di Xavier Jacobelli

Premessa indispensabile per chi ancora non conosca i privilegi della Casta. Si prepari a un travaso di bile. Secondo le norme in vigore, un parlamentare della Repubblica Italiana ha il diritto di riscuotere la pensione dopo avere maturato un mandato completo di 5 anni e avere compiuto 65 anni. Per ogni anno in più di mandato, l'accesso alla pensione diminuisce di un anno.

Attualmente, il vitalizio minimo equivale al 20 per cento dell'indennità lorda: 2340,73 euro per i deputati, 2.401,10 euro per i senatori. Ogni anno di mandato fa scattare il 4 per cento del vitalizio. Il tetto massimo si tocca al compimento del quindicesimo anno di mandato: 7.022,184 euro per gli ex deputati e 7.203, 30 euro per gli ex senatori.

E' evidente che ogni presunto rappresentante del popolo (presunto perchè, con il Porcellum di Calderoli, mica possiamo sceglierli noi) abbia l'interesse a rimanere in Parlamento il più a lungo possibile, tanto paga Pantalone. Ogni anno le pensioni d'oro agli ex deputati si mangiano 138 milioni e 200 mila euro; gli ex senatori, invece, costano a Palazzo Madama 81 milioni e 250 mila euro.

Tutto ciò premesso, ieri, un comprensibile moto di soddisfazione aveva salutato la comunicazione del Senato, il cui ufficio di presidenza, all'unanimità ha approvato la delibera che prevede "il superamento a partire dalla prossima legislatura, per i nuovi eletti, dell'attuale sistema degli assegni vitalizi".  

I guai cominciano quando si traduce il politichese in italiano. Chi assicura che si passi ad un sistema contributivo puro che equipari il lavoro del parlamentare a quello del dipendente? In teoria, si dovrebbe ricevere quanto si è versato, senza scorciatoie e senza privilegi, ma dovrà essere una commissione bicamerale a pronunciarsi. Campa cavallo. Secondo: la riforma scatta dalla prossima legislatura, quindi i parlamentari ora in carica si guardano bene dall'anticipare tempi e modi, tanto, chissenefrega: i sacrifici devono farli quelli che stanno fuori dal Palazzo.

Terzo: il capogruppo dell'Italia dei Valori, Massimo Donadi è convinto  che  "la delibera del Senato porterà frutti solo fra 20-25 anni". Come come? E' presto detto: siccome riguarda soltanto i nuovi eletti, cioè attualmente meno della metà alla Camera e meno di un terzo al Senato, il presunto risparmio scatterà al termie della prossima legislatura che, in teoria dovrebbe andare dal 2013 al 2018. Ergo, la tanto strombazzata  "nobile"  azione, in realtà si risolve nel'annuncio di un  provvedimento che porterà alcuni benefici fra 7 (sette) anni. 

Poi,  quelli della Casta hanno pure il coraggio di parlare di "sconfitta della democrazia", di supremazia dei tecnocrati sui politici, di trionfo dell'antipolitica qualunquistica e demagogica. Ma di tagliare le province, le auto blu e dimezzare il numero dei parlamentari manco a parlarne. E' ufficiale: continuano a prenderci per i fondelli.