Roma, 14 agosto 2011 - E così anche stavolta la Casta - quella vera - non riesce a resistere alla tentazione di salvare la propria pelle e quella dei propri cari, con l’unica variante di aver buttato in pasto a quei cani dei giornali o dei vari social network imbufaliti per l’aumento esorbitante dei costi della politica qualche osso da rosicchiare in santa pace e cattiva coscienza. Rotola quindi la testa dell’assessore del piccolo comune di Montecavolo da Velletri o di quello di Roccavattalepesca (un centinaio di euro al mese, lordi) ma resta ben piantato al proprio posto il sedere di cinquecento onorevoli (20-25 mila euro al mese, lordi) di cui si annuncia sempre lo sfratto dal Palazzo, ma che quell’annuncio scritto nero su bianco non lo ricevono mai.

Nella confusione generale, il ministro Calderoli si permettere il lusso di dare anche i numeri, peraltro diversi da quelli offerti dal suo capo la sera precedente: Berlusconi aveva detto che i tagli ai costi della politica avrebbero portato a sfrondare 54mila eletti, Calderoli ha parlato di 87mila. Così è se vi pare.

 

Nel concreto la timida potatura dell’esorbitante albero della politica nazionale (la prima da sempre, questo va dato atto al governo Berlusconi) vede il taglio di 165 consiglieri regionali (guadagno medio 6-7 mila euro a testa), 2/3 mila di consiglieri e assessori provinciali, di 15/20 mila tra assessori e consiglieri nei piccoli comuni (guadagno di un consigliere circa 100/150 euro lordi all’anno). Di qui a quantificare 87mila ne passa, e magari nei prossimi giorni ne sapremo di più. In compenso nemmeno una parola ieri in conferenza stampa sul dimezzamento dei parlamentari. E’ vero che si tratta di norma costituzionale, ma come ha detto Bersani mercoledì in commissione alla Camera, se tutti sono d’accordo si approva in tre mesi.

 

Se l’impegno non è stato ripetuto solennemente ieri, un motivo ci sarà: è che il governo non sarebbe stato in grado di garantirne l’approvazione da parte dei propri deputati e senatori (il capppone quando lo invitano non va al pranzo di Natale). L’elenco della mancate promesse non finisce qui: nemmeno un euro, per esempio, tolto al finanziamento pubblico dei partiti, che pure è cospicuo, oppure ai giornali di partito che zitti zitti si intascano milioni di euro. O magari una riforma dei vitalizi dei parlamentari. Qui c’è la ciccia vera, altro che le polemiche su quanto costa un pranzo alla camera.

Ma volete sapere l’ultima chicca della casta, piccola cosa ma indicativa dell’autorefenzialità del sistema? La riforma del Cnel. Tante promesse di eliminarlo, poi si è scoperto che è organo costituzionale e quindi guai a chi lo tocca. Allora si sono ridotti i componenti, da 120 a 70. E chi si è tolto? I membri nominati dalle istituzioni, che spesso la politica nomina per compiacere questo o quello? No, quelli sono rimasti, ma sono stati ridotti i rappresentanti della categorie economiche, quelle che appunto formano l’essenza del Cnel. Tanto nessuno se ne accorgerà.