Roma, 25 ottobre 2011 - In tempi di crisi viene buono pure Er Pelliccia. Oggi, giorno di massima fibrillazione politica, una curiosa sfasatura spazio-temporale consegna Montecitorio all'informativa arricchita di Roberto Maroni. Il ministro dell'Interno, che martedì scorso aveva già riferito al Senato sulla guerriglia urbana del 15 ottobre scorso, è costretto a tornare sul pezzo di quel sabato inatteso: quando tremila violenti, tra cui Er Pelliccia da Viterbo attualmente associato alle patrie galere, rovinarono il corteo degli oltre 100.000 Indignati (80.000 secondo il ministro) e misero a ferro e fuoco Roma in mondovisione.
 

 

DIFESA DEI SERVIZI - In un'aula che brilla per vuoti soprattutto nelle fila della maggioranza, Maroni aggiorna il compito con puntigliosa precisione: snocciolando cifre, disegnando scenari, offrendo termini di paragone, assumendo meriti. Per sé e per il governo. Oltre all'impegno di varare un provvedimento legislativo ad hoc che complichi i piani degli anarco-insurrezionalisti, agevoli le azioni delle forze dell'ordine e, addirittura, ne rafforzi la tutela nel caso di controverse azioni su piazza. Di tutto un po'. Incluse ipotesi decisamente fuori misura e sin d'ora destinate ad inevitabile tragitto verso la Corte Costituzionale. In sintesi dice Maroni: "Non è vero che i servizi segreti non avevano informato prefetto, questore e Digos. Ma l'attuale normativa di legge impedisce arresti preventivi. Basti pensare ai quattro fermati a Castel di Leva (ndr, sulla Pontina), armati di tutto punto per la guerriglia urbana. Dopo averli portati in caserma, i carabinieri hanno dovuto rilasciarli".
 

 

TREMILA VIOLENTI - "Le forze dell'ordine - è il giudizio del ministro - hanno lavorato bene. Evitando il morto e l'assalto a Camera e Senato o l'annunciata battaglia in piazza del popolo con gli ultrà di Roma e Lazio". Pazienza per gli obiettivi - sensibili o casuali - devastati o dati alle fiamme lungo il percorso del corteo. "Tremila tra poliziotti, carabinieri e finanzieri, inclusi contingenti di riserva, coordinati da 107 funzionari di polizia, hanno lavorato perché i manifestanti potessero esercitare il loro diritto costizionale. Se una volta scoppiati gli incidenti la polizia non è inizialmente intervenuta, è perché i violenti incappucciati erano troppo vicini ai manifestanti pacifici e i dirigenti di polizia collocati coi loro reparti nelle vie laterali del percorso hanno ritenuto che non ci fossero margini per agire in sicurezza. La prima possibilità di risposta ai violenti è stata tra via Labicana e tra via Merulana ed è stata subito colta". Poi in piazza San Giovanni è avvenuto quanto tutti hanno visto.

 

DODICI ARRRESTI -"Terrorismo urbano" lo definisce il ministro. Prima che "i 400 poliziotti intervenuti in piazza San Giovanni" riprendessero il controllo effettivo delle situazione, dopo assurde gimkane coi blindati, la camionetta dei carabinieri incendiata, gli idranti in azione ("era da 20 anni che in Italia non si usavano") e i sampietrini che fendevano l'aria. "Piazza San Giovanni, luogo di tante manifestazioni democratiche - illustra il ministro -, è stata ostaggio di tremila antagonisti, tutti italiani, riconducibili a quattro sostanziali aree di provenienza: area dell'autonomia anarco-insurrezionalista, area dei centri sociali radicali marxisti-leninisti, ultras del calcio, cani sciolti". "Sapevamo tutto" dice insomma Maroni, salvo riconoscere che le azioni dei violenti e le loro tattiche mimetiche (mescolarsi o ripiegare tra i manifestanti pacifici, travisarsi con caschi e sciarpe, procurarsi armi di distruzione anche attraverso le devastazioni lungo il percorso, infine cambiarsi per strada coi panni di riserva contenuti negli zaini per rendersi irriconoscibili) hanno reso davvero difficile il compito dei tutori della legge. La risposta delle 48 ore successive, "culminata con 20 fermi e 12 arresti, tutti convalidati, e innumerevoli denunce frutto di 163 perquisizioni domiciliari in tutta Italia", è stata secondo il ministro assai appropriata. "Ma non basta - dice Maroni -. Ora sono necessarie misure legislative di contrasto che semplifichino il lavoro delle forze dell'ordine, di fronte ad antagonisti senza organizzazione gerarchica, per i quali è quindi davvero complesso dimostrare reati in forma associativa".

 

LEGISLAZIONE DA STADIO - Le misure invocate da Maroni sono ricalcate sul modello ordine pubbblico negli stadi, ma non solo. "Divieto di portare caschi protettivi e maschere antigas nelle manifestazione pubbliche, introduzione dei reati di possesso e lancio di materiale pericoloso, prodotti esplodenti e fumogeni, bastoni, mazze e altri oggetti contundenti - è il pacchetto di innovazione proposto -. Poi Daspo (in questo caso divieto di accesso ai cortei), per "coloro che sono stati denunciati o condannati per reati tipici delle manifestazioni pubbliche o legati a episodi di violenza o all'uso delle armi"; estensione anche alle pubbliche manifestazioni fino al 30 giugno 2013 dell'arresto in flagranza differita di 48 ore".

 

PROTEZIONI AGLI AGENTI - Previste anche maggiori tutele per gli operatori delle forze di polizia: estensione alle manifestazioni pubbliche dell'aggravante, già prevista per quelle sportive, di lesioni gravi e gravissime a pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico. "Ai responsabili delle aggressioni e delle violenze - sottolinea Maroni - potranno così essere estese le più severe sanzioni della reclusione da quattro a dieci anni per le lesioni gravi e da otto a sedici anni per le lesioni gravissime". Il ministro intende poi intervenire anche in materia di aggravanti, "in modo da neutralizzare nel computo della pena concretamente applicabile gli effetti delle circostanze attenuanti''. E sollevare le forze dell'ordine anche da responsabilità civile per azioni improprie, "come già avviene - ricorda il ministro - per altri funzionari dello Stato".

 

FIDEJUSSIONI E ALTRE IPOTESI - Ci sono poi le norme più controverse, quelle pre-sospettate di incostituzionalità: ovvero, la fidejussione per manifestare (che lascia "perplesso" persino il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchito), e, soprattutto, in caso di denunce per fatti commessi nella gestione dell'ordine pubblico, la sottrazione del fascicolo al pm di turno e la competenza unica del Procuratore capo. Una trovata legislativa basata sul presupposto (non detto ma evidente) che il Procuratore capo sia più rispettoso e, per così dire, "attento" ai desiderata del Palazzo. Peraltro norme analoghe di immotivata iperprotezione delle forze di polizia sono già state cancellate o per per intervento del legislatore (art. 27 e 28 della legge Reale) o della Corte Costituzionale (sentenza n. 94 del 1963 che abrogava l'art. 16 del codice di procedura penale del 1930, copiato per volontà di Mussolini da una una legge del 1919).



MA QUALE SINDROME - L'eccesso di tutele personali e collettive per le forze dell'ordine sarebbe in ogni caso la la risposta inappropriata alla presunta sindrome Genova, in base alla quale - secondo il ministro - "poliziotti e carabinieri hanno manifestato in tutti questi anni una sorta di timore psicologico ad intervenire". "Dobbiamo dare loro la certezza che non possano passare dall'essere coloro che mantengono l'ordine pubblico all'essere i colpevoli delle violenze nelle manifestazioni di piazza: i colpevoli sono gli altri, non possono essere carabinieri, poliziotti e forze di polizia'', è l'assoluzione plenaria, preventiva ed estensiva del ministro, come se i procedimenti giudiziari per i fatti di Genova non avessero accertato comportamenti fuori dalla legge di molti rappresentanti delle forze dell'ordine (tipo molotov portate sulla scena per giustificare la "macelleria messicana" della Diaz). 

 

QUIETE IN VAL DI SUSA - In ogni caso la sindrome "Genoa City" non ha nulla a che vedere con la guerriglia urbana di Roma. Sostenere che durante il corteo - degenerato - degli Indignati i poliziotti non siano intervenuti per timore che eventuali eccessi nel mantenimento dell'ordine pubblico potessero essere oggetto di indagine della Procura  stride con i chiari ordini di "linea morbida" ricevuti dall'alto, persino invocati dal sindaco di Roma Gianni Alemanno (che raccomandava "flessibilità") e dunque 'correttamente' interpretati durante la delicatissima giornata del 15 ottobre. La controprova sta nel fatto che dopo il tranquillo corteo Fiom di sabato 22 ottobre in piazza del Popolo, anche la manifestazione dei No Tav di domenica scorsa in Val Susa si è chiusa senza il minimo incidente. "Sarà mica - fa notare a Maroni l'esponente Pd, Emanuele Fiano - perché le forze di polizia hanno perquisito 720 macchine e fermato 420 manifestanti per possesso di oggetti contundenti?". Ovvero quel lavoro di filtraggio e prevenzione che a Roma, il 15 ottobre, è clamorosamente mancato. "Ovviamente nessuna sponda ai violenti - continua Fiano che solidarizza con le forze dell'ordine ed è stato il primo politico a visitare il coraggioso carabiniere in fuga dal mezzo incendiato -. Ma no a norme speciali: di fronte alla legge, cittadini tutti uguali".

 

NUMERI CHIARI - Un'ipotesi da puro stato di emergenza sarebbe in ogni caso impossibile da argomentare quando lo stesso Maroni considera che su "7.905 manifestazioni o cortei" che si sono sin qui svolti nel 2011 in Italia, "solo in 131 casi, pari all'1,6% del totale, si sono registrate situazioni critiche di ordine pubblico che hanno richiesto azioni di contenimento o cariche di alleggerimento". Un numero talmente basso da non configurare certo pericoli per la democrazia.

 

SERVIZI IN SONNO - Invece dai banchi di Fli Carmelo Briguglio rinfaccia a Maroni una questione molto più seria: "Caro ministro, lei, come componente del governo, ha avallato il taglio di 3 miliardi in tre anni alle politiche di sicurezza. Come fa oggi a vantarsi di aver recuperato 70 milioni? E come fa a sostenere che gli uomini dei servizi segreti hanno lavorato bene? A Palazzo Chigi sono in 5.000! Noi, come diceva Pasolini, tra i figli della borghesia che attaccano le forze dell'ordine e i poliziotti figli del popolo, staremo sempre coi figli del popolo. Ma ognuno lavori al massimo delle possibilità e senza legislazioni speciali".