Riccardo Jannello

UN VOTO per guidare l’India che diventa una sfida all’Italia. Gli indiani si definiscono «la più grande democrazia del mondo» perché 814 milioni di persone votano per la camera bassa del parlamento, che è quella che conta. Formata da 543 membri, si nomina ogni cinque anni (la camera alta ne ha 245, ma si elegge ogni sei) e legifera con un potere che guarda l’Europa, visto che la Costituzione del 1950 ha preso molto all’ex madrepatria Gran Bretagna. Nei ventotto stati federali, nei sei territori dell’Unione e in quello della capitale Nuova Delhi, vivono più di un miliardo e 200 milioni di abitanti. Chi ha diritto di votare lo fa in quaranta giorni, secondo un calendario che manda alle urne Stato per Stato a partire da domani fino al 12 maggio; quindi il 16 maggio si provvederà allo scrutinio generale elettronico. Fin qui il dato puramente statistico, ma questa volta le elezioni indiane non sono solo un fatto loro, nel quale entravamo di sottecchi grazie alla figura carismatica di Sonia Gandhi, nata Antonia Edvige Albina Maino, da Lusiana di Vicenza, l’italiana sessantottenne vedova di Rajiv e nuora di Indira che dal 1998 guida il partito del Congresso — che esprime il primo ministro Manmohan Singh —. Ora rivestono un carattere ben più drammatico perché sono quasi un referendum per i nostri due marò.

IL LEADER della destra induista, Narendra Modi, politico spregiudicato e con molto pelo sul petto, vorrebbe riportare Latorre e Girone subito in carcere e accusa il partito della Gandhi di lassismo e di tifo patriottico italiano perché ha permesso «agli assassini di due pescatori indiani di sperare di essere rimandati a casa senza una dura condanna». Un attacco diretto, mentre i sikh che vivono in Italia hanno firmato un documento dove chiedono che i fucilieri della Marina siano giudicati a Roma e non a Nuova Delhi. Modi ha mischiato gli attacchi sulla corruzione nel Partito del Congresso a quelli sulla confusione che ha effettivamente regnato nella storia giudiziaria di Latorre e Girone, ostaggio loro malgrado di una campagna elettorale che dura da due anni. Non si spiegano altrimenti i continui rinvii, segno evidente di una palla tirata in tribuna per arrivare a dopo il voto e decidere senza avere sulle spalle il timore di una sconfitta. Modi sembra divertirsi, ma gli indiani gli credono. L’unica speranza è che, nonostante tutti i sondaggi lo diano vincitore, difficilmente arriverà alla maggioranza assoluta. E così dovrà allearsi per governare e forse in quel caso i marò torneranno una storia normale. E finalmente potremo riportarceli a casa senza timore di un voto.