Kiev, 15 maggio 2014 - Vladimir Putin ha annunciato a diversi leader europei che sospenderà le forniture del gas in Europa da giugno, se l’Ucraina non paga il suo debito. A dirlo è il premier slovacco Robert Fico, al termine di un incontro con il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. Putin, ha detto Fico, ha reso noto la sua minaccia nella lettera inviata a diversi paesi Ue, tra cui anche la Slovacchia.

"In vista di tali circostanze e in conformita’ con il contratto, la società russa chiede per il gas fornito in Ucraina i pagamenti anticipati. Dopo il 1 giugno le forniture si limiteranno alle quantità pagate in anticipo dalla societa’ ucraina", ha proseguito citando passaggi della lettera del presidente russo.

L’Ue importa un quarto del gas dalla Russia, di cui la metà attraverso l’Ucraina. I paesi che potrebbero essere minacciati dalla nuova guerra del gas sono soprattutto Romania, Bulgaria, Ungheria, e parzialmente anche la Slovacchia.

ULTIMATUM DEI FILORUSSI A KIEV - Intanto in Ucraina l’armata popolare del Donbass, nell’est del Paese, ha dato un ultimatum di 24 ore alle truppe governative per ritirarsi dai posti di blocco della regione di Donetsk, minacciando di lanciare un’offensiva se la loro richiesta non verrà soddisfatta. Lo riporta l’agenzia di stampa Ria Novosti. L’ultimatum è stato annunciato all’agenzia da Sergueï Zdriliouk, un comandante dei ribelli. “Se i blindati e i blocchi stradali del potere che si autodefinisce legittimo non saranno ritirati, ho abbastanza forze e mezzi per distruggere e bruciare tutto. I gruppi di ricognizione e di sabotaggio sono pronti a intervenire, alcuni occupano già le loro posizioni”, ha detto Zdriliouk a Ria Novosti. “Hanno a disposizione 24 ore per ritirare i loro soldati e le loro forze”, ha aggiunto il comandante. Il Donbass, spiega Ria Novosti, unisce le regioni di Donetsk e Luhansk, che nel fine settimana hanno organizzato un referendum sul loro status politico. Dopo gli esiti le regioni hanno proclamato la loro indipendenza.

AKHMETOV - L’oligarca Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco dell’Ucraina che controlla l’economia delle due regioni secessioniste dell’est, boccia lo scenario autarchico dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk e pure quello di un suo ingresso in Russia, sostenendo invece l’ipotesi di una riforma costituzionale per dare piu’ potere alle regioni. Uscendo per la prima volta allo scoperto con un’ intervista alla tv di sua proprieta’, Trk, Akhmetov, disegna quattro possibili scenari e sostiene che “l’unica via giusta” e’ “modificare la costituzione e decentralizzare il governo”. “E’ quando Kiev da’ potere alle regioni. E’ quando i governi regionali non sono nominati ma eletti. Ed e’ quando le autorita’ locali sono responsabili di fronte al popolo nel presente e nel futuro”, spiega nell’ intervista, ricordando che ora “stiamo vivendo in un disastro”, “presi dalla paura”, con la “gente che sta chiudendo i negozi e gli uffici, lasciando le citta’”, “spari e gente uccisa nelle strade”.

Il magnate definisce “già esaurito” il primo scenario, quello dello status quo, con “Kiev che ha tutti i poteri, mentre le regioni si sviluppano sui resti”. Ma Akhmetov scarta anche l’ipotesi dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, consacrata dal controverso referendum e cuore del russofono Donbass, che vive soprattutto di carbone, acciaio, industria chimica e pesante: “nessuno nel mondo la riconoscerà”, “ci troveremo di fronte a pesanti sanzioni e non saremo in grado di vendere o produrre”, la conseguenza saranno “disoccupazione e poverta’”. L’oligarca esclude anche l’adesione a Mosca: “credo profondamente che non ne abbiano bisogno ne’ la Russia ne’ il Donbass. E che ne’ la Russia ne’ il Donbass ne beneficeranno”, sostiene, ammonendo sul rischio di “pesanti sanzioni” che produrrebbero una crisi dell’economia locale. “L’unica via giusta”, a suo avviso, resta quindi la riforma della costituzione per dare più poteri alle regioni.