Roma, 7 novembre 2011 - Ci sono molti modi per tradirsi e Silvio Berlusconi, il premier che mai avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani, ha scelto il peggiore: ogni ora in più trascorsa a Palazzo Chigi ha infatti la spiacevole conseguenza di gonfiare il debito pubblico. Un conto vertiginoso, potenzialmente fino a 100 miliardi, che pagheremo tutti noi. Anzi, che abbiamo già cominciato a pagare. Perché ad ogni aumento dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi, oggi schizzato a 491 punti base, è come se una manina svelta e flessuosa s'impossessasse - pro quota - di quanto serve al signore di Arcore per restare alla guida del paese delle meraviglie: quello dei ristoranti sempre pieni e degli inesausti check-in aeroportuali magnificato al G20 di Cannes mentre i partner lo osservavano come un marziano.

 


LA MAZZATA - No, non è uno scherzo. E neppure l'ennesima querelle destra-sinistra. Ogni minuto in più che Silvio Berlusconi rimane a Palazzo Chigi è un salasso per l'Italia. Una batosta in grado di azzerare l'impatto di qualsiasi manovra economica rendendola nei fatti inutile. Il premier è il punto di partenza di un vero e proprio circolo vizioso, in base al quale mercati e alleati gli chiedono - come capo del governo - di ridurre il deficit del Paese, deficit che tuttavia subisce quotidiani strappi verso l'alto proprio perché lui è ancora premier. E di strappo in strappo, l'Italia, settima potenza dell'economia mondiale e terza economia manifatturiera d'Europa, rischia davvero di andare a gambe all'aria per mancanza di credibilità del suo leader: solo tra ieri e oggi il balletto presidenziale ha "bruciato"  più di un miliardo.

 

POLTRONISSIMA - Per un uomo politico che si è sempre vantato di essere un grande imprenditore, fatta la stima ragionieristica dei danni quotidianamente inflitti alla nazione, non dovrebbe essere difficile trarre logiche conclusioni per interrompere il cortocircuito economico-finanziario che sottrae presente e futuro all'Italia. Ma lui non sembra di quest'idea. Non solo non si schioda dalla "cadrega" cui dice di non essere attaccato. Anzi: addirittura rilancia la sfida. Che per l'Italia ha però costi altissimi. Vediamo quanto.

 

VISCO DIXIT - Il 13 agosto scorso, di fronte alle commissioni tecniche di Camera e Senato, Ignazio Visco, oggi governatore della Banca d'Italia, allora solo un "tecnico" di carriera, informò il Parlamento che ogni "spostamento verso l'alto della curva dei rendimenti di 100 punti base comporta un incremento della spesa pari a circa 0,2 punti percentuali del Pil (ndr, Prodotto interno lordo) nel primo anno e a 0,4 e 0,5 punti nel secondo e terzo anno".

 

CONTO DA PAURA - Ora che la curva dei differenziali viaggia verso quota 500, assunta la stima del Pil 2011 pari a 1.570 miliardi di euro, ne consegue che l'attuale crisi, se lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi non scendesse rapidamente, impatterebbe a regime per quasi 16 miliardi in più il primo anno, oltre 31 miliardi il successivo e per quasi 40 miliardi il terzo. Totale: 87 miliardi. Ovvero, ancora uno strappetto, e quota 100 miliardi di maggior spesa - sui 1.850 miliardi cui ammonta il complessivo stock di debiti del Paese - sarebbe l'inevitabile traguardo. E' invece ragionevole pensare che, rimossa la pregiudiziale Berlusconi, qualsiasi governo migliorerebbe il dato riavvicinandosi a differenziali più naturali rispetto ai competitor europei e, in particolare, tedeschi.

 

IL PRECEDENTE - Valga per tutti il riferimento dell'8 maggio 2008: al passaggio di consegne con Romano Prodi, Silvio Berlusconi ereditò uno spread Btp-Bund di 37 punti. Oggi, dopo tre anni di non governo dell'economia, lo spread è a 491. "I numeri parlano più chiaro di tutte le chiacchiere del premier - denuncia il deputato del Pd, Ettore Rosato -, e se oggi siamo arrivati al picco massimo non è solo per i problemi strutturali del Paese, che c'erano anche prima, ma perché alla guida del  Paese c'è un presidente del Consiglio che non ha mantenuto le promesse, dedicandosi unicamente agli affari suoi". 

 

AVANZO A RISCHIO - Lo scenario illustrato gode dell'unico parziale contrappeso di una gestione "tecnica" del debito ritenuta tra le più corrette e avvedute in campo internazionale, in virtù di una durata media delle emissioni attorno ai sette anni. E quindi non tutto il debito andrà subito rifinanziato a questi tassi. Ma già nel 2012 l'Italia dovrà ricollocare sul mercato tra i 230 e i 270 miliardi di debiti, e se arrivasse alla scadenza in queste condizioni, la deriva greca sarebbe vicina. Il paese dei balocchi berlusconiano rischia infatti di ipotecare persino l'avanzo primario. Ovvero, la polizza grazie alla quale è stato sin'ora possibile onorare gli interessi sul debito - a tassi ragionevoli - senza dover sottoscrivere altre obbligazioni per finanziamento.

 

BANCHE ESOSE - Dal penalizzante divario tra Btp e Bund tedeschi discende poi tutta una serie di altri micro-spread che danneggiano il finanziamento dei nostri istituti di credito sul mercato internazionale e, a cascata, non essendo le banche pie congregazioni, il rapportino mensile dei correntisti italiani. Colpiti tre volte dallo stesso governo. Come contribuenti di una fiscalità tra le più alte d'Europa, come cittadini detentori pro-quota di un debito pubblico sempre più alto, come utenti bancari di un sistema più caro che altrove. Senza contare il gap energetico e infrastrutturale.

 

EFFETTO ADDIO - Sarà quindi pur vero, come sostiene Ignazio Visco, nei panni di nuovo governatore della Banca d'Italia, che la riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil sia tecnicamente raggiungibile anche in caso di ulteriore aumento dello spread, ma non si vede perché gli italiani, anziché tentare una rapida ripresa, debbano lavorare con una scomoda zavorra. Si è visto anche oggi sui mercati: alla notizia delle possibili dimissioni, gli indici di Borsa sono schizzati come missili in territorio positivo, mentre alla smentita del premier, il Btp decennale ha chiuso vicino ai massimi storici garantendo ai sottoscrittori interessi superiori al 6,65%. Roba da Paesi dell'Est. Uno scenario grottesco.

 

NUOVE EMISSIONI - Giovedì 10 novembre il Tesoro, che ha annullato l'emissione di Btp trimestrali giustificandola con la mancanza di esigenze di cassa, metterà sul mercato Bot per un importo di 5 miliardi. Venerdì 11 andranno in asta Btp quinquennali 2011-2016 per un controvalore di 5 miliardi. Poi lunedì 14 toccherà alla quinta tranche dei Btp quinquennali 2011-2016 (per quantità non ancora stabilita). Infine martedì 15 scadranno Bot per 6,5 miliardi. Dunque, quasi ogni giorno l'Italia è costretta a finanziarsi.


 

DRIN - Ora la domanda è una sola: quanto valgono sui mercati le dimissioni dei premier che ora neppure i bookmakers inglesi vogliono più quotare? Secondo gli esperti, tra 100 e 150 punti base di spread. Foss'anche la quota minima, per il Paese equivarrebbe a 16,6 miliardi di minor spesa nei prossimi tre anni. Il prezzo di una Finanziaria con parecchio sangue e molte lacrime. Per evitarle, citofonare Silvio. Se si scolla dalla sedia, magari è la volta buona che lo accompagnano alla porta.