Roma, 9 settembre 2011 - Ora attenti ai furbi. A coloro, cioè, che saranno tentati di usare l’aumento dal 20 al 21% dell’aliquota ordinaria dell’Iva per alzare i prezzi in modo ingiustificato. Bar, ristoranti o pub, tanto per fare degli esempi, non dovranno ritoccare il conto perché la somministrazione di alimenti e bevande è assoggettata all’aliquota del 10%.

 

Attenzione, però: nulla cambia se si chiede al barista un bicchiere di whisky, ma se si chiede una bottiglia di whisky da portare via, allora dalla somministrazione passiamo alla vendita e l’aliquota sale al 20%. Dunque al 21% dal giorno in cui la manovra bis verrà pubblicata in Gazzetta ufficiale: una decina di giorni, presumibilmente.

 

In compenso, potremo continuare a fare colazione con latte e caffè o a rimpinzarci di "radici di cicoria" allo stesso prezzo di prima (l’Iva su questi prodotti è al 4%). Quello che pagheremo un po’ di più, oltre agli oggetti di lusso, saranno molti beni di largo consumo come mobili, calzature, abbigliamento, auto di qualsiasi cilindrata, addirittura la carta igienica. Impossibile capire quanto si sposteranno i listini. Di sicuro non dovremo accettare incrementi dell’1% sul prezzo complessivo.

 

Spiega Mariano Bella, responsabile del centro studi di Confcommercio: "Prendiamo il caso di un telefonino da 120 euro. Il costo è formato da 100 euro di prezzo più 20 euro di Iva. L’aumento dell’1% si applica ovviamente solo su 20 euro». Ma al di là dei calcoli, ciò che preme a Bella è sottolineare gli effetti depressivi legati alla manovra sull’Iva. "Se ho un gatto non potrò smettere di comprargli le scatolette perchè l’Iva è al 21%: il gatto deve mangiare. Andrò quindi a tagliare altri consumi".

 

L'effetto depressivo legato all’aumento dell’Iva viene quantificato dalle Coop: "Ogni punto di Iva in più pesa per 7 miliardi sui consumi annuali". L’allarme arriva anche dai tecnici della Camera. Secondo la loro relazione difficilmente da questa voce potranno arrivare i 4,2 miliardi previsti perchè non si è tenuto conto dei "possibili effetti di contrazione dei consumi legati all’attuale fase di congiuntura economica sfavorevole". Dubbi analoghi riguardano gli incassi legati alla Robin tax applicata alle società del settore energetic poiché, anche in questo caso, non è stato calcolato che la redditività delle imprese è diminuita a causa della crisi.

 

Ma, al di là di quanto incasserà l’erario, c’è da chiedersi quanto l’aumento dell’Iva peserà sulle singole famiglie. C’è una babele di cifre, anche perché i conti cambiano a seconda che si tenga conto dell’effetto Iva sull’inflazione. Nella versione più soft l’aggravio sarà di circa 100 euro l’anno. I più pessimisti parlano di un costo aggiuntivo di 600 euro.