Roma, 15 settembre 2013 - Il presidente Usa, Barack Obama, e quello iraniano, Hassan Rohani, si sono scambiati missive inerenti la situazione in Siria: lo ha rivelato Obama, sottolineando che gli iraniani comprendono che la preoccupazione statunitense riguardo un Iran potenzialmente armato con la bomba atomica è "un problema ben più grande" per gli Stati Uniti che le armi chimiche siriane. Obama ne ha parlato in un'intervista al programma dell'Abc This Week with George Stephanopoulos. "La minaccia contro Israele rappresentata da un Iran nucleare è molto più vicina ai nostri interessi più stretti", ha sottolineato. "La mia idea è che gli iraniani abbiamo capito che non debbano pensare che, poiché non abbiamo colpito la Siria, non colpiremo l'Iran".

'IO E PUTIN' - Nell'intervista, il presidente americano ha respinto la tesi del presidente russo Vladimir Putin, secondo il quale sarebbero stati i ribelli a innescare l'attacco chimico del 21 agosto alla periferia di Damasco ("Non c'è nessuno al mondo che ci crede..."), ma ha espresso apprezzamento per il ruolo diplomatico espresso dal capo del Cremlino nella crisi. "Credo ci sia stato un modo perché Putin, nonostante tutte le differenze tra me e lui, giocasse un ruolo importante. Apprezzo il fatto che si sia coinvolto, che abbia detto 'mi assumo la responsabilità di spingere il mio cliente, il regime di Assad, a un accordo sulle armi chimiche".

LINEA VINCENTE - Obama ha difeso la sua gestione della crisi e respinto le critiche di chi gli ha dato dell'ondivago. Anzi, il presidente ha rivendicato che è stata proprio la sua linea che ha portato la Siria a riconoscere di essere in possesso di armi chimiche e il suo alleato-chiave, la Russia, a fare pressione su Damasco per rinunciarvi. "Penso -ha infine chiosato- che ci sia gente qui a Washington a cui piace dare giudizi sullo stile. E così se avessimo mostrato una linea rigorosa e lineare, l'avrebbero gradita anche se fosse stata politicamente disastrosa. ".