FRA TUTTE le cerimonie che si autoinfligge l’essere umano, il matrimonio è quella a più alto rischio d’immagine, sospeso com’è fra tentazioni trash, horror e ridicolo allo stato puro. Si sono visti sposi vestiti da Batman e Wonder Woman. Dicono sia finita all’altare persino una sposa cadavere, perfetta per il trasferimento nella tomba dell’amore. C’è chi ha detto di sì sospeso con una corda sott’acqua e il prete in tenuta da sub, chi ha preteso lo stile Rossella O’Hara, chi è arrivato come Cenerentola in carrozza e chi si è fatto consegnare gli anelli dal cane. Poi ci sono quelli che semplicemente interpretano se stessi e allora la cosa rischia davvero di sfuggire di mano. Il rito con molti preamboli che ieri tra Parigi a Firenze ha unito per sempre Kim Kardashian e Kanye West è stato definito il matrimonio dell’anno. Chi non sapeva e non l’ha vissuto con il pathos tributato a Valeria Marini deve sentirsi in colpa o almeno tagliato fuori dalla scintillante contemporaneità. Basterebbero le biografie a fare spettacolo. Il Rapper e la bella. Inquadrata con cinismo come ereditiera, attrice, ma anche stilista, scrittrice e soprattutto regina degli eccessi, Kim è in fondo una tappetta che non arriva al metro e 60, ha due mariti alle spalle e una figlia piccina avuta da West sadicamente chiamata North, per cui fate voi.


IL PUNTO però non è questo. Il punto è entrare nel mistero che ci spinge a partecipare allo show, assatanati e pronti a tutto. Come se in quell’albergo, in quella fortezza ci fossero i Beatles rianimati e riuniti, Albert Einstein con una nuova straordinaria pensata o al limite la cara Marilyn, una delle poche a giustificare le folle in delirio per il solo fatto di esistere. I predatori di matrimoni sono spinti dalla stessa brama che fa sfogliare certe riviste fondate proprio sulla celebrazione e il tracollo degli amori, sulle cellulite e i tatuaggi. Non c’è nulla da imparare, niente che renda migliori o più allegri. O forse sì. Nel veramente eccessivo
e veramente squallido, nella vanità delle forme che cambiano, troviamo la consolazione di essere salvi. E una si tira su perché non metterebbe mai quelle scarpe, un’altra rivaluta il marito calvo che a differenza del bonazzo patinato non lo vuole nessuna. Continuiamo a essere esclusi, ai margini. Ma finalmente è una cosa buona.

di Viviana Ponchia