungendo così "avremo l’opportunità di esaminarli". Proprio oggi Kerry aveva avvertito Mosca e Damasco che gli Stati Uniti non intendevano "aspettare a lungo" per vedere i risultati della proposta russa.

ISPEZIONI COMUNQUE - In precedenza Lavrov aveva sostenuto che il lavoro mettere le armi chimiche siriane sotto controllo internazionale ''non cancella la necessità di indagare su tutti i casi di uso di armi chimiche'', e per questo "gli ispettori dell'Onu devono tornare in Siria e adempiere pienamente al proprio mandato", e al termine del processo "presentare il loro rapporto al Consiglio di sicurezza dell'Onu che deve esaminarlo tenendo conto di tutti i fatti, comprese le testimonianze", inciso non certo casuale, ora che si stanno sommando nuovi indizi sulla possibile utilizzazione del gas sarin anche ad opera dei ribelli.

GERUSALEMME PREOCCUPATA - Il presidente israeliano Shimon Peres e il presidente della Commissione esteri della Knesset, Avigdor Lieberman, si sono detti scettici nell'attesa di maggiori informazioni su trasferimento delle armi chimiche e loro distruzione.

IRAN E CINA APPOGGIANO LA RUSSIA - Diverso invece lo stato d'animo dell’Iran, che ha accolto "con favore” l’iniziativa della Russia per mettere sotto controllo internazionale le armi chimiche della Siria. "Vogliamo che la nostra regione sia libera da armi di distruzione di massa. Questi sforzi devono essere rivolti anche verso le armi chimiche di cui dispongono i ribelli siriani", ha dichiarato la portavoce del ministero degli Affari Esteri, Marzieh Afgham. Anche la Cina ha annunciato il suo sostegno alla proposta russa.

BATTAGLIA ALL'ONU - Tutti gli occhi sono ora puntati sull'Onu. Anche se il rischio di un nuovo muro contro muro - e di un nuovo stallo - è dietro l'angolo. Dopo una mattinata di incontri informali tra le delegazioni di Usa, Regno Unito e Francia, la Russia ha chiesto una riunione di urgenza del Consiglio di sicurezza, che è stato subito convocata. Per essere poi cancellata poco dopo. A Mosca, infatti, non è andata giù la bozza messa a punto da americani, britannici e francesi, che fissa paletti temporali ben precisi entro i quali il regime di Assad dovrà agire per mettere il proprio arsenale chimico a disposizione della comunità internazionale. Il testo prevede anche l'adesione della Siria alla Convenzione internazionale che vieta l'uso di armi chimiche, la condanna dell'attacco con gas sarin del 21 agosto scorso e il ricorso alla Corte Penale Internazionale (Cpi) contro i responsabili. Infine (è questo il punto che più irrita Mosca e Pechino) il riferimento al 'Chapter 7' della Carta delle Nazioni Unite, che prevede l'uso della forza contro chi viola i dettami di una risoluzione. Il Palazzo di Vetro rischia, quindi, di essere teatro dell'ennesimo braccio di ferro, di cui è difficile prevedere l'esito.