{{IMG_SX}} MILANO, 7 febbraio 2008 - DOPO PANE E PASTA scatta l’allarme carne. Se l’Istat ha certificato un aumento del 3,5% (6,7% per il pollame), i rincari secondo i consumatori sarebbero superiori al 10% con il prezzo delle galline balzato del 41% nell’ultima settimana. Ma se per polli e tacchini, secondo ‘Mister Prezzi’ Antonio Lirosi, a breve dovremmo assistere a un raffreddamento, il rischio è che si surriscaldi il costo della fettina. Rischio avvalorato dalle rilevazioni dei prezzi alla produzione fatte dall’Ismea che vedono un più 28% per i vitelli e un più 7% per i suini.


Aumenti che, avvertono i consumatori, ci costeranno 160 euro in più all’anno. Proprio per frenare questa corsa, il governo ha convocato ieri il tavolo della filiera zootecnica. Per Lirosi, dall’inizio dell’anno si sono concretizzate le condizioni per un raffreddamento dei prezzi del pollame «sia dal lato della produzione sia dell’ingrosso». In sintonia anche il ministro delle Politiche agricole De Castro, che ha comunque evidenziato come in Italia «i fenomeni legati alla flessione dei prezzi non generino mai nell’immediato risposte positive sui consumi».

 

Per evitare fenomeni speculativi, ‘Mister Prezzi’ ha annunciato l’avvio di una task force con GdF e Corpo Forestale. Del resto, come ha denunciato la Coldiretti, il prezzo della carne rincara anche oltre il 400% nel percorso dal produttore al consumatore, tesi condivisa dalla Cia che denuncia aumenti dalla stalla alla tavola del 450% per la carne bovina, del 570% per i suini, del 415% per il pollame e del 430% per i conigli.

 

Per Coldiretti la carne rappresenta la prima voce di spesa alimentare delle famiglie (106 euro su 467 mensili), ma mentre aumenta la spesa si riducono del 3% i consumi e sono a rischio di chiusura le stalle dove gli allevatori hanno subìto una riduzione dei prezzi alla produzione del 2,5%. I maiali, per esempio, vengono pagati 1,25 euro al chilo ma poi questo prezzo si moltiplica per cinque se si acquista la braciola, per dieci il salame e per oltre venti il prosciutto.


La denuncia di Coldiretti viene smentita dal Consorzio del Prosciutto di Parma (paghiamo, dicono, 3,4 euro al chilo le cosce fresche e vendiamo a 7,56 il prodotto stagionato) e condivisa dai consumatori. Per il Codacons è indispensabile punire le speculazioni che provocano i rincari e fanno crollare i consumi di famiglie che non possono più permettersi l’acquisto della carne.



ADICONSUM chiede l’introduzione del doppio prezzo sulle etichette (quello al consumo e all’origine) mentre per Adusbef e Federconsumatori la spesa per gli alimentari rischia di aumentare di 445 euro all’anno, 160 dei quali solo per la carne.