Roma, 20 settembre 2010 - "Discutiamo e stiamo uniti. E' questo il mio impegno". Con una lettera a Repubblica, Walter Veltroni porge la mano. Ma nell’infinito day after scatenato dal documento dei 75, il Pd conosce nuove divisioni e polemiche.

 

A fibrillare, quando mancano 48 ore all’assemblea dei suoi parlamentari, è Area democratica, la minoranza del Pd guidata da Dario Franceschini. "E’ passata in maggioranza?", chiederanno al capogruppo democratico i pontieri dei 75, Paolo Gentiloni e Marco Minniti, domani mattina in un faccia a faccia con Franceschini alla Camera. Il loro sospetto è stato rinfocolato quest'oggi dalle risposte del capogruppo dem a Repubblica tv. "In questo momento tutti i dirigenti dovrebbero sentire il dovere morale e politico di sostenere il segretario Bersani", ha detto l’ex segretario, dopo aver definito "un errore da accantonare" il documento dei 75.

 

La replica di Walter Veltroni non si è fatta attendere, condivisa peraltro nell’ambito di una riunione a Montecitorio con i dirigenti della nuova area. "E’ improponibile chiederci di rinunciare al documento - ha detto Veltroni ai suoi -. Chi avanza queste pretese non vuole il confronto". Una posizione che Franceschini ha subito stigmatizzato: "Io non ho posto pregiudiziali, stanno accampando pretesti".

 

A metà pomeriggio, insomma, tra i due ex segretari, uniti al congresso contro Bersani, era il gelo. Al punto che la stessa riunione di Area Dem di mercoledì sembrava ormai sul punto di tramontare.

 

A tentare l'ultima ricucitura ci proveranno domani Marco Minniti e Paolo Gentiloni. Vedranno domani Franceschini per chiedergli tre garanzie: "Siamo ancora la minoranza del Pd? Cosa c'entra la riunione dei Popolari? Discutiamo nel partito, ma cominciamo dal documento". Se da Franceschini arriveranno niet, allora sarà chiaro "chi esce da Area Dem per entrare in maggioranza".

 

Sui Democratici incombe dunque la 'scissione' della minoranza. Veltroniani-fioroniani-gentiloniani da una parte, franceschiniani e fassiniani dall’altra, sono per ora su sponde lontane anche sui banchi parlamentari. Mentre Berlusconi si prepara a riferire sullo stato della sua maggioranza, ed è inseguito dalle accuse di fare campagna acquisti in Parlamento, il Pd è indeciso se sostenere l’una o l’altra di due diverse mozioni di sfiducia al premier. Veltroni appoggia la proposta di Arturo Parisi che sfiducia il presidente del Consiglio nella sua veste di capo del governo. Franceschini bolla l'ipotesi come una mossa poco astuta, che ricompatterà la maggioranza e si trasformerà nell'ennesimo tafazzismo, per dirla con il celebre personaggio dell’autolesionismo televisivo. Meglio allora tentare di sfiduciare Berlusconi in quanto ministro dello sviluppo ad interim. La tenzone sarà discussa domani dall'ufficio di presidenza del gruppo democratico.

 

In serata è nuovamente intervenuto il segretario Pier Luigi Bersani. "Le parole che ha pronunciato oggi Veltroni - ha detto - mi sembrano uno sforzo importante di chiarimento rispetto ad una vicenda che ha provocato anche sconcerto nel nostro partito".

 

Bersani ha affermato che "non si possono fare congressi tutti i giorni, non è opportuno portare la palla di qua quando è invece di là. Esistono le sedi proprie per il dibattito politico. Io credo quindi che la nostra situazione si chiarirà, dopo di che io, Veltroni, il partito tutto dobbiamo scendere in campo per esporre all’Italia la nostra idea di alternativa, per presentare agli italiani le nostre proposte su lavoro, fisco e rilancio dell’economia".

 

Interpellato sulle primarie e se tema più una candidatura di Vendola rispetto ad un'eventuale candidatura espressa dall’area di Veltroni, Bersani ha detto: "Il nostro statuto parla di primarie di coalizione, ma al primo posto viene il progetto, l’alleanza politica e il patto necessario a realizzare il programma. Poi ci possono essere anche candidati diversi ma la strada deve essere questa. Perché esiste un solo spartito e le variazioni devono essere tutte sul tema".