Roma, 8 ottobre 2013 - L'accusa è pesante: a Lampedusa gli immigrati mangiano i cani. Un abitante dell'isola lo racconta in un video di You Reporter (su You Tube) che raccoglie la stanchezza e la rabbia dei lampedusani. Non è tutto rosa e fiori, non c'è solo generosità e accoglienza da parte di questa gente. Adesso c'è stanchezza, dolore, preoccupazione.

Non odio nei confronti di quanti si affacciano al nostro mondo per chiedere un pezzetto di posto, ma risentimento verso il resto d'Italia e il governo in particolare, che lascia che a vedersela siano sempre loro, gli isolani.

Dopo la tragedia dell'altra notte, i migranti assediano ogni centimetro dell'isola. E i residenti non hanno più forza. Tanto che una donna, interpellata, lo dice esplicitamente: <Se volete, se Roma vuole, che lasciamo l'isola agli immigrati, basta dirlo. Ci rimborsano e ce ne andiamo>.

Il problema non è l'accoglienza, che non è mai mancata, il problema sono le non decisioni che vengono dal governo italiano. Perché, adesso, non trasferire e distribuire i migranti nelle varie regioni in attesa che si concludano le pratiche di legge? Perché non supportare con l'efficienza, il grande cuore dei residenti di Lampedusa? Invece no.

Tutti a bivaccare sull'isola, a cercare di entrare nelle case - non tutti ma qualcuno ci prova a rubare - dando un senso di abbandono e preoccupazione che non fa bene a chi lì ci vive e ci lavora. E poi, anche i cani. Un testimone l'ha raccontato chiaramente: due cagnolini catturati, scuoiati e mangiati arrosto.

Eppure il cibo a Lampedusa non manca, e non è la fame a spingere a questi orribili gesti, in spregio di qualsiasi etica. E' stato l'ultimo anello di una catena che porta i lampedusani a sentirsi negletti e rifiutati. <Siamo anche noi Italia>, ricordano gli abitanti. E vorrebbero rispetto coniugato con la solidarietà per il dramma dei migranti.

La colpa non è loro, ripetono, ma di chi da Roma dimentica di gestire il "dopo", quello che si consuma quando le luci delle telecamere si sono spente. La convivenza forzata e difficile, gli atti di violenza e prevaricazione, gli sfregi al nostro sentire che portano anche ad uccidere e mangiare i cani. Non è agli immigrati che ci si deve rivolgere ma a quanti devono razionalizzare queste tragedie perché non si consumino soltanto sulle spalle degli isolani. E gli animali non possono esserne le vittime finali.
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