{{IMG_SX}}DELLA VICENDA Telecom ho capito poco o nulla, come credo quasi tutti gli italiani, tranne ciò che è arcinoto da tempo, e cioè che col sistema delle «scatole cinesi», aziende inglobate in holding che a loro volta sono inglobate in altre holding e così via in un processo teoricamente all’infinito, se ne può avere il controllo con un investimento minimo (Tronchetti Provera ha lo 0,12 della Telecom), e che quindi quello italiano è un capitalismo senza capitali, così come intuisco, come credo quasi tutti gli italiani, che in questa faccenda sono in gioco interessi enormi e che in qualsiasi modo vada a finire al cittadino non verrà in tasca un bel niente.

 

Premesso questo penso che sia inaccettabile l’intervento dell’ambasciatore americano Ronald Spogli dopo che il colosso Usa At&t si è ritirato dalla partita. Ha detto Spogli: «Esiste una grandissima differenza fra Italia e Stati Uniti nel comportamento del governo nell’economia. Negli Stati Uniti viviamo in una società dove il governo stabilisce le regole... in Italia c’è una lunga tradizione di intervento pubblico nell’economia». Poi la minaccia, sia pur velata: «Sarà molto importante per gli italiani scegliere se questo è il sistema che vogliono per il futuro... il livello degli investimenti Usa nel vostro Paese è molto basso rispetto a Germania, Francia e Spagna e uno dei motivi storici è che non si è mai capito se le regole sono uguali per tutti».

 

Sono osservazioni probabilmente giuste che del resto ha fatto anche Montezemolo. Ma una cosa è se le fa il presidente della Confindustria italiana, altra se le fa l’ambasciatore americano. In questo caso sono infatti una inammissibile ingerenza negli affari interni del nostro Paese. Non siamo nemmeno nel campo della politica estera dove certi interventi Usa hanno almeno la scusante dell’alleanza militare, siamo nel cuore stesso di uno Stato, del suo assetto politico, economico e sociale.

 

Inoltre l’uscita di Spogli è contraddittoria. Perché mentre lamenta l’ingerenza del governo italiano nelle vicende economiche delle aziende italiane, ne realizza a sua volta una da parte, di fatto, del governo americano.
Infine il pulpito non mi sembra dei migliori. Perché, quando gli fa comodo, gli Stati Uniti sono campioni di protezionismo, soprattutto nel settore agricolo. Ma nessun ambasciatore straniero si è mai permesso di andar a dettar legge, a questo proposito, in casa loro.