Roma, 29 luglio 2010 - Il Pdl sbatte la porta in faccia al co-fondatore Gianfranco Fini perché "considera le sue posizioni assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà, con gli impegni assunti con gli elettori e con l’attività politica" del partito. Il tutto finisce nero su bianco nel documento finale dell'ufficio di presidenza del Pdl, tenutosi a Palazzo Grazioli e incentrato proprio sull'ormai difficile convivenza tra il premier Silvio Berlusconi e il presidente della Camera.

 

Se un atteggiamento distruttivo era atteso dall'opposizione, altrettanto non era prevedibile dal "ruolo politico assunto dall’attuale Presidente della Camera", prosegue ancora il testo che denuncia come da dopo le regionali "Gianfranco Fini ha via via evidenziato un profilo politico di opposizione al governo, al partito ed alla persona del Presidente del Consiglio".

 

"Non si tratta beninteso di mettere in discussione la possibilità di esprimere il proprio dissenso in un partito democratico, possibilità che non è mai stata minimamente limitata o resa impossibile" ma "le posizioni dell’On. Fini si sono manifestate sempre di più, non come un legittimo dissenso, bensì come uno stillicidio di distinguo o contrarietà nei confronti del programma di governo come una critica demolitoria alle decisioni prese dal partito".

 

Gli elettori del Pdl "non sono più disposti ad accettare" da parte di Gianfranco Fini "una forma di dissenso all’interno del partito che si manifesta nella forma di una vera e propria opposizione, con tanto di struttura organizzativa, tesseramento e iniziative, prefigurando già l’esistenza sul territorio e in Parlamento di un vero e proprio partito nel partito, pronto, addirittura, a dar vita a una nuova aggregazione politica alternativa al Popolo della libertà".

 

E ancora: "Assecondare qualsiasi tentativo di uso politico della giustizia, porre in contraddizione la legalità e il garantismo, mostrarsi esitanti nel respingere i teoremi che vorrebbero fondare la storia degli ultimi 16 anni su un 'patto criminale' con quella mafia che mai come in questi due anni è stata contrastata con tanta durezza ed efficacia, significherebbe contraddire la nostra storia e la nostra identità”.

 

BERLUSCONI - "Non sono più disposto a pagare il prezzo della divisione del partito. Non sopporto che i giocatori litighino negli spogliatoi", ha detto il presidente del Consiglio al termine del vertice durante una conferenza stampa.

 

"Viene meno la fiducia del Pdl nel presidente della Camera", ha quindi aggiunto Berlusconi ricordando che "non è mai successo che la terza carica dello Stato assumesse un ruolo politico" facendo "una vera e propria opposizione, critiche in sintonia con la sinistra e con una struttura organizzativa sul territorio". Gli elettori, ha dichiarato ancora Berlusconi "non tollerano più questa situazione". 

 

Ai giornalisti che chiedevano se adesso Fini debba lasciare la presidenza della camera, il Cavaliere ha risposto: "Lasciamo che siano membri del Parlamento ad assumere iniziative al riguardo".  

 

Per il premier, però, la rottura con i finiani non mette a rischio la maggioranza di governo. "Non c'è nessun rischio. C’è stata un’altalena di numeri, ma non si poteva più restare in questa situazione", ha spiegato Berlusconi.

 

LA REPLICA DI FINI - "La presidenza della Camera non è nelle disponibilità del presidente del Consiglio...", è stata la risposta di Gianfranco Fini che non pensadi lasciare lo scranno più alto di Montecitorio. A chi lo ha chiamato ha anzi ripetuto di essere ancora più determinato nello svolgere il suo compito di presidente. E riferendosi a Berlusconi ha detto "non può decidere nulla".

 

FINIAINI DEFERITI - L'ufficio di presidenza del Pdl ha anche stabilito il deferimento al collegio dei probiviri dei parlamentari finiani Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio, che era stato già deciso dal Comitato di Coordinamento.

 

I RETROSCENA - Il documento finale dell’Ufficio di presidenza del Pdl è stato votato da 33 membri dell’organismo politico, mentre hanno votato contro i tre esponenti finiani, Viespoli, Urso, Ronchi. Prima che si arrivasse al voto finale, i finiani hanno chiesto 24 ore di tempo, dilazione non concessa.

 

Il testo è stato oggetto di diversi tentativi di modifica, volti a non chiudere in modo inappellabile nei confronti del co-fondatore del partito. Non solo il ministro della Gioventù Giorgia Meloni si sarebbe spesa per arrivare a un rinvio dello show down a dopo la pausa estiva, allo scopo di un’ulteriore riflessione e per consentire di raffreddare gli animi, ma anche il ministro della Difesa e coordinatore Ignazio La Russa si è reso autore di un ‘emendamentò teso a lasciare aperta ogni possibilità.

 

LE CONTROMOSSE - I deputati finiani hanno firmato una lettera di dimissioni dal gruppo parlamentare del Pdl della Camera. L'orientamento dei parlamentari sarebbe la costituzione di gruppi autonomi: alla Camera di "almeno 34 persone", mentre a Palazzo Madama, secondo quanto si apprende, sarebbero pronti ad entrare nelle 'file' di Fini anche i senatori Adriana Poli Bortone e Giovanni Pistorio.

 

IL PD - "Questa è una crisi. Berlusconi venga in Parlamento", ha dichiarato in una nota il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani.