Roma, 5 aprile 2011 - Il 29 marzo al Senato alcuni senatori del Pdl hanno presentato un ddl costituzionale per abolire la norma transitoria della Carta che vieta la ricostituzione del Partito nazionale fascista. A firmare il disegno di legge sono stati Cristiano De Eccher, Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bornacin, Achille Totaro e Egidio Digilio (Fli). Quest'ultimo, dopo un colloquio con Italo Bocchino, ha però deciso di fare marcia indietro.

Da ambienti vicini alla presidenza del Senato si è appreso oggi che il presidente del Senato, Renato Schifani, è rimasto sorpreso ed esterrefatto dalla notizia relativa all’avvenuta presentazione in Senato di questo ddl costituzionale che, qualora diventasse legge dello Stato, non porrebbe più divieti alla "riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista".

Il presidente del Senato, pur nel rispetto delle loro prerogative costituzionali, auspicherebbe che i firmatari della proposta possano rivedere la loro iniziativa.

Contro il ddl si è scagliata anche la capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro: “Trovo molto grave e offensivo per la storia del Paese e della Repubblica e per la nostra democrazia - ha commentato la senatrice - che il Pdl voglia abolire, attraverso un disegno di legge, il reato di apologia del fascismo. Sarebbe l’ennesimo piccolo gesto mirato, sistematico ma molto significativo, che il Pdl sta usando per distruggere i pilastri della nostra Costituzione. Chiediamo che questo atto venga subito ritirato”.

Immediatamente, il ministro per l’Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi, ha preso le distanze, a nome di partito e governo, dall’iniziativa. "Non c`è nessuna volontà né del governo né del Pdl di promuovere l`abolizione del reato di apologia del fascismo. Il Pd - ha quindi replicato Rotondi a Finocchiaro - eviti polemiche strumentali che diano anche solo la sensazione che le forze politiche si dividano anche sull`antifascismo, che è valore fondante della nostra democrazia".

Ma i firmatari non mollano. "Nessuna battaglia ideologica", ma la volontà di rendere coerente l’ordinamento che ha abolito i reati di opinione, ponendo fine ad una norma costituzionale che il legislatore costituente stesso ha previsto come 'divieto temporaneo', fanno sapere. "Nessuno di noi - hanno messo nero su bianco in una congiunta i promotori della riforma costituzionale - ha mai pensato di avviare una battaglia di tipo ideologico fuori dal tempo e dalla storia. Il nostro ddl, infatti, si prefigge di intervenire su una norma transitoria che per sua stessa natura era quindi destinata, secondo la volontà dei padri costituenti, a valere per un tempo limitato. L’intendimento è semplicemente quello di intervenire su reati di opinione, tra l’altro non più attuali, in conformità a quanto già proposto da tanti parlamentari liberali e antifascisti in tempi nei quali le passioni ideologiche erano assai più vive di oggi".