Roma, 28 settembre 2011 - Regge o non regge? Nonostante i numeri siano tutti ragionevolmente a favore del governo e il voto palese non incoraggi i malpancisti, un'arietta malevola circola a Montecitorio, dove oggi alle 16 il ministro dell'Agricoltura Saverio Romano (ex Udc, ora leader del Pid - Popolari Italia Domani) proverà a convincere i colleghi deputati di non meritare la sfiducia. Un evento politico che, se mai si realizzasse, metterebbe di nuovo in torsione la maggioranza assembleare appena uscita vincitrice dal braccio di ferro tutto politico sul no all'arresto del deputato Mauro Milanese.

 

IL FRONTE SICILIANO - La mozione presentata da Pd e Idv mette a fuoco la delicata posizione di Romano, ministro della Repubblica a Roma, ma imputato "coatto" a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il gip Giuliano Castiglia, che ha rifiutato l'archiviazione della Procura, "per almeno due decenni ha Romano ha mantenuto una condotta di consapevole apertura e disponibilità nei riguardi di esponenti anche di assoluto rilievo di Cosa nostra". E un pizzino coi suoi numeri di telefono rintracciato nel taschino di un boss non ne ha certo alleggerito la posizione. Ci sono anche intercettazioni del 2003 e del 2004 in cui Gianni Lapis, tributarista emerito ma anche prestanome della famiglia Ciancimino, parla con Romano: il 3 ottobre il Tribunale di Palermo dovrà decidere se inviarle alla Camera per il via libera finale. E ci sono fresche dichiarazioni alla Procura nelle quali lo steso Lapis ammette di aver consegnato "50.000 euro a Romano e 50.000 euro a Cuffaro", l'ex presidente della Regione Sicilia oggi in carcere, condannato in via definita a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia e rivelazione di segreto istruttorio.

 

I TIMORI DEL QUIRINALE - Romano ha sempre negato ogni addebito. Sulla questione ha pure scritto tatticamente un libro "La Mafia addosso", presentato la scorsa settimana. Non solo: ogni delicato tentativo di spingerlo a dimissioni concordate - nel timore che il Tribunale di Palermo possa davvero rinviarlo a giudizio aprendo un nuovo fronte con il presidente Giorgio Napolitano, che aveva a suo tempo eccepito sull'opportunità dell'indicazione berlusconiana - è sin qui fallito. La conseguenza è che oggi il governo affronterà una nuova prova d'aula, teoricamente meno complessa di quella superata per Milanese con soli sette voti di scarto, ma comunque temibile.

 

LEGA UMORALE - Perché Romano ha molti amici, soprattutto al Sud, ma anche nemici, soprattutto al Nord, persino tra i leghisti che hanno incassato la sua protezione sulla questione sempre aperta delle quote latte, ma lo hanno anche visto "inciuciare" con l'opposizione su preziose nomine nel settore, l'agricoltura, che la Lega - dopo il passaggio di Zaia alla presidenza della Regione Veneto - ha visto sfuggire in parte al suo controllo. Non bastasse: c'è la base leghista inferocita coi suoi leader, graniticamente compatti a fianco del premier nel salvare dal carcere "imputati terroni" (come da oleografia padana). 

 

OPPORTUNITA' POLITICA - E' su questa spaccatura che proverà a incunearsi l'opposizione. Con appelli non originali ma non privi di fondatezza. "Abbiamo un consiglio dei ministri in cui vi é un ministro in carica, Saverio Romano, che é accusato dall'autorità giudiziaria di essere in concorso esterno con la mafia. A prescindere dalla sua responsabilità penale, per rispetto delle istituzioni, il governo dovrebbe andare a casa e il ministro si dovrebbe dimettere", ha anticipato il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ospite di SkyTg24. Poi fa una previsione: "Su Romano ci si sta preparando ad un voto di scambio, come si fa tra i mafiosi".  E accusa di doppiopesismo la Lega: "E' grave che il ministro Maroni, che ogni giorno scioglie i consigli comunali per fatti del genere, oggi voterà, insieme a tutta la Lega, la fiducia a questo governo nonostante vi sia una persona accusata di mafia. Questa è una violazione dello stato di diritto e un modo per mantenere la poltrona approfittando del proprio ruolo". Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc, nebulizza  rancore: "Sfiduceremo Romano, ribaltonista che difende le quote latte per interessi di bottega della Lega". Ma oggi il voto sarà palese e questo indubbiamente rafforza Berlusconi.

 

INCOGNITA ASSENTI - Sulla carta il governo ha a disposizione 320 voti, l'opposizione solo 306 (ma Marianna Madia, che ieri ha partorito, oggi difficilmente sarà in aula; e i deputati siciliani dell'Mpa di Raffaele Lombardo devono ancora prendere la decisione finale). Poi, come sempre, c'è l'incognita delle assenze. Il repubblicano Francesco Nucara ha annunciato la sua sfiducia (ma è subito stato convocato da Berlusconi), così come Antonio Bonfiglio (Fli), passato al Gruppo Misto. E l'ex ministro dc Calogero Mannino, a suo tempo inquisito per mafia e poi assolto, sembra orientato a disertare l'aula. Un'assenza importante sul piano simbolico. Non mancheranno poi i malpancisti (su tutti l'imprenditore Santo Versace), le cui fila potrebbero ingrossarsi soprattutto tra i cattolici dopo la pubblica censura agli stili di vita di Silvio Berlusconi che il cardinale Bagnasco ha vergato solo quarantotto ore fa.

 

POPOLO VIOLA IN PIAZZA - Romano dice di non temere imboscate. Berlusconi si sente sicuro. Ma, come si dice nel calcio, ogni partita fa storia a sé. E ogni votazione pure. Si va in aula alle 16 e fuori dalla Camera ci sarà anche il pubblico. Popolo viola e diverse associazioni hanno annunciato una catena umana "a difesa delle istituzioni". Una sola certezza contraddistingue la giornata: a fine serata qualcuno non sarà felice, qualcun altro lo sarà molto.