{{IMG_SX}}Berlino, 10 maggio 2008 - A parte il cappello a falde flosce e la camicia di lino, il personaggio cinematografico di Indiana Jones creato fa Steven Spielberg non ha nulla in comune con l'originale a cui si è ispirato, l'americano Hiram Bingham, scopritore del Machu Picchu e trafugatore in grande stile dei reperti archeologici rinvenuti.

Lo rivela in un lungo servizio di quattro pagine il settimanale 'Der Spiegel': sulla figura di Bingham, definito "una nullità sul piano scientifico", c'è amche molto materiale documentario, che è già nel palinsesto della rete televisiva pubblica Ard per la sera del 18 maggio, lo stesso giorno in cui al Festival di Cannes Spielberg presenterà in prima mondiale l'ultima avventura del suo famosissimo personaggio, "Indiana Jones e l'impero del teschio di cristallo".

Hiram Bingham, che aveva sposato l'ereditiera miliardaria della famiglia Tiffany, era figlio di un missionario ed era nato nel 1875 a Honolulu, nelle isole Hawaii. Dopo aver studiato teologia, aveva esercitato per un certo tempo la professione di pastore protestante, prima di lavorare come chimico presso la 'American Sugar Company', poi abbandonata per tornare sui banchi universitari, a Yale, a studiare storia.

Assetato d'avventura, ma consapevole che i siti archeologici più famosi al mondo, da Babilonia a Tebe, pullulavano di equipe di rinomati archeologi, Bingham aveva allora rivolto la propria attenzione alla civiltà Inca e nel 1911 era riuscito ad arrivare per primo sul Machu Picchu, la mitica residenza invernale dei re Inca, situata a 2500 metri di altezza sulla cordigliera andina del Perù. E così annotava nel diario: "Machu Picchu è sconosciuto e fornirà una buona storia".

Senza rendersi mai conto dell'importanza della sua casuale scoperta, nel suo bestseller del 1948, dal titolo "Lost City of the Incas", la città perduta degli Inca, rimpolpò il resoconto di viaggio con descrizioni non troppo verosimili della vita degli Inca.

Prima di tornare a casa, però Bingham aveva razziato tutto quello che gli era capitato tra le mani, portando via con un sotterfugio oltre 5mila reperti archeologici, tuttora conservati presso lo 'Yale Peabody Museum', nei pressi di Boston. Nel corso di due scavi condotti in maniera piuttosto predatoria, Bingham aveva aperto 130 tombe, asportando tra l'altro argenteria, 550 reperti di ceramica, scheletri e mummie.

Nel contratto stipulato con le autorità peruviane, l'Indiana Jones reale aveva promesso di restituire nel giro di un anno tutto il materiale portato negli Stati Uniti a fini di studio, ma da allora il governo di Lima attende ancora la restituzione dei preziosi reperti. E le avventure di Bingham non erano terminate: aviatore di caccia nella Grande Guerra, riuscì ad atterrare con un dirigibile Zeppelin sul prato antistante la Casa Bianca, nel 1924 ricoprì la carica di governatore del Connecticut, abbandonata pochi mesi dopo per entrare nel Senato degli Stati Uniti.

Oltre alla storia di Indiana Jones, il settimanale di Amburgo ha anche smontato quella del teschio di cristallo che Spielberg narra nel suo nuovo film. Di teschi del genere, in cristallo naturale, ne sono infatti in circolazione una ventina, compreso il più famoso di essi, che il Britisch Museum ottenne nel 1897 dall'archeologo capo alla corte del Messico, mentre quello più grande al mondo, del peso di 14 chili, è conservato nella 'Smithonian Institution' a Washington.

Si tratta in ogni caso di clamorosi falsi, come ha confermato allo 'Spiegel' Jane Walsh, la maggiore autorità in materia. "L'intera collezione dei teschi di cristallo è un'invenzione del XIX secolo", ha affermato la studiosa, mentre l'ufficio stampa della casa cinematografica che ha prodotto il nuovo film di Spielberg ha già fatto circolare la leggenda che il teschio di cui si parla nella pellicola potrebbe provenire da Atlantide.

Su questi teschi fasulli esiste un'intera letteratura, che in alcuni casi ne attribuisce la produzione ad esseri extraterrestri, mentre altri ne farebbero risalire l'origine addirittura a più di 100mila anni fa. Lo 'Spiegel' scrive che nel quarto film della saga di Indiana Jones, ambientato nel 1957 in piena Guerra Fredda e girato alle Hawaii in un hangar dismesso per missili, oltrechè nel deserto del Nuovo Mexico, il protagonista per riuscire ad impossessarsi del teschio di cristallo "deve vedersela con russi carogna e indios balbettanti, i cui templi ricoperti da tele di ragno assomigliano alle costruzioni di Lego".

Nella stroncatura anticipata della pellicola, il settimanale di Amburgo non si priva del piacere di fornire qualche consiglio sarcastico a Spielberg, suggerendogli di ambientare le future avventure di Indiana Jones alla ricerca della 'Bernsteinzimmer', la camera d'ambra sparita negli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale e ricostruita perfettamente nel 2003 a Zarskoje Selo, nei pressi di San Pietroburgo. In alternativa, suggerisce ancora lo 'Spiegel', potrà sempre cercare il 'Vaso di Pandorà o la fonte dell'eterna giovinezza.