Tirana, 3 ottobre 2013 - Sono quasi 600 i bambini albanesi che a settembre non hanno incominciato la scuola: molti di loro sono nascosti in casa dalla nascita, senza poter uscire e vedere nessuno, a causa dell’antica tradizione della ‘vendetta di sangue’. Una consuetudine del 1400, ancora rispettata nelle comunità rurali dell’Albania, prevede infatti che i familiari di una persona uccisa devono vendicarsi uccidendo a loro volta l’assassino oppure un componente della sua famiglia fino al terzo grado di parentela: un obbligo da adempiere, secondo il codice del ‘Kanun’, senza limiti di tempo.

Secondo la polizia albanese negli ultimi 14 anni sarebbero 225 le vittime delle ‘vendette di sangue’, mentre i gruppi di attivisti locali sostengono che siano migliaia. La pratica ha subito un’escalation dagli anni ‘90, dopo la caduta del comunismo in Albania, per sfiducia in una giustizia che ha sostituito l’ergastolo alla pena di morte. Secondo il ‘Comitato nazionale di riconciliazione’ albanese, ci sono più di 1300 famiglie che attualmente si ritengono obiettivo di qualche ‘vendetta di sangue’ e vivono isolate nelle loro case.