{{IMG_SX}}Roma, 10 aprile 2007. - «Per costruire un'Italia grande abbiamo bisogno di un soggetto grande. E la grandezza è data proprio dalla sua missione, che sta tutta inscritta nella sua forma e nel suo nome: un partito democratico che continuiamo a chiamare Ulivo». Mentre prosegue il conto alla rovescia in vista dei due congressi di Ds e Margherita che si terranno a fine aprile, nel confronto sulla costruzione del Partito democratico scende in campo con un intervento sull'Unità, il presidente del Consiglio, Romano Prodi che chiede che si vada verso «un partito dei cittadini», secondo il principio «una testa, un voto».
«Stiamo per dar vita - scrive il premier - ad un nuovo partito che avrà il suo simbolo nell'Ulivo e che vuole essere un partito nuovo, effettivamente democratico anche nella sua vita quotidiana. Vogliamo un partito, dunque, per continuare a dire che la migliore organizzazione di rappresentanza democratica è proprio il partito, con le regole contenute nell'art.49 della Costituzione».

 


«Non sarà una fusione fredda - ripete ancora una volta Piero Fassino - basta con le polemiche. Io l'Italia la giro dalla mattina alla sera, e non solo nelle sezioni, e ho trovato un grande interesse per il progetto del Pd. Ho trovato una disponibilità enorme».

Fassino invita di nuovo l'area Mussi a non lasciare i Ds, sottolinea che la leadership del Pd sarà scelta con le primarie e aggiunge che la leadership del partito non deve coincidere necessariamente con la candidatura a premier. «Il Pd serve all'Italia non alla nomenklatura», ribadisce Fassino che inserisce nel Pantheon del partito unitario anche Bettino Craxi insieme a numerosi esponenti della tradizione socialista.

 


«Senza il Partito democratico rischiamo tutti»: il nuovo soggetto unitario del centrosinistra «aiuterà anche il governo», aggiunge Francesco Rutelli in una intervista alla Stampa. Il presidente della Margherita e vicepremier dice di non voler scendere in polemica con quanti nei giorni scorsi hanno criticato le modalità di costruzione del PD, a cominciare da Arturo Parisi, ma respinge anche lui l'idea che il nuovo soggetto nasca come una fusione a freddo. «La fusione avverrà nei prossimi mesi - aggiunge - oggi siamo a una decisione storica: due tra i maggiori partiti della democrazia italiana che si mettono in causa, si dispongono a sciogliersi in un progetto più grande».

 

Per Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, il Partito democratico «doveva essere aperto quando era ancora aperta la porta. Adesso che hanno già fatto tutto, quel Partito democratico fatto di nomenklatura è partito per quel che è. Ci auguriamo che dopo i congressi si apra una stagione nuova basata sul principio di una testa, un voto».

Dai congressi, aggiunge Di Pietro, deve emergere «il principio per cui la classe dirigente che esce fuori adesso dalla mera sommatoria di una nomenklatura di Ds e Margherita sia aperta al contributo di quanti vi vogliano partecipare. Noi di Italia dei Valori abbiamo il dovere, non il diritto, di partecipare a una aggregazione liberale, democratica, che riduca il numero dei partiti e ridia efficienza e governabilità al sistema politico e soprattutto - conclude - che ponga una regola: i condannati fuori dal Parlamento».