Roma, 22 febbraio 2011 - Fuoco amico sul ddl del biotestamento. Il direttore del ‘Foglio’ Giuliano Ferrara, che organizzò una simbolica raccolta di bottiglie d’acqua per contestare la morte per sentenza di Eluana Englaro, boccia a sorpresa la legge sul testamento biologico alla vigilia dell’avvio della discussione nell’aula della Camera. Una legge, scrive, “lastricata di buone intenzioni”, ma “sbagliata irrimediabilmente”.
 

“E’ in sé pasticciata e contraddittoria una legge in cui si dice al cittadino: fa’ pure testamento, ma sappi che non sarà vincolante, e che su due punti cruciali come l’idratazione e la nutrizione artificiale di persone in stato vegetativo, la tua volontà non può essere ascoltata”, scrive l’elefantino in un editoriale di prima pagina intitolato ‘Una legge che non si fa amare’.
 

“Non credo nell’autodeterminazione come mito moderno. Ma credo nell’autonomia della persona, specie in fatto di libertà di cura, e penso che la vita indisponibile debba essere accudita dal soggetto interessato, finché e come può, e dai suoi cari. Meglio un prete, una donna, un compagno affettuoso, gli occhi di un bambino o la barba di un filosofo al mio capezzale, piuttosto che il documento di un legislatore. Qualunque cosa sia scritta in un quel documento, e peggio ancora se ci sia scritto che la mia volontà non vale o è solo una impotente funzione consultiva".
 

"Suggerisco ai deputati del centrodestra di ripensarci. E ai vescovi italiani di non farsi intrappolare in un meccanismo che domani potrebbe travolgere anche le loro buone intenzioni. Chiedo a tutti di tenere conto dell’indivisibilità di una nozione liberale dell’esistenza, e del rispetto cristiano per la persona umana. Anche se i neopuritani del Palasharp, e il solito scrittore banale - conclude Ferrara in riferimento implicito a Roberto Saviano - sono in prima linea nel combattere in questa legge la cultura con la quale mi identifico, non amo questa legge”.