Roma, 17 agosto 2010 - E' morto questo pomeriggio il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, in seguito ad uno shock cardio-circolatorio. Cossiga aveva subito un primo shock circolatorio il giorno del ricovero, quando quella che sembrava solo una visita per accertamenti si era trasformata in un ricovero d’urgenza nel reparto di terapia intensiva del Policlinico Gemelli di Roma per insufficienza cardio-respiratoria. Oggi, con l’aggravamento repentino di questa notte, il cuore del senatore a vita non ha retto e la situazione è precipitata fino al decesso alle 13.18.

 

Affiancate al testamento, prima di morire il senatore a vita aveva scritto quattro lettere indirizzate al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al premier Silvio Berlusconi, al presidente del Senato, Renato Schifani, e al presidente della Camera Gianfranco Fini.  

 

LA LETTERA A NAPOLITANO

"Le confermo i miei sentimenti di fedeltà alla Repubblica, di devozione alla Nazione, di amore alla Patria, di predilezione della Sardegna mia nobile Terra d'origine". È quanto ha scritto Francesco Cossiga al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una lettera che il senatore a vita aveva stabilito che fosse consegnata e
letta soltanto dopo la sua scomparsa.Nella lettera, che porta la data del 18 settembre 2007, Cossiga dichiara ancora: "Fu per me un grande onore servire immeritatamente e con grande modestia , ma con animo religioso, con sincera passione civile e con dedizione assoluta, lo Stato italiano e la nostra Patria, nell'ufficio di Presidente della Repubblica. La missiva - che è intestata 'Prof. Avv. Francesco Cossiga, Senatore della Repubblica' - si conclude con un augurio al presidente Napolitano: "A Lei quale Capo dello Stato e Rappresentante dell'Unità Nazionale, rivolgo il mio saluto deferente e formulo gli auguri più fervidi di una lunga missione al servizio dell'amato Popolo italiano.
con via, cordiale e deferente amicizia, Francesco Cossiga".

 

LA LETTERA A SCHIFANI 

"Onorevole Presidente del Senato della Repubblica, nel momento in cui il giudizio sulla mia vita è misurato da Dio Onnipotente sulle verità in cui ho creduto e che ho testimoniato e sulla giustizia e carità che ho praticato, professo la mia Fede Religiosa nella Santa Chiesa Cattolica e confermo la mia fede civile nella Repubblica, comunità di liberi ed uguali e nella Nazione italiana che in essa ha realizzato la sua libertà e la sua unità. Fu per me un onore grande servire la Repubblica  a cui sempre sono stato fedele; e sempre tenni per fermo onorare la Nazione ed amare la Patria. Fu per me un privilegio altissimo: rappresentare il Popolo Sovrano nella Camera dei Deputati prima, del Senato della Repubblica quale Senatore elettivo, Senatore di diritto e vita e Presidente di esso; e privilegio altissimo fu altresì servire lo Stato nel Governo della Repubblica quale membro di esso e poi Presidente del Consiglio dei Ministri ed infine nell'ufficio di Presidente della Repubblica".

 

"Nel mio testamento, ho disposto che le mie esequie abbiano carattere del tutto privato con esclusione di ogni pubblica onoranza e senza la partecipazione di alcuna autorità. Per quanto attiene le onoranze che i costumi e gli usi riservano di solito ai membri ed ex-Presidenti del Senato, agli ex-Presidenti del Consiglio dei Ministri ed agli ex-Presidenti della Repubblica, qualora Ella ed il Governo della Repubblica decidessero di darne luogo, è mia preghiera che ciò avvenga dopo le mie esequie, con le modalità, nei luoghi e nei tempi ritenuti opportuni.  Voglia porgere ai valorosi ed illustri Senatori il mio ultimo saluto ed il mio augurio più fervido di ben servire la Nazione e di ben governare la Repubblica al servizio del Popolo, unico sovrano del nostro Stato democratico. Che Iddio protegga l'Italia!".

 

 

LA LETTERA A FINI

"Signor Presidente, nel momento in cui nella fede cristiana lascio questa vita, il mio pensiero va alla Camera dei deputati, nella quale, per voto del popolo sardo, entrai nel 1958 e fui confermato fino al 1983, anno in cui fui eletto senatore. Fu per me un grandissimo e distinto privilegio far parte del Parlamento nazionale e servire in esso il Popolo, sovrano della nostra Repubblica. Professo la mia fede repubblicana e democratica, da liberaldemocratico, cristianodemocratico, autonomista-riformista per uno Stato costituzionale e di diritto. Professo la mia fede nel Parlamento espressione rappresentativa della sovranità popolare, che è la volontà dei cittadini che nessun limite ha se non nella legge naturale, nei principi democratici, nella tutela delle minoranze religiose, nazionali, linguistiche e politiche. Ringrazio i parlamentari tutti per il concorso che in tutti questi anni hanno dato con l'adesione o con l'opposizione, con l`approvazione o con la critica alla mia opera di politica. A tutti i deputati e a Lei, Signor Presidente, l'augurio di un impegnato lavoro al servizio della libertà, della pace, del progresso del popolo italiano. Dio protegga l'Italia". La missiva è datata 18 settembre 2007, quando dunque era in carica come presidente di Montecitorio Fausto Bertinotti.