Roma, 10 febbraio 2011 - Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, vuole che “le scuole restino aperte” per il 17 marzo, giorno in cui si festeggiano i 150 dell’Unita’ d’Italia. Ieri il ministro ha espresso la sua posizione in Consiglio dei ministri. Eppure pochi giorni fa si era detto: scuole e uffici pubblici chiusi nel 150esimo anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, nel settore privato una giornata pagata come festivo.


Ma nel governo e’ scontro
, con i ministri divisi. Il titolare del dicastero del Lavoro, Maurizio Sacconi, dice che l’accordo si deve ancora trovare. Ma al ministero dell’Istruzione preparano già una circolare per spiegare alle scuole come comportarsi. E il ministro Gelmini le vuole aperte.

GELMINI - "Il miglior modo di celebrare il 17 marzo è quello di dedicare questa giornata alla riflessione sui valori dell’Unità d’Italia. Io credo che, nella scuola, questo obiettivo non si raggiunga stando a casa. Non si deve equiparare l’anniversario a una qualsiasi giornata di vacanza. È giusto invece dedicare le ore di lezione all’approfondimento e alla conoscenza della nostra storia unitaria. In questo modo la scuola potrà svolgere un ruolo da protagonista nelle celebrazioni", ribadisce il ministro dell'istruzione in una nota. "Lo scorso 5 febbraio Giuliano Amato, il presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ha dichiarato: ‘Se si vuole che il 17 marzo l’Unità d’Italia sia ricordata e quindi festeggiata, non è detto che la vacanza sia il modo migliore per farlò. Il presidente Amato ha anche aggiunto che ‘una mattinata di scuola dedicata a vedere e a discutere un film sul Risorgimento vale di più di una mattinata di festa'. Mi sento di condividere pienamente queste affermazioni. Sarà comunque il Consiglio dei ministri a decidere collegialmente come meglio valorizzare questo anniversario, ho solo manifestato la mia personale opinione su questo tema".

LA PROTESTA DEI PRESIDI - Niente lezioni il 17 marzo: le scuole vanno chiuse "per celebrare degnamente i 150 anni dell’unità d’Italia e sottolineare l’importanza della ricorrenza anche agli occhi dei ragazzi". È la posizione dell’Associazione nazionale presidi, che replica al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. "La prima preoccupazione - replica Giorgio Rembado, presidente dell’Anp - si può risolvere facilmente recuperando un giorno di scuola in una festività minore, mentre sul fatto che gli studenti devono lavorare su questi temi non è necessario che ciò avvenga proprio il 17, si può e anzi si deve fare nei giorni e nelle settimane precedenti". Chiudere le scuole il 17 marzo, secondo Rembado, "darebbe anche un segnale ai ragazzi, farebbe loro comprendere meglio l’importanza e il valore della ricorrenza, che va celebrata degnamente, senza fare guerre su questioni di principio".

 

SACCONI - "Valuteremo al prossimo Cdm’’ se il 17 marzo sara’ lavorativo, ha dichiarato oggi il ministro del Lavoro. "Dobbiamo affrontare due problemi della stessa rilevanza: da un lato occorre consentire alle imprese che stanno uscendo da due anni molto difficili di poter rispondere alla ripresa dei mercati, dall’altro c’è l’esigenza di celebrare, almeno ogni 50 anni, la ricorrenza dell’Unita’’’, ha aggiunto Sacconi. ‘’Oggi questo è ancora piu’ necessario perché l’unità a volte è sottoposta a prove di sforzo per la diversa capacità che i nostri territori hanno di reagire alle pressioni competitive.
Noi ci confrontiamo con gli Stati nazione ed è necessario essere consapevoli che o si cresce insieme o non si cresce’’, ha concluso il ministro.

LA RUSSA: "SIA FESTA PIENA" - I vertici della Confindustria dovrebbero "ascoltare le migliaia di imprenditori e commercianti che sono disgustati" dall’idea che il 17 marzo non debba essere una festa piena per motivi di bilancio. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, commentando la richiesta da parte di settori del mondo imprenditoriale che si sono detti favorevoli ad una celebrazione del 150ennale dell’Unità d’Italia che non comporti la chiusura delle attività produttive.


"È mia intenzione non arrendermi a che il 17 marzo non sia una festa a tutti gli effetti", ha spiegato La Russa, "c’è qualcuno che misura la qualità della festa in base alle convenienze. E allora dovremmo abolire molte delle festività religiose, e poi il 2 giugno, il 25 aprile... Quest’anno, poi, c’è anche il fatto che le feste cadono quasi tutte di domenica, e anche a voler misurare la cosa con questo metro miope, edonista e materialista, si dovrebbe concludere che il 17 marzo non costerebbe praticamente nulla".

IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' - ‘’Spero che nelle scuole italiane si arrivi al 17 marzo al termine di un adeguato percorso di conoscenza. E che sia un giorno di vera festa per tutti gli italiani, oltre che di vacanza’’ dice invece il ministro della Gioventu’, Giorgia Meloni, che in un intervento pubblicato oggi sul Giornale ribadisce: ‘’Almeno una volta ogni 150 anni’’ c’e’ ‘’bisogno di 24 ore per ricordare una grande avventura collettiva che innalzo’ una nazione, dove prima c’erano solo un popolo lacerato e un territorio conteso tra potenze straniere’’. L’unita’ del Paese vale un giorno di festa e non solo nel 2011, ma ‘’tutti gli anni’’.

"Non mi pare - spiega - di aver mai udito alcuna voce levarsi in difesa della produzione o dell’istruzione nazionale per il 2 giugno o il 25 aprile’’. Non che il 17 marzo, precisa, dovesse celebrarsi ‘’a scapito di altre date’’, ma ‘’avrebbe maggior senso festeggiare il giorno dell’unita’ degli italiani anziche’ momenti in cui gli italiani si sono divisi, come quando prevalse nel referendum l’ordinamento repubblicano sull’ordinamento monarchico. E sono colpevole di apologia del fascismo se ritengo che la data di nascita della nazione italiana si collochi nel Risorgimento e non nella Liberazione?’’.


C’e’ bisogno di festeggiare innanziautto per ‘’ricordare’’: ‘’Che troppo sangue e’ stato versato da italiani e austriaci per giungere ad una pace che a Bolzano ha portato autonomia e prosperita’, che le navi dei Mille si chiamavano Piemonte e Lombardo, che pero’ la nostra nazione era stata pensata evoluta federalista, ma senza la rivolta della popolazione siciliana non si sarebbe destata la voglia d’Italia nel Meridione che poi tutto travolse’’.