di ANTONELLA COPPARI
ROMA, 28 ottobre 2010 - BERLUSCONI prova a uscire dall’angolo. Dopo giorni di assenza per malattia, fa due mosse: questa mattina va ad Acerra per occuparsi di persona del problema del termovalorizzatore. E poi vola a Bruxelles dove l’Europa si riunisce nel pomeriggio per discutere della riforma patto di stabilità con conseguenze potenziali molto serie per i conti degli italiani. «Il doppio ruggito del leone», esplode il portavoce Paolo Bonaiuti. Parole che danno la misura di quanto fosse infastidito il premier per quanto scritto dai giornali in questo periodo sul «leone che dorme», con il Cavaliere raccontato non solo come lontano dal partito e dal governo, ma pure disinteressato a ciò che accade intorno a lui. Che poi — giura chi gli sta vicino — non è così vero perchè le immagini della rivolta nel napoletano per i rifiuti a arrivate sui tg di tutto il mondo l’hanno colpito molto: hanno così avuto gioco facile Bertolaso & co. a chiedergli di prendere in mano la situazione. E lui ha accetto di mettere la faccia su quest’emergenza: gli preme tornare a presentarsi come «uomo del fare», contro le «troppe chiacchiere» del teatrino della politica. E lo fa anche per riconquistare il consenso della gente che — secondo gli ultimi sondaggi — è in calo.

UN CAMBIO di passo maturato fraieri e l’altro ieri insieme alla sua convinzione che le trattative romane sul Lodo — quelle condotte dal ministro Alfano — non approderanno a nulla di concreto. E’ persuaso che Fini non gli concederà nulla, tanto da sprizzare scetticismo quando i suoi gli riferiscono che il presidente della Camera sarebbe pronto a nuove aperture se maturassero certi discorsi legati al futuro. Fa mostra di essere «fatalista»: sono altre — spiega — le cose che contano. Anche per questo, non vuole legare la sua immagine alla giustizia: resta però in lui radicata la convinzione che i magistrati con Fini, sulla casa di Montecarlo, abbiano avuto un atteggiamento ben diverso da quello solitamente assunto nei confronti suoi e della sua famiglia. «Ma la gente ha capito ciò che doveva capire — si consola — inutile insistere». Meglio spostare l’attenzione sui temi che toccano gli italiani per invertire una rotta pericolosa. Epperò lascia i fedelissimi trattare: del resto, prendere tempo gli serve anche per scavallare la sentenza della Corte costituzionale fissata per il 14 dicembre. «Se arrivi a gennaio — è il ragionamento — puoi ancora andare a votare a marzo ma impedisci o almeno allontani l’ipotesi di un governo tecnico».
Intanto, ieri sullo scudo processuale per le alte cariche si è creata la falsa impressione che ci fosse un accordo. L’annuncio fatto a metà pomeriggio da Cicchitto era frutto di un equivoco: il capo dei deputati aveva capito male.

C’È UN negoziato in corso, Pdl e Fli (con la firma dell’Mpa: è questo l’accordo raggiunto da Fini e Lombardo) hanno annunciato che presenteranno oggi i rispettivi emendamenti ma fino a mercoledì prossimo la commissione affari costituzionali del Senato non si riunirà e dunque, avverte il presidente Vizzini, «ci prendiamo tutto il tempo che serve anche perchè la fretta può mettere a rischio il governo». L’idea diffusa non solo fra le colombe è che ci vorrebbe una trattativa generale, il leader di Fli sembrerebbe disposto a farla ma il Cavaliere, come si è detto, ci crede poco. Nel frattempo, cerca di mettere insieme i cocci di un Pdl che continua a perdere pezzi: «Trovate le formule giuste per recuperare i delusi» ha detto ai vertici del partito. Tra le ipotesi quella di affiancare una cabina di regia di 5 persone a coordinatori locali e vicari per garantire pluralismo e partecipazione.