IL PARADOSSO della Croce fu concepito da Paolo. Lo strumento di supplizio più abietto, che rendeva impuri e miserabili coloro che vi venivano condannati («Il cadavere appeso è maledetto da Dio», recita il Deuteronomio, e ogni pio ebreo lo sapeva bene), diventa, nella potente teologia dell’apostolo, veicolo di riconciliazione. Nelle sue lettere, Paolo non ripete né tramanda l’insegnamento terreno del Gesù storico proprio perché, dopo la risurrezione, riconosce il nuovo terreno su cui il Cristo si è avventurato: in cima e già oltre la collina che il Nazareno, quando era vivo tra gli uomini, aveva di fronte e vedeva dal basso, per dirla con Albert Schweitzer. La totale concentrazione sulla mistica della croce che Paolo impone all’alba dell’era cristiana, prima che i quattro Vangeli del Canone venissero redatti, costringerà gli evangelisti che scrivono dopo di lui a rivedere la tradizione raccolta su Gesù, modificando il modo stesso in cui narrano la Passione.


MA IL PARADOSSO della Croce è anche laico. Nel mondo antico, l’abbraccio terrificante del «legno» citato da Paolo nei Galati segnava la fine dei senza storia e dei senza patria, privi della rete di relazioni e privilegi che consentiva ai cittadini romani, ma anche ai notabili alleati di Roma, di evitare un simile supplizio. La croce era abiezione. Trasformata da Paolo in segno imperituro di perdono e di vittoria, dopo di lui la croce si è associata indissolubilmente, nella cultura dell’Occidente, all’immagine dei perseguitati.
Chi pende «dal legno» ora è, sempre, un innocente: ogni epoca, dal Medioevo in poi, ha visto in quell’incrocio di travi — cancellata la loro funzione di strumento di giustizia, di punizione di criminali — la violenza arbitraria del potere. Così oggi la bestiale brutalità di chi crocifigge in Siria compie un clamoroso atto contro se stesso, e contro la propria parte; perché il condannato al supplizio si riveste immediatamente della toga del giudice, trasforma il proprio corpo in atto d’accusa, un’accusa di fronte e contro la quale nessuna causa può sperare di ottenere né ascolto né ragione. La croce è un tabù laico, perché chi ne affronta la pena è istintivamente percepito come un giusto anche da chi non crede. Il paradosso della Croce è anche questo.

di Andrea Fontana