Roma, 22 aprile 2010 - Dopo una giornata rovente alla direzione nazionale del Pdl, la conta dei voti porta almeno a un risultato: è  ufficialmente nata la componente di minoranza interna al Pdl. Il documento finale della direzione è stata approvato infatti con 11 voti contrari e 1 astenuto.
Alle operazioni di conta, accanto al coordinatore Denis Verdini, ha partecipato anche il premier Silvio Berlusconi che ha dato una mano a contare ‘i dissidenti’.

E dopo le stoccate e le controstoccate tra Berlusconi e Fini, quest'ultimo non sembra preoccuparsi delle minacce di Silvio Berlusconi: “Le avevamo messe in conto”, dice ai suoi, ai quali spiega: “Se davvero vorrà andare avanti su questa strada, sarà evidente a tutti chi è che vuole la rottura definitiva”.
Insomma, è il ragionamento, il cerino alla fine è restato in mano a Berlusconi. Anche se i finiani sono convinti che il premier si fermerà: “Non gli conviene”. Del resto è lo stesso Fini ad avvertire il ministro Bondi, incrociandolo nei corridoi dell’auditorium della Conciliazione: “In Parlamento saranno scintille”
 

IL DOCUMENTO - “Non siamo un vecchio partito, non vogliamo dividere, ma unire. Siamo al servizio del popolo italiano, e del bene comune, e le ambizioni dei singoli non possono prevalere. Le correnti negano la natura stessa del Pdl”: è scritto nel Documento messo a punto dai coordinatori del partito e sottoposto al voto della Direzione del partito.

Il programma va rispettato, ma i temi che non vi rientrano possono “essere oggetto di discussione” purché poi si arrivi a un voto che deve essere per tutti vincolante, continua il documento, specificando che "i temi che non rientrano in programma possono essere oggetto di dibattito e discussione, non c’è nulla di negativo se ci sono opinioni diverse. Tuttavia la democraticità del dibattito non esonera da decisioni finali e una volta che le decisioni sono assunte hanno carattere vincolante, sia che le siano state condivise, sia che ci si sia espressi in dissenso”.


Quanto poi al dibattito di oggi,  “dal
confronto è stato rivelato come certe polemiche pubbliche siano pretestuose e non commisurate a un dibattito responsabile e costruttivo”. E ancora: “Nei prossimi tre anni completeremo la realizzazione del programma: ridurre e razionalizzare la spesa pubblica, la riforma fiscale con l’obiettivo di ridurre le tasse compatibilmente ai vincoli di bilancio, sostenere famiglia, lavoro e imprese, la digitalizzazione della P.a., la realizzazione di un piano per il Sud, l’ammodernamento delle grandi infrastrutture, una riforma organica del sistema giudiziario, le riforme istituzionali, proseguire la lotta alla criminalità organizzata”.

“La direzione politica del Pdl approva le conclusioni politiche del presidente Berlusconi e gli conferma il proprio pieno sostegno e gratitudine”, è la conclusione del documento approvato dalla direzione nazionale Pdl.

“Siamo convinti che una forte e autorevole leadership di Berlusconi garantirà il raggiungimento di tutti gli obiettivi. Una leadership forte è una caratteristica dell’attuale sistema politico e gli italiani non rimpiangono le leadership deboli del passato”.

 

RISSA FINI-BERLUSCONI - "Questa riunione deve essere usata, a partire da me, per cercare di spiegare cosa sta accadendo. Non voglio usare espressione che può apparire polemiche ma mi sembra - dice Fini rivolto a Berlusconi, ma senza citarlo - che anche nella regia dell’avvio dei lavori della Direzione un atteggiamento un po’ puerile di chi vuole nascondere la polvere sotto tappeto come se gli italiani avessero visto un altro film".

 

“La leadership di Berlusconi non è messa in discussione, almeno da chi vi parla”, ha detto Fini. “Avere opinioni diverse rispetto al premier e presidente del partito significa esercitare un preciso diritto-dovere”, ha precisato. Il presidente della Camera spiega: “Sta accadendo che su alcune questioni di carattere squisitamente politico, relative ai problemi del Paese, all’azione del governo, al ruolo del partito, uno dei cofondatori (ho scoperto che eravamo in tanti a cofondare...) ha opinioni diverse rispetto a quelle del presidente Berlusconi. Il che non vuol dire negare ciò che ha fatto il Governo: molte cose dette dai ministri erano a conoscenza della Direzione e degli italiani”.

 

A un certo punto il premier interrompe l’intervento Fini: “Non attribuire a me cose che non ho mai detto”, dice il premier quando finalmente gli viene attivata la linea audio del microfono. In quel momento Fini ricordava di essere stato additato come “un traditore” per le sue posizioni in dissenso. Secca la risposta di Fini: “Hai un diritto di replica. Credo sia onesto giocare a carte scoperte”.

 

Fini continua il suo intervento e parla per la prima volta di una 'minoranza' nel Pdl. "’Oggi viene meno una fase che è stata quella costitutiva del Pdl: non ha più senso alcuno parlare di quote, del 70-30. C’è una larghissima componente che si riconosce in toto nelle posizioni del presidente del Consiglio e c’è una piccola componente politica, chiamatela come volete ma non corrente nel senso deteriore, che non lo è d’accordo in toto".

 

Ma anche l’Unità d’Italia e il 150esimo anniversario dell’unificazione nazionale sono oggetto di battibecco tra Fini e Berlusconi. Fini durante il suo intervento inizia sottolineando che non c’è "ancora nessuna proposta sulle celebrazioni dell’Unità". Berlusconi sbotta, lo interrompe e dice: "Ma come, stiamo lavorando tutti i giorni per questo...", poi butta la penna sul tavolo.  "Non parlo del governo - risponde Fini - parlo del partito. Com’è possibile che la Padania scriva che ‘non c’è niente da festeggiarè per l’Unità d’Italia e che il Pdl non dica nulla? Rispetto a questo atteggiamento culturale un partito come il Pdl ha il dovere di reagire, o no?". Fini ha citato una serie di atteggiamenti leghisti rispetto all’unità nazioanle e ha anche fatto un cenno alla polemica suscitato dalle parole del figlio di Bossi sul tifo per la Nazionale.  

 

A un certo punto lo scontro politico fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini è diventato fisicamente visibile. Andando oltre il duello a parole, è stato il presidente della Camera che in un primo momento ha fatto il gesto di allontanarsi mentre il premier replicava al suo intervento di fronte alla platea della Direzione del Pdl; poi ha ripreso posto ma si è nuovamente alzato in piedi e si è avvicinato al podio con il dito levato contro Berlusconi urlando: “Questo non te lo consento”.

 

E’ accaduto dopo che Berlusconi aveva preso di mira tre esponenti ‘finiani’: “Non mi è mai arrivata la richiesta di un ufficio di Presidenza sui temi che hai sollevato, le questioni sono state esposte al pubblico ludibrio in Tv da Bocchino, Urso e Raisi”.

 

Altro scambio durissimo quando il leader del Pdl ha chiesto a Fini di lasciare la presidenza della Camera se vuole fare dichiarazioni politiche. Replica del ‘cofondatore’ del partito: “Cosa fai? Mi cacci?”, accompagnando le sue parole con un chiarissimo gesto della mano.

 

Ad alcuni parlamentari a lui vicini, a margine del dibattito, Fini fa sapere: "Non ho nessuna intenzione di dimettermi dalla presidenza della Camera. Né tantomeno di lasciare il partito". 

 

IL DISCORSO DEL PREMIER - La direzione del Pdl era iniziata con l’intervento di Silvio Berlusconi. "Abbiamo deciso la convocazione della Direzione nazionale prima delle elezioni regionali. Avevamo deciso questa riunione per affrontare la situazione da qui in avanti al seguito dei risultati che ci hanno premiato. Si tratta di risultati eccezionali unici in Europa dove tutti i governi sono stati penalizzati dalla crisi". Nel suo intervento il Cavaliere ha proposto che il congresso del Pdl si svolga entro l’anno.

 

Il Pdl - ha detto il premier - “ha l’imperativo categorico di essere democratico: la democrazia è fondamentale nel nostro partito”. Berlusconi dice poi: "Ho sempre accettato senza discutere le decisioni dei coordinatori, credo che questo debba continuare e che il Pdl debba darsi più occasioni di confronto". Il presidente del Consiglio ha ricordato la nomina degli organismi del partito, e anche la scelta dei candidati alle ultime regionali: “Mi sono sempre messo a disposizione”, e quando “la maggioranza ha deciso, mi sono assolutamente schierato con le decisioni della maggioranza”. “Non c’è stata una volta - ha ribadito - in cui il Presidente del partito abbia imposto la sua opinione e la sua volontà”.
 

 

Berlusconi torna inoltre a snocciolare i numeri. Secondo gli ultimi sondaggi "l’apprezzamento del governo è al 48%, un risultato straordinario in un momento di crisi; quello del Pdl al 38,8%, se le elezioni si facessero domani; quello del presidente del Consiglio è addirittura bulgaro al 63%".

 

I COORDINATORI - "Il palazzo di via dell’Umiltà è grande ma spesso vuoto. Per chi vuole c’è spazio e posto". Lo afferma Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, nel corso del suo intervento. "C’è la necessità di affrontare molti problemi - spiega - Nessuno può sentirsi in grado di risolvere da solo i problemi di un partito che rappresenta" la maggioranza del Paese. Verdini boccia senza appello il doppio turno alle elezioni di qualsiasi livello: "I secondi turni sono devastanti per il centrodestra", ha detto.

 

"Non ci sono uomini liberi da una parte e servi dall’altra. Non esiste questa dicotomia". È una vera e propria salva di applausi e ‘bravo' dalla platea che accoglie questa frase di Sandro Bondi. “Si può stare in un partito - si chiede - e sostenere che il suo fondatore rappresenterebbe un modello da ripudiare, un’idea da archiviare al più presto, un fenomeno politico deteriore?”. Domanda che prende spunto dalle citazioni di alcuni intellettuali di FareFuturo, "mai smentiti". “Non condivido questo modo rozzo di giudicare la nostra storia e il ruolo di Berlusconi, e soprattutto non condivido questo modo di giudicare i risultati ottenuti in questi anni”, dice Bondi. 

 

Poi è il momento di La Russa: “Ho cercato in questo anno di svolgere un ruolo che al di là dell’assoluta coincidenza del mio pensiero fosse di cucitura e di assemblaggio, di costruzione. Sono stato sincero e ho cercato di essere leale e trasparente con tutti". Ignazio La Russa inizia il suo discorso con una sorta di excusatio non petita. "Le ultime giornate possono far apparire come un fallimento il mio sforzo - spiega in riferimento alla convivenza delle due anime del Pdl - ma voglio dire a Fini che non c’è stata mai occasione in cui abbia riportato posizioni che provenivano dall’area degli ex An diverse da quelle che mi ha prospettato Gianfranco. Ho fatto da cinghia di trasmissione, operazione resa difficile dal ruolo istituzionale di Gianfranco, e non poteva non essere così".

 

SCHIFANI - "La mia è una proposta che va vista in chiave costruttiva e non polemica".Così il presidente del Senato, Renato Schifani, che ha invitato Gianfranco Fini a dimettersi dalla Presidenza della Camera per entrare nel Governo. Schifani aggiunge: "Ritengo che le incomprensioni e le tensioni interne al centrodestra, tra Berlusconi e Fini, potrebbero essere meglio risolte con una maggiore presenza politica di Fini all’interno del governo, in quanto lavorerebbero fianco a fianco e quindi potrebbero realizzare quei confronti e quelle eventuali intese sulla politica del Governo".

 

TREMONTI - "Se non abbiamo fatto la fine della Grecia è stato soprattutto merito di Silvio Berlusconi che alla forza delle idee ha saputo aggiungere la sua visione di sintesi e la forza di base del consenso popolare e parlamentare". Queste le parole del ministro dell'Economia, che spiega: "È anche per questo che dobbiamo essere uniti e forti, e forti perché uniti, datà l’enorme responsabilità che abbiamo verso il Paese. Responsabilità nel gestire la crisi, ed in più responsabilità di fare le riforme". Poi cita don Sturzo: "Guardate bene ai pericoli delle correnti organizzate in seno a un partito. Si comincia con le divisioni ideologiche. Si passa alle divisioni personali, si finisce con la frantumazione del partito".

 

ALFANO - “Io ho capito che dopo una settimana di silenzio successivo al voto si è detto qualcosa che era un copione scritto per la circostanza della sconfitta. Abbiamo vinto ed e’ stato sviluppato lo stesso copione nononostante la vittoria. Nelle argomentazioni esposte questa mattina ci sono delle buone ragioni, ma delle buone ragioni dette male, sembrano pretesti”. Il ministro della giustizia, senza nominarlo, contesta il presidente della Camera Gianfranco Fini che questa mattina ha duramente criticato l’impostazione sulla giustizia del Pdl. “Noi abbiamo fatto una vasta riforma”, dice Alfano che elenca i vari settori dell’intervento normativo da parte del governo. “Ora - aggiunge - che tutto si riduca al processo breve non è giusto”.