Roma, 17 marzo 2011 - Si conclude con il Nabucco diretto dal maestro Riccardo Muti al teatro dell’Opera di Roma la fitta giornata romana di celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia: dall’Altare della Patria al Gianicolo, passando per la messa celebrata dal cardinale Angelo Bagnasco alla basilica di Santa Maria degli Angeli fino alla seduta comune del Parlamento convocata in Aula alla Camera, tricolore, inno di Mameli e orgoglio nazionale hanno accompagnato l’atteso 17 marzo. Ma non sono mancate le polemiche: per le contestazioni al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e per la scarsa partecipazione della Lega nord.

Prima tappa per le autorità è stato l’altare della Patria. Poi il Pantheon, dove il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha deposto una corona d’alloro sulla tomba di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo Re d’Italia. Quindi, il Gianicolo, per inaugurare il monumento che riporta il testo della Costituzione, deporre una corona a quello - restaurato - intitolato a Garibaldi, visitare quello intitolato alla moglie, Anita, e il nuovo museo della Repubblica romana. E proprio qui, a Porta San Pancrazio, al Museo della Repubblica Romana, che sono arrivare le contestazioni per Berlusconi, accolto da cori di ‘”dimissioni”, “bunga-bunga”, “vai in Tribunale”. Qualcuno ha detto “resisti” ma gli applausi sono stati invece tutti per il Presidente Napolitano. Scena che si è ripetuta all’arrivo a Santa Maria degli Angeli, per la messa celebrata dal cardinal Bagnasco, dove ha partecipato anche il ministro leghista Roberto Calderoli.

Ed è stato proprio alle diverse identità che si è richiamato Bagnasco nell’omelia, “identità plurale e variegata della nostra Patria, in cui convivono peculiarità e tradizioni che si sviluppano in modo armonico e solidale, secondo quello che don Luigi Sturzo chiamava il ‘sano agonismo della libertà’”.

Tutto esaurito a Montecitorio per la seduta comune: alte cariche, ex capi di Stato, ex presidenti della Camera, deputati e senatori ma non i leghisti che hanno disertato in massa la cerimonia solenne con Napolitano. Nell’emiciclo solo i tre ministri Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, la sottosegretaria Sonia Viale e un solo deputato Sebastiano Fogliato.

Praticamente quattro parlamentari su 85, considerato che la Viale non è eletta. Freddi durante il discorso di Napolitano, gli hanno tributato un applauso quando ha citato Benedetto XVI e al termine del suo discorso. Un discorso di quasi trenta minuti a metà tra il passato dell’unificazione del paese, la “fase difficile” e piena di sfide che l’Italia vive oggi e il futuro ricco di incognite, anche quelle “terribili che ci riserva la natura”. Napolitano ha richiamato tutti a coltivare l’unitò d’Italia, a credere nella coesione del Paese, nel “cemento nazionale unitario” senza il quale l’Italia non reggerà alle prove.

NAPOLITANO DAVANTI ALLE CAMERE RIUNITE - Un ringraziamento corale "ai tanti che hanno raccolto l’appello a festeggiare e celebrare i 150 anni dell’Italia unita, esprimendo soddisfazione perché ciò esprime che è stato condiviso lo spirito della ricorrenza". Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha aperto il suo discorso davanti alle Camere riunite a Montecitorio.

Per il Capo dello Stato dall' “opera ciclopica di unificazione, che gettò le basi le basi di un mercato nazionale e di un moderno sviluppo economico e civile, possiamo trarre oggi motivi di comprensione del nostro modo di costituirci come Stato, motivi di orgoglio per quel che 150 anni fa nacque e si iniziò a costruire, motivi di fiducia nella tradizione di cui in quanto italiani siamo portatori; e possiamo in pari tempo trarre piena consapevolezza critica dei problemi con cui l’Italia dovette fare e continua a fare i conti".

Napolitano ha invitato a "non lasciarci paralizzare dall'orrore della retorica" e ha osservato che queste memorie "possono risultare preziose per suscitare le risposte collettive di cui c'è più bisogno: orgoglio e fiducia, coscienza critica dei problemi rimasti irrisolti e delle nuove sfide da affrontare, senso della missione e dell'unità".

Il Risorgimento e il processo di unificazione del Paese non possono essere esenti da valutazioni critiche, “però sono fuorvianti certi clamorosi semplicismi come quello dell’immaginare un possibile arrestarsi del movimento per l’Unità poco oltre un limite di un Regno dell’Alta Italia”, ha detto ancora Giorgio Napolitano che ha poi citato uno dei padri della nascita della nostra nazione. "Per Mazzini era indubitabile che una nazione italiana esistesse, e che non vi fossero ‘cinque, quattro, tre Italie' ma 'una Italia' ", ha detto.

Napolitano ha parlato anche di federalismo, il cui "autentico fine da perseguire" deve essere il "rafforzamento" delle "basi dell'unità nazionale", e di Costituzione, "una Carta che rappresenta tuttora la valida base del nostro vivere comune, offrendo, insieme con un ordinamento riformabile attraverso sforzi condivisi, un corpo di principi e valori in cui tutti possono riconoscersi".

Napolitano ha, quindi, sottolineato che quello del divario tra il Nord e il Sud del paese si deve considerare uno dei problemi "di ordine strutturale, sociale e civile che abbiamo ereditato tra le incompiutezze dell’unificazione perpetuatesi fino ai nostri giorni" e per il quale queste celebrazioni possono essere "occasione per una profonda riflessione critica per un esame di coscienza collettivo".

Il Capo dello Stato ha spiegato che si tratta di un problema che si trova "al centro delle nostre preoccupazioni" e al quale "nessuna parte del nostro paese può sottrarsi. E’ essenziale - ha concluso - il contributo di una severa riflessione sui propri comportamenti da parte delle classi dirigenti e dei cittadini dello stesso mezzogiorno".

Poi ha menzionato l'Europa unita, che "resta la chance più grande di cui disponiamo per portarci all’altezza delle sfide, delle opportunità e delle problematicità della globalizzazione" e ringraziato il Papa per il suo messaggio. Il rapporto con la Chiesa, ha detto è "uno dei punti di forza su cui possiamo far leva per il consolidamento della coesione e dell’unità nazionale".

Napolitano ha ricordato che l’Italia ha sempre voluto garantire "la laicità dello Stato e la libertà religiosa e insieme il graduale superamento di ogni separazione e contrapposizione tra laici e cattolici nella vita sociale e nella vita pubblica". Si tratta - ha proseguito - di "un fine e un traguardo perseguiti e pienamente garantiti dalla costituzione repubblicana e proiettatasi sempre di piu’ in un rapporto altamente costruttivo e in una collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese, anche attraverso il riconoscimento del ruolo sociale e pubblico della Chiesa cattolica".

"Nessun impaccio è giustificabile - ha affermato ancora Napolitano - nessun impaccio può trattenerci dal manifestare, lo dobbiamo anche a quanti con la bandiera tricolore operano e rischiano la vita nelle missioni internazionali, la nostra fierezza nazionale, il nostro attaccamento alla patria italiana, per tutto quel che di nobile e citale la nostra nazione ha espresso nel corso della sua lunga storia". E, ha aggiunto, "potremo tanto meglio manifestare la nostra fierezza nazionale, quanto più ciascuno di noi saprà mostrare umiltà nell’assolvere i propri doveri pubblici, nel servire ad ogni livello lo Stato ed i cittadini".

Per Napolitano l'Italia reggerà alle prove che la attendono a condizione che si ritrovi "un forte cemento nazionale unitario", vera "condizione della salvezza comune". Il Presidente della repubblica ha stigmatizzato "cieche partigianerie" e "perdite diffuse del senso del limite e della responsabilità" che hanno eroso il cemento unitario e sprona a ritrovare un sentimento unitario per superare le molte difficoltà del presente e del futuro.

"Non so quando e come ciò accadrà - ha concluso Napolitano - confido che accada; convinciamoci tutti, nel profondo, che questa è ormai la condizione della salvezza comune, del comune progresso. Viva la Repubblica, viva l’Italia unita".

LA LEGA NON APPLAUDE - Numerosi gli applausi che hanno sottolineato i passaggi pregnanti del discorso di Napolitano. Sono rimasti immobili, invece, i ministri della Lega Bossi e Calderoli, così come il sottosegretario Sonia Viale.

Il leader del Carroccio, tuttavia, alla fine ha commentato l'intervento del Capo dello Stato, dicendo che "è una garanzia" e "ha fatto un buon discorso".