Buenos Aires, 17 giugno 2014 - L’Argentina non può rispettare la decisione della Corte suprema Usa, che ha respinto ieri il ricorso di Buenos Aires che chiedeva di poter non pagare oltre 1,3 miliardi di dollari agli hedge fund che detengono bond del Paese sudamericano finito in default nel 2001. Lo ha detto la presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner in un discorso alla nazione trasmesso dalla tv. La leader argentina ha espresso la volontà di negoziare, ma ha sottolineato che il suo Paese non può iniziare a pagare tutto in contanti fra due settimane, come richiesto dalla Corte Usa. “Quello che non posso fare in quanto presidente - ha affermato - è sottomettere il Paese a una simile estorsione”. La Corte Usa ha ordinato all’Argentina di pagare oltre 907 milioni di dollari ai querelanti prima del 30 giugno, altrimenti il Paese perderà la capacità di usare il sistema finanziario statunitense per pagare la stessa somma ai detentori di altri bond argentini. Questo potrebbe comportare un default sulla maggior parte del debito ristrutturato del Paese.

Esperti, ha detto Fernandez, stanno lavorando per evitare un simile scenario e per assicurare che l’Argentina rispetti gli impegni nei confronti dei detentori di bond. Ma, ha sottolineato, il governo non farà i pagamenti agli hedge fund guidati da NML Capital e ad altri investitori, che la leader argentina ha definito “fondi avvoltoi”. “È il nostro obbligo - ha dichiarato - prendersi la responsabilità di pagare i nostri creditori, ma non di diventare vittime di estorsione da parte di speculatori”. Il governo di Buenos Aires, ha sottolineato Fernandez, ha più volte dimostrato la sua prontezza e capacità di negoziare accordi sul debito. “Era risaputo che sarebbe successo”, ha aggiunto in riferimento alla decisione della Corte suprema Usa, chiedendo ai cittadini di “rimanere tranquilli”. Alcuni hedge fund, guidati da NML Capital del miliardario Paul Singer, avevano acquistato parte dei titoli non pagati a seguito della bancarotta, rifiutandosi di accettare uno swap con bond di valore inferiore. Ad incassare le perdite per il default fu il 92% degli obbligazionisti che detenevano i cosiddetti ‘Tango bond’.

L’Argentina ha fatto ricorso alla Corte dopo che gli altri gradi di giudizio avevano stabilito che il governo dovesse corrispondere il valore pieno delle obbligazioni. Buenos Aires ha sostenuto invece che il pagamento pieno potrebbe destabilizzare l’economia globale rendendo la procedure di ristrutturazione del debito del Paese molto più difficili, fino al rischio di una nuova bancarotta. Secondo gli avvocati del governo la completa corresponsione dei bond ridurrebbe della metà le riserve dell’Argentina. I gradi di giudizio inferiori avevano stabilito che le colpe del mancato pagamento sono da imputare alla gestione delle finanze pubbliche dei governi argentini e che il Paese sudamericano è un trasgressore ‘seriale’ delle sentenze dei tribunali Usa.