{{IMG_SX}}Roma, 28 gennaio 2008 - Se un politico non mantiene le promesse fatte pubblicamente è lecito dargli del 'buffone' e chi lo fa non commette, dunque, alcun reato. E' la decisione della Corte di Cassazione che, con la sentenza 4129 depositata oggi ha annullato con rinvio la condanna nei confronti di un cittadino che aveva dato del buffone e del ridicolo al sindaco del proprio paese, contestando la sua attività politica e il suo comportamento pubblico.


L'allora primo cittadino di Scandriglia, in provincia di Rieti, aveva convocato un'assemblea pubblica per spiegare agli abitanti una scelta amministrativa. In molti lo avevano additato come buffone e ridicolo e in particolare la Procura aveva incriminato uno di questi per ingiuria. Il giudice di pace lo aveva assolto perchè aveva ritenuto sussistente la scriminante della critica politica.

 

Il Tribunale di Rieti, invece, lo aveva condannato a 200 euro di multa e al risarcimento dei danni: 2.500 euro. Le cose sono cambiate nuovamente in Cassazione: la quinta sezione penale ha annullato con rinvio la decisione del Tribunale ritenendo che questo dovrà accertare se l'offesa era diretta alla persona o al comportamento del sindaco "come uomo pubblico". In quest'ultimo caso, non sussisterebbe il reato.

 

In particolare, spiega il collegio in relazione alla decisione di merito, "il Tribunale fa di tanto grazia apodittica omettendo di valutare compiutamente, quanto è necessario per poter ritenere con assoluta certezza che l'imputato, nel contesto, abbia inteso riferirsi alla persona in se e non al suo comportamento come uomo pubblico".


Non solo. "Va a questo punto ancora rilevato che le stesse espressioni qui incriminate sono state adottate nei confronti di persona avente bensì più alto incarico politico, ma non in una accesa discussione politica, con mero riferimento al comportamento pubblico della persona". E ancora. "Il problema da risolvere è dunque di diritto, nel senso che il limite di continenza può ritenersi per se superato, solo se il contesto si dimostra adottato dall'autore del fatto come pretesto per l'offesa della persona, e di fatto dimostrando quel contesto, attraverso analisi compiuta, tale da consentire di ritenere superato tale limite, e giustificare in appello la riforma della sentenza assolutoria".