Roma, 28 giugno 2014 - Intensi scontri sono in corso stamani in varie regioni irachene tra i miliziani qaedisti dell'Isil (Stato islamico dell'Iraq e del Levante) e loro alleati insorti sunniti. Gli jihadisti dell'Isil si stanno avvicinando sempre di più a Baghdad, e le forze governative irachene appoggiate da milizie ausiliarie sciite stanno soffrendo non poco. Lo riferiscono media locali, le tv panarabe e la Cnn. Secondo i diversi resoconti, combattimenti proseguono a nord-est, a ovest e a sud della capitale. Almeno venti membri delle forze di sicurezza irachene sono state uccise a sud-ovest di Baghdad. Media locali avevano riferito in precedenza che miliziani qaedisti e i loro alleati sunniti si stavano avvicinando sempre di più alla capitale: 20 morti tra i governativi, tra cui 9 soldati e 11 poliziotti, e 22 feriti. Gli scontri, nelle province di Babilonia e Al-Anbar, circa 80 km a sud di Baghdad, avrebbero provocato anche 53 morti e 40 feriti tra gli insorti, secondo la stessa fonte, mentre a a Jurf Sakhar, 50 km a sud di Baghdad e ad appena 20 dalla città santa di Karbala, dove risiede il Grande Ayatollah Ali Sistani, principale autorità religiosa irachena e dell'intero Medio Oriente sciita, il bilancio parla di 7 soldati uccisi e 29 feriti .

CAPITALE VICINA -  La tv panaraba al Arabiya riferisce anche di scontri tra qaedisti e forze governative a Bani Saad, appena 25 km a nord-est dalla periferia di Baghdad e dal sobborgo Città di Sadr, la roccaforte delle milizie del leader radicale sciita Moqtada Sadr.  Si combatte inoltre, secondo la tv governativa irachena al Iraqiya, anche attorno a Tikrit, città natale di Saddam Hussein a nord di Baghdad. Secondo le fonti, i miliziani dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (che vogliono unifidcare sud Siria e nord Iraq in unico califfato sunnita) tentano di resistere ma con difficoltà. L'artiglieria e l'aviazione di Baghdad hanno inoltre ripreso a bombardare - secondo fonti mediche locali - alcune zone di Falluja, centro a ovest della capitale da gennaio controllata dall'Isil e da insorti locali ostili al governo centrale.

SANGUE A TELL AFAR - Miliziani qaedisti hanno rapito più di 40 civili, turcomanni sciiti, nel nord dell'Iraq, distrutto almeno quattro luoghi di culto sciiti e saccheggiato abitazioni e cascine nella regione settentrionale di Mosul. Lo denuncia oggi Human Rights Watch (Hrw), organizzazione internazionale basata a New York. In un rapporto che fa il punto sugli attacchi dell'Isis contro sciiti e minoranze etniche e confessionali dell'Iraq settentrionale. Hrw precisa che le località colpite dalla furia qaedista sono state tra il 23 e il 25 giugno scorsi Shirikhan e Guba. E prove di massacri compiuti dall'Isil arrivano anche da Bashir e altri villaggi della provincia di Kuz Khurmatu abitati in prevalenza da turcomanni (sunniti e sciiti). Le fonti affermano che a esser stati barbaramente uccisi sono stati solo i turcomanni sciiti. Le informazioni non possono essere verificate in maniera indipendente sul terreno. Fonti locali affermano che numerose donne sono state violentate e che molti corpi sono stati rinvenuti senza testa.

IL CASO KIRKUK - Oasi di relativa pace invece nella città petrolifera di Kirkukdove per  la prima volta le forze curde controllano completamente la città sostituendo l'ordinaria polizia congiunta formata da arabi,
curdi e turcomanni. I peshmerga, leggendari combattenti curdi, nei giorni scorsi sono stati passati in rassegna dal presidente della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, Massoud Barzani, e continuano a impedire uno sfondamento dell'Isis anche in questo settore dell'Iraq già soggetto a una concreta autonomia di fatto. Oggi Barzani ha proposto l'organizzazione di un referendum per consentire alla provincia di Kirkuk, contesa tra le autorità di Erbil e quelle di Baghdad, di decidere se rimanere sotto la giurisdizione del governo centrale. In un comunicato diffuso alla stampa, Barzani ha anche affermato che "la presenza delle forze peshmerga in città non significa che i curdi vogliano imporsi con la forza". "Le forze peshmerga sono presenti a Kirkuk dal 2003 per proteggere la città in collaborazione con l'esercito iracheno", ha ricordato il leader curdo, sottolineando come le forze militari curde siano entrate a Kirkuk "per proteggere i confini del Kurdistan e i residenti locali" dall'avanzata dell'Isis.

ARMI DAGLI USA - Intanto gli Stati Uniti accelerano le spedizioni di 800 missili Hellfire in Iraq per aiutare il governo di Baghdad a sconfiggere la minaccia rappresentata dai militanti sunniti.  Il programma di spedizioni prevede un primo invio da 200 missili nelle prossime settimane e i restanti 600 entro la fine di luglio, come confermato dal portavoce del Pentagono, John Kirby. I nuovi piani di spedizione darebbero un notevole impulso alle scorte missilistiche irachene che quest'anno sono già state rifornite dagli Stati Uniti con 300 missili Hellfire. Il governo iracheno si trova a fronteggiare la minaccia dei militanti che puntano a prendere Baghdad. Secondo quanto detto da Kirby oltre a nuovi rifornimenti missilistici c'è stata la richiesta da parte del governo di Nouri al Maliki di altre munizioni tra cui granate, armi leggere e razzi.

'CONTAGIO' GIORDANO? - Preoccupa la situazione anche in Giordania, dove, malgrado le froniere chiuse, il contagio dell'Isil è ormai più di una eventualità remota. A preoccupare Re Abdallah due manifestazioni che si sono tenute nei giorni scorsi a Maan, 250 chilometri a sud della capitale, dove per la prima volta sono apparse le bandiere nere dell'Isil. Secondo il Washington Post, i miliziani islamici stanno facendo proseliti nel regno hashemita. Alle proteste di Maan hanno partecipato decine di giovani, alcuni a volto coperto, che hanno gridato slogan contro il re ed esposto striscioni inneggianti alla jihad. La città è una tra le più povere del Paese, con un tasso di disoccupazione altissimo, soprattutto tra i giovani, e potrebbe trasformarsi in un terreno fertile per l'estremismo islamico.Le autorità giordane hanno blindato i 200 chilometri di confine con l'Iraq, posto in stato di allerta la polizia di frontiera e schierato carri armati e mezzi militari. Ma più che un'invasione dell'Isil, Amman teme che il movimento islamista stia creando una propria cellula nel Paese, una preoccupazione confermata da fonti di intelligence e dagli stessi manifestanti: "Non rispetteremo più il governo e stiamo cercando un'alternativa che ci assicuri i nostri diritti, l'alternativa è lo Stato islamico", ha annunciato uno dei dimostranti, Mohammed Kreishan.

RUSSIA VIGILE - Mosca osserva e parla. Sull'Iraq "la Russia non rimarrà con le mani in mano di fronte ai tentativi dei gruppi di diffondere il terrorismo nel Paese e nella regione", assicura il viceministro degli esteri russo Sergei Ryabkov dopo un incontro con le autorità siriane a Damasco. E dal canto suo il viceministro siriano Faisal Moqdad, equiparando i jihadisti iracheni ai "terroristi" siriani, criticano gli Usa per il sostegno ai ribelli anti-Assad: "Quelli che distinguono il terrorismo moderato da quello non moderato- secondo Ryabkov , semplicemente si illudono".