Roma, 5 luglio 2011 - Province e legge elettorale. Due argomenti sulla carta distanti tra di loro che, però, oggi hanno messo alla prova l’armonia interna del Partito democratico. Argomenti sui quali i ‘dem’ hanno discusso e sui quali (soprattutto sulla legge elettorale) è stato lo stesso segretario a intervenire stoppando con decisione ogni polemica. Il primo fronte di discussione, le province, si è materializzato in una lunghissima riunione (circa quattro ore) del gruppo parlamentare della Camera.

Oggetto: come votare in aula sulla proposta di Idv di abolire le province. Il punto di partenza era una posizione contraria alla pdl dei dipietristi, anche se argomentata in maniera molto articolata.

Nei fatti, però, la stessa posizione di Pdl e Lega. Inaccettabile per diversi deputati democratici intervenuti nel corso della riunione del gruppo. A partire da Walter Veltroni. L’ex segretario ha chiarito che avrebbe seguito le indicazioni del gruppo per il voto, ma ha anche indicato una lunga serie di ragioni che inducevano a sostenere l’abolizione delle province.

“Se il vento davvero sta cambiando, bisogna pure capire in che direzione va”, ha spiegato Veltroni sottolineando che abolire le province sarebbe stato un segnale deciso e di novita’ sui costi della politica. L’ex segretario sarebbe stato anche buon profeta, prevedendo la possibilità di mandare sotto il governo. Altri interventi hanno dato argomenti alla discussione, come quello di Pier Luigi Castagnetti. Mentre Rosy Bindi, pur non intervenendo, dal suo posto ‘rumoreggiava’ lasciando intendere che un approfondimento serviva.

E’ stato quindi il vice capogruppo vicario Michele Ventura, ad un certo punto, a proporre una mediazione con il voto di astensione.  Una posizione che poi, in aula, il capogruppo Dario Franceschini ha argomentato in modo preciso.

Dopo il voto, Antonio Di Pietro e Pier Ferdinando Casini hanno puntato il dito sul Pd: “Ha perso un’occasione, il governo sarebbe andato sotto”, ha detto il leader Udc. Ma Pier Luigi Bersani ha rintuzzato: “Non ci facciano tirate. Noi abbiamo la nostra riforma per ridurre le province, ma bisogna ragionare sulle istituzioni e non andare avanti a colpi di semplificazione”.

Chiuso un fronte, intanto se ne apriva un altro: la legge elettorale. Argomento, questo, caldo già da un po’. Almeno dalla Direzione in cui alcuni dirigenti, Arturo Parisi, Pier Luigi Castagnetti e Giorgio Tonini, avevano sollecitato un intervento del segretario per superare il porcellum. Il fronte anti-porcata si e’ intanto consolidato, ha ‘arruolato’ altri esponenti a partire da Walter Veltroni e Rosy Bindi e poi anche Sandro Gozi, e ha mosso a punto una ‘sua’ proposta referendaria da sottoporre al piu’ presto alla Cassazione e sulla quale raccogliere le firme. Obiettivo, riproporre il vecchio Mattarellum.

Una riunione ‘operativa’ dei promotori è stata fissata, salvo novità, per domani mattina. Ma sull’iniziativa è arrivata senza tanti giri di parole lo stop di Bersani: “Mi stupirei se dirigenti del Pd promuovessero un referendum elettorale - ha detto il segretario -. Per me è una linea generale, non fare referendum . Perché i referendum sono a disposizione della società civile e ci sono cose che toccano ai partiti e altri alla società. Il Pd può scegliere di appoggiare o non appoggiare referendum, ma ci vuole un equilibrio tra partiti e societa’”.

 L’atmosfera, insomma, si surriscalda ancora. “Non farò parte di alcun comitato referendario, su questo punto la penso come Bersani”, ha subito chiarito Rosy Bindi, “ma mi esprimerò chiaramente a favore di quelle iniziative tese a rafforzare la sovranità dei cittadini ed evitare la beffa di un inaccettabile ritorno al passato”. Parisi si è rivolto direttamente a Bersani: “Invece di sorprendersi per la disperazione nella quale siamo finiti, risponda urgentemente Bersani all’appello che in più di sessanta gli abbiamo rivolto dicendoci di quale altra strada disponiamo” per abrogare il porcellum.

Il tutto avviene con, sullo sfondo, l’altro referendum proposto da Stefano Passigli e altri studiosi e intellettuali che da settimane ‘pungola’ il Pd. Oggi ne hanno parlato malissimo Bindi, Parisi, Sandro Gozi e Stefano Ceccanti, accusandolo di riportare le lancette elettorali verso un proporzionale puro. Sul suo blog, Matteo Orfini ha parlato di “iniziativa assai discutibile nel metodo e nel merito” a proposito del referendum pro-Mattarellum.

Il responsabile Cultura del partito ha ricordato, tra le altre cose, che “il nostro partito ha una posizione condivisa sulla legge elettorale, ampiamente discussa e che non è il ritorno al Mattarellum”. Poi, Orfini, ha aggiunto: “E poi è davvero curioso che i cultori della vocazione maggioritaria oggi spingano per una legge che impedirebbe al Pd di presentarsi con il proprio simbolo nei collegi. Ma perché allora si presenta un referendum cosi’ strampalato? Onestamente non so rispondere, mi viene da pensare che lo si faccia solo per danneggiare il percorso del primo. Fosse così sarebbe autolesionismo puro, e davvero non credo abbia senso boicottare un referendum che ha il merito, tra le altre cose, di abolire le liste bloccate”.