Roma, 27 agosto 2013 – Alla luce del nuovo "allarme" aviaria, che nei giorni scorsi ha già portato all'abbattimento oltre 230.000 tra polli, tacchini e altre specie avicole nel nostro Paese, l'Enpa sottolinea con forza la responsabilità ormai accertata degli allevamenti intensivi quali causa e fonte primaria di diffusione del virus.

Quando migliaia di animali sono vaccinati, sottoposti a trattamenti con sulfamidici ed altri farmaci che si rendono necessari proprio per la modalità di allevamento che prevede che gli animali siano ammassati in poche decine di metri quadrati, è inevitabile - spiega la Protezione Animali – che il virus si manifesti e che vi sia una rapida diffusione della patologia in modo pressoché istantaneo da un esemplare all'altro.

Secondo l'Enpa, e come confermano numerose ricerche scientifiche, gli allevamenti, oltre ad obbligare gli animali a vivere in condizioni innaturali e di grave deprivazione, agirebbero come fattore di moltiplicazione del rischio virologico. Con una ulteriore aggravante. L'Italia, infatti, è sotto procedura d'infrazione europea per non avere ancora adempiuto alla direttive europea relativa alle galline ovaiole.

<Una direttiva che - osserva Ilaria Ferri, direttore scientifico dell'Enpa - è stata voluta dall'Unione Europea non solo per migliorare le condizioni di vita degli animali costretti ad essere sfruttati dall'uomo, ma anche con l'obiettivo di prevenire possibili emergenze in ambito igienico- sanitario>. <Com'è logico che sia, siamo estremamente preoccupati per questa nuova crisi legata all'aviaria e per l'abbattimento preventivo di migliaia di uccelli - prosegue Ferri -. Queste creature sono vittima due volte della follia umana e massacrate per scongiurare un pericolo creato dall'uomo stesso con l'industria dell'allevamento. Sono metodi inaccettabili che ci obbligano e richiamano necessariamente ad una seria riflessione non solo etica, ma anche economica>.

L'unico modo per garantire un trattamento realmente etico agli animali ed evitare il ripresentarsi di allarmi ed emergenze, è quello di chiudere una volta per tutte con il consumo di carne, abbracciando la dieta vegetariana e vegana. Nel frattempo, per evitare il diffondersi del virus, andrebbe fermata anche la caccia, un'attività a rischio, che, con l'uccisione degli animali e con l'utilizzo dei richiami vivi da allevamento, potrebbe avere un ruolo importante nel propagarsi dell'influenza aviaria.
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